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Umanità Nova, numero 17 del 15 maggio 2005, Anno 85

UE: libro verde sull'immigrazione
Mercato di carne umana




L'11 gennaio la Commissione europea ha diffuso il libro verde per "un approccio comunitario della gestione dell'immigrazione economica". Messo a punto dal commissario Ue alla giustizia, libertà e sicurezza, Frattini, di concerto con quello responsabile dell'occupazione Vladimir Spidla, il documento vorrebbe aprire un dibattito con gli Stati aderenti e la "società civile" con l'obiettivo di stabilire le regole comuni in grado di "regolare" l'arrivo degli immigrati alla ricerca di un posto di lavoro. A ogni singolo Stato, ha precisato Frattini, resterà il potere di stabilire il livello delle quote di immigrazione, ovvero definire il numero di persone da regolarizzare, ma ci vuole "un approccio comune". Meno retorico Spidla che è andato al sodo del problema: "nel 2030 vi saranno 20 milioni di persone attive in meno e questo è un problema per l'Eurozona". Serviranno gli immigrati quindi per supplire alle carenze demografiche. Ecco perché, ha ribadito Spidla, occorre affrontare il problema a livello comunitario, perché "senza un'immigrazione legale inquadrata in una strategia coerente ci saranno grandi problemi".

Grandi manovre attorno all'emergenza demografica

Del libro verde in Italia si è parlato poco o punto ma la nostra impressione è che invece questo pessimo documento segni l'inizio delle grandi manovre all'interno della "Fortezza Europa" contro "l'emergenza demografica" che rischia di portarsi dietro la tanto temuta "invasione" di immigrati dai paesi poveri. Il libro verde presentato in gennaio rappresenta infatti una prima raccolta di proposte che dovranno essere verificate dal confronto con gli Stati aderenti ma anche con le realtà economiche: grande patronato e, in subordine, sindacati (più o meno) riformisti.

Portare nella Fortezza Europa lavoratori "utili"

Partendo dalla constatazione che "flussi migratori più sostenuti potrebbero essere sempre più necessari per rispondere ai bisogni del mercato europeo del lavoro e per assicurare la prosperità europea", il libro verde aggiunge che continuare nella politica delle regolarizzazioni di massa, vale a dire delle sanatorie una tantum, non è un metodo favorevole all'economia europea. Insomma la politica europea in questo campo è largamente fallita. Occorre quindi cambiare registro, organizzare regole comuni che portino "lavoratori utili all'economia europea". Si arriva così subito al nocciolo della questione: la logica del libro verde è quella di legare l'ingresso degli "extra-comunitari" alla loro "utilità" economica. Perché l'Ue si può arrogare il diritto di scegliere certe categorie di lavoratori "utili" alla propria economia istigandoli, di fatto, a lasciare i propri paesi d'origine chiudendo invece le proprie frontiere agli altri, ritenuti "inutili"? Il libro verde sviluppa la scelta di creare un grande schedario di lavoratori candidati all'immigrazione (rete EURES, concepita fin dal 1994 ma ancora non attiva) dal quale le grandi imprese potranno attingere in funzione dei loro bisogni, più o meno contingenti e provvisori. Così facendo la Commissione da carta bianca al padronato europeo che sarà il grande decisore di chi far entrare nella Fortezza Europa.

Dall'immigrazione zero ai bisogni economici e demografici

Il libro verde, come si è detto, sancisce il definitivo abbandono della politica dell'immigrazione zero, decisa negli anni '70 e naufragata di fronte alle esigenze dell'economia europea, oltre che dei rivolgimenti economici e sociali degli ultimi venti anni dello scorso millennio. Ma il documento segna anche il definitivo fallimento dell'illusione di una immigrazione moderata e gestita con provvedimenti una tantum, le cosiddette sanatorie. Fallimento già anticipato da un documento comunitario del 2001 che sosteneva la necessità di "facilitare" l'arrivo di nuovi immigrati in modo che l'UE "risponda rapidamente ed efficacemente all'esigenze del mercato economico".
Ma al di là di tanti discorsi l'arrivo di lavoratori immigrati secondo i criteri dettati dai "bisogni economici", la politica delle così dette quote annuali, continua a non funzionare. In Italia, per esempio, le quote annuali vengono riempite, in gran parte, da immigrati "clandestini" già presenti nel territorio nazionale. Nonostante questo evidente fallimento, il libro verde non fa che rilanciare la politica delle quote decise da ogni Stato in un quadro normativo comunitario. Le quote dovranno essere decise sulla base di accordi che seguano le esigenze economiche dei singoli Stati aderenti e spingano i paesi d'origine ad un controllo poliziesco nei confronti dei migranti fuori quota, nazionali o in transito. Si tratta di meccanismi di selezione che gestiscono gli uomini come fossero delle merci. Una politica che genera discriminazioni e militarizzazione dei territori.

Prima di tutto gli interessi dei padroni 

Il libro verde conferma, e si propone di razionalizzare, quella che già oggi è la regola: sono i padroni che decidono chi potrà essere regolarizzato. Sono i padroni che decidono o rifiutano di legalizzare un rapporto di lavoro la cui illegalità porta loro profitti aggiuntivi grazie allo sfruttamento di una mano d'opera facilmente ricattabile. Anche quando un imprenditore decide di legalizzare uno straniero, egli rimane comunque onnipotente poiché potrà facilmente ricattare il lavoratore minacciando di non rinnovargli il contratto e quindi, di fatto, il permesso di soggiorno. Il libro verde arriva a ipotizzare la creazione di un permesso di lavoro di cui l'imprenditore sarebbe il titolare o il co-titolare. Insomma il libro verde intende codificare una situazione che vede lo Stato complice dello sfruttamento perpetrato dal padronato e dalle sue organizzazioni. Naturalmente quando gli immigrati sono particolarmente qualificati, fanno cioè parte di una élite, il libro verde prevede l'istituzione di una "carta verde" (sul modello americano) capace di evitare le procedure di esame legate ai bisogni economici.

Senza Stati nessuna frontiera

"Tutti gli esseri umani nascono uguali in dignità e in diritti" sancisce il primo articolo della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo ma la legislazione europea se ne dimentica e sostiene che "il principio base della politica dell'immigrazione dell'Ue deve essere, per diverse ragioni, quello che le persone ammesse dovranno godere degli stessi diritti e delle stessi doveri dei cittadini dell'Ue ma ciò dovrà essere progressivo e legato alla durata del soggiorno" (documento della Commissione del 22/11/2000). Il libro verde sviluppa questa tesi aberrante sostenendo la "differenziazione dei diritti in funzione della durata del soggiorno". Questo vuol dire che il diritto al soggiorno cessa con la perdita del lavoro, con la conseguente creazione di un esercito di lavoratori non regolari facilmente sfruttabili. Per non parlare poi dei rischi di politiche repressive basate sulle deportazioni di massa dei migranti illegali. Come sia possibile coniugare questa oggettiva precarizzazione con la tanto decantata politica di integrazione dei migranti il libro verde non lo dice. D'altra parte come potrebbe? Paradossalmente, dunque, il documento ipotizza una politica che favorisce lo sviluppo della clandestinità, cioè di un fenomeno che dice di voler combattere! Più in generale il libro verde facilita la precarizzazione dei diritti dei migranti ma anche una pressione contro i diritti di tutti i lavoratori.
Non saranno gli arzigogolati documenti dell'Ue che potranno risolvere il problema dell'immigrazione. Solo un grande movimento dal basso che sappia sconfiggere le spinte razziste e xenofobe ma anche gli interessi di Stati e padroni, potrà costruire un mondo dove ognuno possa liberamente decidere dove trascorrere la propria vita.

A.R.
















































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