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Umanità Nova, numero 15 del 1 maggio 2005, Anno 85

L'ombra dell'inquisitore
Una santa alleanza tra teocrazia e liberismo?




L'elezione di Ratzinger a "successore di Pietro" ha mostrato al mondo quale concezione di chiesa prevalga oggi tra le gerarchie cattoliche: quella di un potere forte, che si pone come baluardo alle correnti relativiste e punto di riferimento per poteri laici in evidente crisi d'identità dopo anni di "forzata" pratica democratica. Il teologo tedesco, che già nel 1968 aveva archiviato il proprio passato progressista e conciliare, ha speso gli ultimi venticinque anni a perseguitare, come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, tutti coloro che, all'interno della chiesa, hanno tentato di interpretare in chiave liberale le istanze del Concilio Vaticano II. L'elezione di Benedetto XVI palesa la scomparsa dell'area clericale giovannea, travolta dai provvedimenti disciplinari e dalla "politica dei vescovi" promossa dal tandem reazionario Wojtyla-Ratzinger. Riesumando il peggior magistero clericale e l'uso inquisitorio dell'ex Sant'Uffizio, i due hanno accreditato un'idea di chiesa forte ed unita quale punto di riferimento per tutti coloro che vivono faticosamente le complessità politiche, morali ed economiche del nostro tempo. La forza di questo pontificato sta proprio nella lotta, già dichiarata dall'ancora Cardinale tedesco nella Missa pro eligendo pontifice, contro il relativismo moderno, interpretato in chiave rigorosamente conservatrice: relativistica è la società che pratica l'aborto e il divorzio e che si dichiara atea; relativistica è ogni dottrina o pratica che non sia dichiaratamente di matrice cattolica. Fedele all'interpretazione della libertà data da Wojtyla, secondo il quale la libera scelta è autentica solo se fa riferimento alla verità, che è Cristo stesso interpretato e predicato dal magistero cattolico, la chiesa di Ratzinger si rivolge all'uomo contemporaneo, la cui esistenza è continuamente inaridita e minacciata da un sistema di produzione che espropria il tempo libero di ogni persona, reifica i rapporti umani, ghettizza e marginalizza. A quest'uomo, sempre più isolato e debole, la chiesa monolitica del papa tedesco addita un cammino di ricostruzione del sé che passa per l'abbandono di ogni forma di pensiero critico, razionale, scientifico e per l'accoglienza fideistica dei dogmi cattolici, vissuti all'interno di una comunità di fede che protegge e, nello stesso tempo, induce al consenso verso i poteri forti.

L'elezione di questo papa, dunque, non può che tranquillizzare le coscienze padronali che, già a proprio agio con i partiti del centro sinistra (completamente asserviti alle esigenze del trono e dell'altare), non hanno più nulla da temere neanche dal dissenso cattolico e dalle istanze egualitarie di parte del clero. Gli stessi teologi progressisti, ammutoliti di fronte al trionfo della parte peggiore della chiesa, si guarderanno bene dal rappresentare una minaccia, dato che alla minima presa di posizione liberale subiranno minacce, processi, sospensioni.

In particolare, però, Ratzinger rischia di diventare il partner ideale dei "neo-con" italici, cioè di quell'area filopadronale di estrema destra (rappresentata in particolare dal Foglio di Ferrara) che da tempo chiede a Berlusconi di sposare con più decisione le politiche ultraliberiste di stampo nordamericano. Negli Stati Uniti, infatti, il potere politico ha da tempo stretto un'alleanza illiberale con le componenti pentecostali della chiesa evangelica, votate ad una politica di espansione imperialista e, contemporaneamente, ad una pratica religiosa caratterizzata da fideismo e irrazionalità, nonché da pratiche rituali basate sul lavaggio della mente e il raggiro degli adepti.

Certamente la chiesa cattolica non ha nella propria tradizione sociale una così entusiastica adesione ai programmi liberisti (che in ogni caso non ha mai, se non a parole e senza troppa convinzione, minimamente ostacolato) che da sempre hanno caratterizzato le politiche degli evangelici (e in particolare la corrente calvinista dell'evangelismo). La necessità, però, di recuperare consenso e terreno nella società americana (in cui la chiesa cattolica è stata travolta da scandali e crisi vocazionale), dove a "fare adepti" sono sempre più le sette pentecostali, e di conseguenza, l'esigenza di stringere rapporti in Italia con chi di quella linea nordamericana si fa portatore, potrebbe spingere Benedetto XVI a favorire alleanze con i berlusconiani di destra, a scapito dell'area della destra sociale, naturale riferimento del papato di Wojtyla.

Di questa possibile alleanza tra "neo e teo-con" è sicuramente conscia la parte più clericale del centro-sinistra, che a sua volta si prodigherà in ossequi e deferenze nei confronti del romano pontefice, del quale verrà riconosciuto il ruolo di autorità morale, di baluardo etico contro il relativismo moderno, di mediatore dei conflitti sociali, di difensore dei poveri e degli ultimi della nostra società. Al quale, di conseguenza, bisognerà cedere terreno e valori laici.

La sinistra istituzionale sarà quindi chiamata, pena l'ulteriore isolamento delle sue correnti clericali, ad appoggiare l'attacco delle truppe vaticane alle libertà civili e al libero pensiero, cioè a quelle pratiche e a quelle spinte sociali che hanno caratterizzato il sorgere della modernità, in seguito allo sgretolarsi della società teocratica.

Agli anarchici, quindi, il compito di una battaglia anticlericale che avrà come posta la dignità degli individui e la possibilità di scegliere un mondo diverso e migliore dalla gabbia dorata che ci presentano le istituzioni del potere laico e clericale.

Paolo Iervese














































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