testata di Umanità Nova

Umanità Nova, numero 14 del 24 aprile 2005, Anno 85

Gli anarchici contro il fascismo: 1943 - 45
Achtung Banditen!



La guerra infuriava lontano, metodica e inutile: Noi eravamo ricaduti, e questa volta senza scampo, nelle mani di prima, fatte adesso più esperte e più sporche di sangue. Gli allegri padroni di ieri inferocivano, difendevano la pelle e le ultime speranze. Per noi lo scampo era soltanto nel disordine, nel crollo stesso di ogni legge.
(C. Pavese, La casa in collina)


L'8 settembre del '43 è rimasto nella storia nazionale come simbolo di disfatta e di tradimento, in realtà la caduta del regime di Mussolini ad opera degli stessi gerarchi fascisti e della monarchia, con il conseguente inizio dell'occupazione militare tedesca, fu per i militanti dell'antifascismo - anarchici compresi - soprattutto l'occasione per uscire allo scoperto, ristabilire contatti organizzativi e recuperare armi dalle caserme abbandonate del dissolto regio esercito italiano, nella consapevolezza che la liberazione era ancora lontana.

Tale data rappresenta anche l'inizio della lotta partigiana, con le dimensioni e le caratteristiche della guerriglia, quale estremo sviluppo di quella guerra civile iniziata più di vent'anni prima.

Innumerevoli furono infatti in quelle giornate gli scontri a fuoco che videro antifascisti e soldati insorti opporsi accanitamente a fascisti e truppe germaniche.

Per quanto riguarda la consistenza della partecipazione libertaria, in occasione del Convegno d'intesa tra gli anarchici italiani in esilio, tenutosi a Sartrouville vicino a Parigi nell'ottobre 1935, la relazione presentata da Rivoluzio Giglioli era stata lucidamente profetica: "Quali saranno le nostre forze alla caduta del fascismo? Dieci o più anni di dittatura hanno distrutto il risultato di un cinquantennio di lotte e di propaganda. Di quello che fu in Italia il movimento troveremo negli uomini e nei cervelli poche tracce. Vi saranno certamente dei superstiti, però pochi. L'apporto maggiore alla rinascita del nostro movimento lo porteremo noi, emigrati, e le qualche centinaia di militanti nostri che strapperemo vivi dagli ergastoli e dalle isole. Tutto sommato, e nella migliore delle ipotesi, io non credo che ci conteremo in più di 5 o 6.000 uomini, all'inizio dell'insurrezione".

Tra il 25 luglio e l'8 settembre 1943 in diversi centri si poterono quindi ritessere intese operative tra i giovani anarchici avvicinatisi alle libertarie sotto il regime e vecchi militanti con alle spalle anni di esperienze, lotte e carcere e, dopo l'8 settembre, poterono progressivamente tornare a prendere il loro posto i tanti anarchici confinati, nonostante tutte le difficoltà poste alla loro liberazione da ciò che rimaneva in piedi degli apparati statali.

L'8 settembre, a Firenze, esce una prima edizione clandestina di "Umanità Nova".

Tra il 28 settembre e il 1° ottobre, gli anarchici partenopei presero parte già all'insurrezione popolare di Napoli contro gli occupanti tedeschi.

L'anarchismo organizzato poté quindi, nella sua quasi totalità, partecipare attivamente alla lotta partigiana, sia sui monti che nelle città, e alla ripresa della lotta di classe nelle realtà operaie. Si trattò complessivamente di una partecipazione minoritaria ma senz'altro rilevante e, in talune situazioni, persino decisiva.

Per quanto riguarda la lotta armata contro i nazi-fascisti, gli anarchici combatterono generalmente all'interno di formazioni politiche miste o autonome, ma in quelle località e in quei contesti dove la presenza libertaria era sufficientemente numerosa, furono costituite formazioni partigiane libertarie o anarchiche che, per motivi di carattere militare, si inquadrarono tendenzialmente nelle divisioni "Matteotti" di tendenza socialista, nelle divisioni "Garibaldi" controllate dal partito comunista e nelle divisioni "Giustizia e Libertà", espressione del Partito d'azione.

Per ragioni analoghe, a livello locale, ci furono anarchici che fecero inizialmente parte dei Comitati di Liberazione assieme ai rappresentanti dei partiti antifascisti; anche se a livello nazionale tale partecipazione non venne riconosciuta dal CLN, così come accaduto ad altre decine di raggruppamenti, movimenti e partiti della sinistra comunista.

A Roma gli anarchici erano presenti in particolare nella formazione comandata dal repubblicano Vincenzo Baldazzi, ex-dirigente degli Arditi del Popolo ed amico personale di Malatesta, e tra i numerosi loro compagni caduti si contano anche quattro fucilati per rappresaglia alle Fosse Ardeatine: Aldo Eluisi, Egidio Renzi, Giulio Roncacci e Umberto Scattoni,.

Nella Torino industriale, l'attività armata andò di pari passo con la riorganizzazione di classe attraverso la creazione di commissioni sindacali clandestine e comitati d'agitazione di fabbrica che, a partire dai grandi scioperi del marzo 1943, furono affiancati da nuclei "gappisti" impegnati in sabotaggi ed eliminazioni di aguzzini fascisti; per una di queste azioni venne fucilato l'anarchico Dario Cagno. Durante l'insurrezione dell'aprile 1945 alle "Ferriere Piemontesi" combatté il raggruppamento anarchico denominato 33° battaglione SAP "Pietro Ferrero" e negli scontri cadde Ilio Baroni.

A Milano, dove nel 1944 anarchici e comunisti dissidenti avevano dato vita alla Lega dei Consigli Rivoluzionari, vennero costituite tre brigate "Malatesta-Bruzzi" con 1.300 effettivi, operanti con formazioni "Matteotti", mentre una quarta operò in provincia di Pavia, tutte estremamente attive nell'insurrezione; mentre a Como era attiva la formazione "A. Cipriani".

In provincia di Genova, la partecipazione anarchica alla resistenza poteva contare su oltre 400 partigiani operanti con le brigate "Pisacane" e "Malatesta", oltre alle SAP della Federazione Comunista Libertaria nel capoluogo e a Sestri Ponente e alla squadre di azione anarchica ad Arenzano; alla vigilia del 25 aprile esce un numero speciale clandestino di "Umanità Nova".

A Bologna gli anarchici furono protagonisti della nascita della "Fratelli Bandiera" e del 7° GAP, così come ad Imola della "Bianconcini". A Reggio Emilia un distaccamento "Garibaldi" prese il nome di Enrico Zambonini, anarchico morto fucilato.

A Piacenza, l'anarchico Emilio Canzi fu comandante di ben tre divisioni partigiane, per un totale di circa 10 mila partigiani.

A Carrara, particolarmente numerose e forti risultarono le formazioni anarchiche operanti sui monti e al piano: la "G.Lucetti", la "M. Schirru", la "Elio", la SAP "R. Macchiarini" e la SAP-FAI.

A Firenze, la prima banda armata operante fu quella guidata dall'anarchico Lanciotto Ballerini, caduto in azione; altri due anarchici, Oreste Ristori e Gino Manetti, vennero fucilati assieme a tre comunisti nel dicembre '43 per rappresaglia dopo l'eliminazione di un colonnello fascista da parte dei GAP.

A Pistoia, la prima formazione partigiana ad entrare nella città liberata fu quella anarchica intitolata a "Silvano Fedi". A Lucca ed in Garfagnana, gli anarchici furono presenti soprattutto nella formazione autonoma comandata da Manrico Ducceschi "Pippo".

A Livorno, l'anarchico Virgilio Antonelli rivestì l'incarico di responsabile militare nel primo Comitato di liberazione clandestino e la divisione "Garibaldi" venne intitolata all'anarchico Lanciotto Gherardi che ne era stato vice-comandante, caduto durante la liberazione della città.

La partecipazione anarchica alla Resistenza armata, costata peraltro la vita a centinaia di militanti caduti e cadute sotto i plotoni d'esecuzione repubblichini o nei lager nazisti, si accompagnò costantemente ad azioni di carattere sociale ed autogestionario appena le città vennero liberate, con la confisca e la distribuzione alla popolazione dei viveri e del vestiario imboscati nei depositi militari e nei covi fascisti, la creazione di mense popolari e dei primi servizi di trasporto pubblico, la socializzazione operaia di ditte di proprietà di fascisti, l'attivazione di cooperative di produzione e consumo; il tutto nella prospettiva rivoluzionaria e anticapitalista di trasformare i Comitati di liberazione nazionale in Comitati di liberazione sociale.

Prospettiva che, dopo la fase insurrezionale, fu rapidamente arrestata con ogni mezzo dai poteri forti, da una parte sotto il controllo imperialista statunitense e dall'altro sotto la cappa ideologica staliniana, mentre la ricostruzione sociale sarebbe divenuta presto sinonimo di restaurazione politica ed economica.

Questo l'amaro commento di Germinal Concordia, comandante delle "Malatesta-Bruzzi" a Milano, pubblicato sul settimanale "Il Comunista Libertario" del 4 giugno 1945: "L'insurrezione ha sorpreso tutti; ha sorpreso i partiti di destra presenti nel C.L.N. che non si aspettavano tanto rosso; ha sorpreso i socialisti e comunisti i quali si erano accorti che avrebbero potuto fare di più; avevano perduto un'occasione rarissima per far quello che oggi chiedono lo facciano altri e per favore. Ma soprattutto ha sorpreso gli Alleati che non si rendono conto della nostra inettitudine in quanto ci siamo lasciati sfuggire una di quelle occasioni che si presentano ai popoli una volta ogni qualche secolo".

emmerre













































una storiasommarioarchiviocontatticomunicaticollegamenti