Umanità Nova, numero 17 del 15 maggio 2005, Anno 85
Secondo quanto è emerso da varie controinchieste, basate
sull'analisi di foto, filmati e testimonianze, a bordo del Defender dal
quale venne sparato il colpo che uccise Carlo Giuliani in piazza
Alimonda, in quel maledetto pomeriggio genovese del 20 luglio 2001, non
vi erano soltanto tre giovani, inesperti e atterriti carabinieri, ma
doveva esserci un "quarto uomo", presumibilmente un alto graduato o un
appartenente a reparti speciali, comunque con esperienza professionale,
freddezza e buona mira.
Per questo il carabiniere Placanica, che comunque avrebbe esploso uno o due colpi dalla sua Beretta d'ordinanza, sarebbe stato "indotto" ad assumersi il ruolo di capro espiatorio per coprire altre e più alte responsabilità.
A suffragare tale ipotesi vi erano e vi sono inoltre vari elementi: in primo luogo l'evidente incompatibilità tra il calibro 9mm. parabellum della pistola di Placanica con i minuscoli fori d'ingresso e d'uscita nella testa del povero Carlo.
Infatti un simile proiettile, sparato da tre metri di distanza,
avrebbe prodotto effetti ben più devastanti, facendo tra l'altro
cadere all'indietro il corpo della vittima, mentre invece Carlo cadde
in avanti.
Da qui l'ipotesi che Carlo sia stato colpito da un altro genere di
proiettile (tipo una pallottola speciale di plastica in dotazione
limitata o un cal. 22 magari silenziato), sparato da una pistola, molto
più precisa, certo non in dotazione ai carabinieri di leva.
Inoltre le troppe, diverse, confuse e contraddittorie versioni dell'accaduto sostenute da Placanica hanno ragionevolmente insospettito sul suo effettivo ruolo; tanto che, ad un certo punto, nel 2002, la stessa Arma dei carabinieri lo sottopose a procedimento disciplinare per aver affermato nel corso di un'intervista al TG1: "Sono stato usato per coprire responsabilità di altri… potrei non essere stato io a sparare… io ho sparato in aria, davanti a me non c'era nessuno".
Adesso, in occasione del processo in corso a Genova contro 25 manifestanti accusati di "devastazione e saccheggio", la deposizione in aula del 2 maggio scorso di uno dei tre carabinieri presenti sul Defender ha ulteriormente accresciuto i dubbi sull'accaduto.
Infatti il carabiniere Raffone che era assieme a Placanica e all'autista Cavataio, ha modificato una sua precedente testimonianza firmata quando aveva ammesso di trovarsi seduto anteriormente, a fianco del guidatore. Adesso, dopo che le foto e le immagini hanno dimostrato che posteriormente non poteva esserci soltanto Placanica, guarda caso, il benemerito Raffone, dopo quattro anni, si è ricordato che si trovava dietro!
Le ipotesi quindi sono due: o il Raffone sostenne il falso allora oppure lo sta facendo adesso.
A fronte dei tentativi del giudice e della difesa di chiarire la situazione, Raffone rammenta a malapena che in piazza Alimonda è successo qualcosa, poiché "gli bruciavano gli occhi".
Ricorda solo che stava sdraiato con addosso Placanica e, riferendosi alle foto, afferma di non riconoscersi nella persona in piedi che appare sopra a chi spara.
Incredibile d'altronde anche il fatto che ora non si ricordi di aver udito la botta degli spari esplosi da dentro il Defender.
D'altra parte, Placanica (recentemente posto in congedo dall'Arma, proprio in relazione a tali fatti) non si è presentato al processo in quanto caduto dalle scale, proprio mentre tornava a casa dopo aver denunciato alcune minacce ricevute, e in seguito a tale infortunio si sarebbero aggravati i postumi del precedente strano incidente stradale, tanto da non permettergli di raccontare le sue verità in tribunale.
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