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Umanità Nova, numero 14 del 24 aprile 2005, Anno 85

Polo: fronte nord e fronte sud in rotta di collisione
Palla al centro?




Chi ha occasione di riflettere sull'UDC - ammetto che vi sono argomenti più interessanti ma perché negarsi una certa qual attenzione ai dettagli? - noterà una singolare contraddittorietà fra immagine di questo partito e suo blocco sociale di riferimento.

I dirigenti dell'UDC che allietano lo spettacolo televisivo sono, di norma, persone di bell'aspetto - del tipo di coloro dai quali si comprerebbe una macchina usata, per usare una vecchia definizione statunitense - i Tabacci, Casini, Follini, il filosofo Buttiglione ecc. presentano l'immagine seria, moderata, riflessiva di una DC del terzo millennio, meno pretesca di quella tradizionale ma portatrice dei valori del cattolicesimo democratico.

Basta, però, andare a guardare la seconda fila per scoprire una UDC meno presentabile. Si tratta, infatti, di un partito a forte radicamento popolare e clientelare, non vi è alcuna sostanziale contraddizione fra queste due caratteristiche, quanto di più lontano si possa immaginare da un soggetto adatto a quella rivoluzione liberale della quale hanno a lungo cianciato gli apologeti della destra come forza di rinnovamento. Un soggetto politico non troppo diverso dall'UDEUR mastelliana e, come l'UDEUR, radicato nell'Italia centro meridionale ed erede della più classica tradizione del voto di scambio democristiano.

Da un partito del genere ci si attenderebbe tutto tranne che la capacità di tenere in scacco l'intera coalizione di destra e di porsi al centro del dibattito politico.

Questo paradosso ha alcune possibili spiegazioni che meritano un breve approfondimento:

Il bipolarismo ha accentuato la tendenza dei partiti e delle correnti politiche a scontrarsi, in primo luogo, all'interno dell'alleanza di riferimento al fine di allargare il proprio spazio politico e la propria quota di potere. Un discreto esempio di eterogenesi dei fini. In luogo di semplificarsi il sistema politico si decompone.

Le contraddizioni interne al blocco sociale della destra, sulle quali già si è molto scritto su queste pagine, si accentuano dopo la debacle elettorale. Fronte del nord e fronte del sud sono in evidente rotta di collisione e l'UDC, assieme ad AN è parte centrale del fronte del sud.
Nonostante una serie di sconfitte, l'arco di forze che aspira alla ricostruzione di un polo di centro, capace di tenere in scacco destra e sinistra, è tutt'altro che scomparso e il progetto neocentrista aleggia sullo sfondo della seconda repubblica. La riottosità dell'UDC può essere interpretata come una prova tecnica di alleanza con l'UDEUR e la componente centrista della Margherita che, strappando fette di elettorato a Forza Italia, potrebbe dar vita alla resuscitata balena bianca.

Sin qui nulla di nuovo. La vera novità sta nel fatto che è chiaro a tutti come la Confindustria, in primo luogo, ha preso le distanze dalla destra ed è disposta ad un rapporto collaborativo col centro sinistra.

Se questo è vero, ne derivano due precise conseguenze:

La transumanza di segmenti del ceto politico, giornalistico, sindacale, burocratico da destra a sinistra.

La riarticolazione del centro sinistra. È, infatti evidente, che vi è uno scarto fra blocco sociale di riferimento e sua rappresentanza politica nel centro sinistra stesso. Mentre l'elettorato e, in realtà, i gruppi di potere locali e categoriali che si rivolgono all'Unione sono collocabili nel centro, il partito centrale restano i DS. Ne consegue che vi è lo spazio, non la necessità, per un blocco centrista o interno all'alleanza di centro sinistra o alternativo alla sinistra.

Una partita aperta che si svolgerà a pieno nel prossimo anno, una partita lievemente disgustosa ma non priva di interesse e i cui esiti saranno decisi, a mio avviso, da un intreccio complicato fra ceto politico, poteri forti, evolvere del conflitto sociale.

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