Umanità Nova, numero 14 del 24 aprile 2005, Anno 85
Sui media italiani, ha suscitato un qualche interesse la controversa nomina di John Bolton, già sottosegretario con delega agli armamenti (più proliferazione e meno riduzione), ad ambasciatore Usa presso l'Onu, come erede di John Negroponte, proprio colui che in passato aveva auspicato una rapida dissoluzione del carrozzone messo su dagli Usa nel corso del secondo conflitto mondiale ai fini di sbaragliare il declinante impero britannico, smantellandone i domini, ed assumere così l'egemonia planetaria per il restante scorcio di XX secolo.
Conseguita l'egemonia, la sfida è di renderla irreversibile nel XXI, e in tal senso l'Onu è più di ostacolo che di vantaggio, secondo colui che dovrebbe rappresentare gli Stati Uniti nel suo massimo consesso. Il disprezzo ideologico e politico dell'attuale amministrazione americana viene altresì alimentato dall'evenienza che in effetti l'Onu è anche un carrozzone per certi versi inefficiente e corrotto, come dimostra addirittura il caso dello scandalo Oil for Food in Iraq in cui sembra coinvolto il figlio di Kofi Annan.
Stupisce pertanto il basso profilo di Bush e dei suoi Neocons in tale occasione, forse sperando di far digerire al Congresso, che ne vaglia la plausibilità, la nomina di Bolton, ossia di un teppista nel santuario dell'ipocrita fair play.
Una ragione più forte potrebbe però risiedere in un'altra vicenda, questa volta sottaciuta dai media nostrani. La Risoluzione 1483 del CdS dell'Onu sostituisce, tra l'altro, il vecchio e controverso programma Oil for Food con uno nuovo denominato Development Fund for Iraq, monitorato da un International Advisory Monitoring Board a cui capo è stato messo nel maggio 2003 l'allora Presidente della World Bank, James Wolfesohn, in scadenza il prossimo 1 giugno e già designato a curare le relazioni finanziarie triangolari tra Israele, Autorità Palestinese e Donatori.
Il 31 marzo scorso, il CdA della Banca Mondiale, dietro nomina del Presidente Bush (cui per consuetudine spetta sin dalla fondazione nel 1944 la designazione del Capo della World Bank, mentre agli Europei spetta la designazione del responsabile del FMI) e parere positivo del Consiglio europeo del 30 marzo u.s. a Brussels, accetta la candidatura di Paul Wolfowitz a prossimo Presidente della Banca Mondiale.
In tale veste, quindi, quel che sembrerebbe una giubilazione del sottosegretario alla Difesa, rimosso dal suo ruolo al Pentagono e pertanto segno di un ravvedimento moderato di Bush, si rivela invece come la prosecuzione, non solo carrieristica, di un impegno sostanziale di Wolfowitz sia nella campagna irachena, sia nel potenziale utilizzo delle risorse imponenti della World Bank per ripianare i costi di una campagna militare e, più in generale, della aggressiva politica estera Usa, come teme sin d'ora l'ex Vice-Presidente clintoniano della Banca Mondiale, il premio Nobel per l'economia Joseph Stiglitz.
Infatti diviene evidente il conflitto d'interessi tra l'ex
responsabile dal Pentagono degli affari svolti dalla CPA in Iraq,
guidata dal fedele ma scarso Paul Bremer, e la sua nuova veste di
controllore e supervisore della trasparenza e della correttezza di ogni
dollaro speso per la ricostruzione irachena sotto l'egida dell'Onu e
dei paesi donatori (ammesso che ve ne siano, e per giunta
disinteressati). La stampa americana ha sottolineato come il Pentagono,
ossia Rumsfeld, Wolfowitz e Douglas Feith (n. 1, 2 e 3 del Department
of Defense), avesse già deliberato di affidare alla Kellog,
Brown & Root, filiale della Halliburton, la maggior parte degli
appalti una volta vinta la battaglia campale sul suolo iracheno
(marzo-maggio 2003), per un valore di oltre 1,4 mld di dollari, del cui
10% una indagine del potente ufficio del Congresso GAO (General
Accountability Office) sospetta siano pagamenti in nero per tangenti
finite nelle tasche di dirigenti e padroni occulti, tra cui l'ex
Presidente e AD della Halliburton tra il 1992 e il 2000 Dick Cheney,
attuale vice di Bush. Si chiude così il cerchio.
Che poi Wolfowitz risulti adeguato a guidare la World Bank diviene un
fatto secondario. Come ambasciatore in Indonesia al tempo del dittatore
Suharto, cui era fortemente legato, anche in affari, come ha dichiarato
Abdul Hakim Garuda Nusantara, attuale Presidente della Commissione
Nazionale per i Diritti Umani dell'Indonesia, Wolfowitz sa già
cosa è la povertà, cosa sono i programmi di aggiustamento
strutturale, come vanno dissipati i fondi di ricostruzione e sviluppo
della Banca Mondiale, veicolo per potenti consorzi bilaterali
"statunitensi-resto del mondo" nel fare business as usual, ossia senza
andare tanto per il sottile in fatto di trasparenza, efficienza,
coerenza con gli obiettivi istituzionali della Banca Mondiale -
impegnata tra l'altro in pratiche multilaterali che l'amministrazione
vede come il toro ammira il panno rosso che gli si agita davanti -
nonché in facciata di imparzialità nell'agenda politica
dei settori (tra cui l'ambiente sotto tutela dal Protocollo di Kyoto
che gli Usa aborrono) e dei territori di intervento, come con
ammirevole faccia tosta ha già avuto modo di affermare
all'autorevole New York Times il Presidente in pectore a metà
marzo in una dichiarazione perentoria di continuità rispetto
alla gestione precedente.
Quanto a capacità manageriali, l'indagine del Gao del Congresso ha già avuto modo di emettere un verdetto di insufficienza a tutto tondo nella qualità di manager di quell'immensa macchina attira-e-mangia-soldi che è il Pentagono: "Drastica riduzione dei rifornimenti, diversione delle forniture dai teatri e dalle unità operative in attesa di riceverli, scarto per 1.2 mld di dollari tra il fatturato e quanto inviato in Iraq, cannibalizzazione dei veicoli, doppio invio di medesimi rifornimenti".
Se a questo si aggiunge il felice esperimento di qualche deputato buontempone del Congresso, che è riuscito ad acquistare dal sito del Pentagono, sotto falso nome individuale e dietro copertura di una sigla imprenditoriale fittizia, notevoli quantità di materiali bellico per la guerra biologica e batteriologica, la sicurezza in cui verserà per i prossimi anni la non certo stimata World Bank è nelle migliori mani che mente (sub)umana potesse concepire…
Salvo Vaccaro