Umanità Nova, numero 16 dell'8 maggio 2005, Anno 85
Bologna: autoriduzione in mensa
Martedì 19 aprile decine e decine di studenti universitari hanno
deciso di dare un segnale forte, di dire basta al caro-vita,
autoriducendosi a 1 euro il costo di un pranzo alla mensa universitaria.
Un pranzo alla mensa costa poco meno di 6 euro. La mensa più
cara di Italia è stata da tempo esternalizzata dall'Arstud (ente
per il diritto allo studio) alla Concerta ed è stata da poco
ristrutturata: il risultato pare un monumento alla stupidità:
200 posti per più di 100 000 studenti, ambiente lindo, con
schermi al plasma e abbonamento a sky (così si vede il papa
anche a mensa!).
Al grido 1 euro può bastare gli studenti si sono ripresi una
piccolissima parte di quello che spetta loro e siamo sicuri che
andranno avanti fino a che la mensa non raggiungerà prezzi
veramente popolari. L'iniziativa ha riscosso un successo totale ed
è risultata condivisa da tutti gli studenti che a quell'ora
affollavano la mensa. È evidente che un numero sempre maggiore
di studenti non ne può più di pagare 6 euro per un
pranzo, come non ne può più di pagare 200 euro per una
laurea "specialistica" (altro non sono che i due anni della vecchia
laurea).
Conclusa l'autoriduzione, un corteo spontaneo assai numeroso e rumoroso
si è diretto verso scienze politiche per interrompere il
consiglio di facoltà, nel quale sarebbe dovuto essere presente
il rettore. Nonostante tutto fosse estremamente pacifico, i solerti
servi della digos hanno fatto in tempo a romperei coglioni come sempre,
minacciando i compagni presenti e sequestrando, con tanto di verbale,
una povera bomboletta spray.
La novità in università è che in tutte le
facoltà ci sarà il numero chiuso per gli ultimi due anni
ed è proprio questo che si voleva contestare. La media dei primi
tre anni, un curriculum o un test serviranno ad escludere migliaia di
studenti e a rendere ancora più elitario il sistema
universitario.
Caro-mensa e numero chiuso sono due aspetti dell'attacco al diritto
allo studio, un attacco verso tutti gli studenti più poveri,
verso quei tanti studenti che sono costretti a lavorare durante gli
anni universitari.
Il caro-mensa, così come il ladrocinio degli affitti,
così come il lavoro nero, il lavoro a tempo determinato e tutta
la gamma dei nuovi contratti di lavoro, sono alcuni aspetti della
precarietà che il potere cerca di imporci.
Redb
Napoli: lotte di liberazione e prospettive libertarie
Si è svolto nel pomeriggio di mercoledì 6 aprile presso
la sede della cooperativa sociale "E Pappeci", sita nel centro storico
della città, il secondo incontro del ciclo "Lotte di liberazione
e prospettive libertarie", promosso dall'Organizzazione Anarcocomunista
Napoletana (OACN), aderente alla FAI. Il ciclo si era aperto in
settembre, ospitando, nella stessa sede, l'incontro con Liad
Kantorowicz, e la presentazione del videodocumento sulle iniziative del
gruppo israeliano Anarchists against the Wall, proposti dalla Fai su
tutto il territorio italiano.
Questo secondo incontro, intitolato "voci e lotte del popolo curdo", ha
visto la presenza di Antonio Olivieri, dell'associazione Verso il
Kurdistan, ed è stato incentrato sulla discussione di due libri,
pubblicati recentemente: il volume Erano calde le mani, un documento
sui desaparecidos curdi in Turchia, e il libro Il secondo processo
Leyla Zana, dedicato alla storia della donna, divenuta simbolo vivente
delle lotte del popolo curdo contro il regime militare turco, che,
insieme ad altri quattro imputati, ha già scontato 10 anni di
carcere.
L'incontro ha visto la partecipazione di una trentina di persone.
Nell'introduzione alla discussione, curata dall'OACN, si è
cercato di porre sul tappeto tre questioni, poi riemerse, da varie
angolazioni, nel corso del dibattito:
I casi Israele, Turchia, Iraq possono fungere da cartina di tornasole
per individuare alcuni aspetti degli sviluppi dell'economia
capitalistica, e dei regimi democratici, nell'epoca del
post-bipolarismo, e per analizzare criticamente l'ulteriore stretta
reazionaria cui essi hanno condotto, sul piano globale e locale?
I problemi che popolazioni come quella palestinese, curda, irachena si
trovano ad affrontare sono risolvibili entro l'ambito "regionale", o
"nazionale", nel quale sia gli organismi internazionali sia una buona
parte delle stesse organizzazioni politiche locali tendono ad
inquadrarli e pretendono di risolverli?
Appare effettivamente possibile porre fine alle sofferenze e alla
persecuzione di queste comunità umane nel quadro dell'economia
capitalistica e della gestione democratica dei rapporti internazionali?
Oppure, questi eventi e questi sviluppi fanno emergere, in maniera
particolarmente stridente e drammatica, contraddizioni e deficienze
strutturali dei regimi liberali e capitalistici che, appunto, non sono
risolvibili al loro interno?
La discussione ha fatto emergere, in merito a tali problemi, approcci,
linguaggi, posizioni e prospettive differenti. Olivieri, nella sua
relazione e nei successivi interventi di risposta alle obiezioni
sollevate, ha suggerito la possibilità di coniugare il sostegno
alle lotte di resistenza di questi popoli con un richiamo ai valori
originari della democrazia, e con la prospettiva di un suo radicale
rinnovamento dal basso. La maggior parte degli interventi ha
invece espresso forti critiche nei confronti di questa prospettiva,
suggerendo, da diversi punti di vista, risposte negative alle tre
domande proposte nella relazione introduttiva. Altri interventi hanno
sottolineato la necessità di una ammissione di ignoranza nei
confronti del patrimonio culturale, delle complesse vicende sociali e
politiche, delle articolazioni interne ai diversi fronti di lotta, che
caratterizzano queste comunità umane. Una ammissione necessaria
per non accostarsi a questi problemi con la pretesa di avere a portata
di mano ricette risolutive universali, ovvero, per non riprodurre, sia
pure sul fronte opposto, quella arroganza che è oggi tipica del
rapporto dell'Occidente con altre culture, e che funge da collante
ideologico per le politiche di esportazione armata della democrazia.
M@rcos
Rogo CPT Vulpitta: prefetto Cerenzìa assolto in appello
L'assoluzione dell'ex prefetto di Trapani Leonardo Cerenzìa da
parte dei giudici della prima sezione della corte di appello di Palermo
che sollevano l'imputato da ogni responsabilità in merito alla
strage del Centro di Permanenza Temporanea "Serraino Vulpitta" avvenuta
nel dicembre del 1999 in cui persero la vita sei immigrati, costituisce
un ulteriore insulto alla memoria e alla dignità di chi perse la
vita nel tentativo di conquistare la propria libertà per fuggire
da una carcerazione ingiusta e feroce.
Con questa sentenza che riconferma l'assoluzione in primo grado di
Leonardo Cerenzìa avvenuta un anno fa, si ribadisce la linea di
integrale giustificazione delle politiche e delle pratiche repressive
con le quali le istituzioni intendono affrontare l'immigrazione.
Così come affermammo all'indomani della sentenza assolutoria di
primo grado, la storia di questo Paese dimostra che difficilmente lo
Stato processa e condanna se stesso ed è con questa
consapevolezza che prendiamo atto di questa seconda ingiustizia.
In questi giorni mentre in Sicilia un prefetto viene assolto, a Milano
è proprio la locale prefettura che - non riconoscendo la
dignità e la legittimità delle rivendicazioni degli
immigrati in sciopero della fame reclusi nel CPT di Via Corelli -
dimostra una palese ostilità nei confronti dei detenuti e degli
antirazzisti che li sostengono.
Non ci sfugge il valore politico della sentenza d'appello che assolve
Cerenzìa: il diritto alla libertà, all'incolumità
fisica, al riscatto sociale è un lusso che gli immigrati non
possono e non devono permettersi.
Ribadiamo, oggi come ieri, la nostra condanna politica e morale ai
Centri di detenzione per immigrati e alle leggi che li hanno partoriti
e modificati.
Confidiamo nell'autorganizzazione delle lotte antirazziste in cui
migranti e italiani si battono fianco a fianco per la libertà di
tutte e di tutti.
Continuiamo nel nostro impegno per la chiusura del CPT "Vulpitta" di Trapani e di tutti i CPT ovunque essi siano.
Non dimentichiamo Rabah, Nashreddine, Jamel, Ramsi, Lofti e Nassim
morti per la libertà. Coordinamento per la Pace - Trapani