Umanità Nova, numero 18 del 22 maggio 2005, Anno 85
In Val di Susa, la partita ultradecennale tra gli abitanti della Valle,
ed i poteri forti che in regione hanno deciso che l'Alta
Velocità ferroviaria è una priorità per lo
"sviluppo" del Piemonte sta arrivando ad un punto decisivo.
Un'opera pubblica destinata a trasformare una delle più belle
vallate alpine in un deserto rischia di divenire una realtà,
nonostante la ferma resistenza dei suoi abitanti. Negli ultimi 10 anni
numerose sono state le manifestazioni, i comizi, le assemblee popolari
che hanno marcato in modo inequivocabile l'opposizione della gran parte
dei valligiani ad un progetto destinato a portare solo inquinamento e
distruzione.
Destra e sinistra sono d'accordo: il Piemonte del dopo Fiat affida il
suo futuro alle grandi opere. Opere destinate a distruggere l'ambiente
e la salute di tutti, lasciandosi alle spalle solo macerie. La
città dell'auto è ormai al tramonto, ma non il clima
mefitico che gli scarichi delle automobili ci impongono. Un modello di
economico e sociale dissennato viene sostituito da uno ancor più
folle.
Il territorio valsusino è già attraversato da due strade
nazionali, da una mostruosa autostrada e da una linea ferroviaria
internazionale. Un treno a trecento chilometri l'ora renderà
invivibile la Valle mentre nel nostro paese i pendolari muoiono nelle
linee a binario unico abbandonate all'incuria perché poco
redditizie.
Uno scontro di "civiltà"
Quella che si gioca in Valle di Susa non è solo una partita sull'ambiente ma un vero scontro di "civiltà", una battaglia politica, economica e culturale in cui è in ballo il destino delle trentacinquemila persone che l'abitano, che, di fronte alla "fretta" della globalizzazione, non sono che piccoli ostacoli lungo il "corridoio" destinato a collegare sempre più celermente Torino all'Europa. Ma loro non ci stanno e nonostante l'Alta Velocità veda il consenso sia del Polo che dell'Ulivo, nonostante gli enormi interessi in ballo continuano a battersi per le loro case, per la loro salute, per il diritto dei loro figli a crescere in un ambiente sano.
Già l'autostrada sino al Frejus, costruita nonostante l'opposizione di tanti valligiani, ha distrutto ambiente, posti di lavoro, servizi, rendendo sempre più difficile la vita delle comunità valsusine. "Dove oggi poggiano i piloni dell'autostrada" racconta un'esponente dei tanti Comitati Antitav della Valle "vi erano prati ed allevamenti. Paesaggio, posti di lavoro e la possibilità di vivere in valle sono andati perduti per tanti di noi. Il fieno ci tocca vederlo passare sui Tir che sfrecciano sull'autostrada: viene da lontano a va lontano in gran fretta, lasciandoci solo inquinamento e disoccupazione. Fermare il TAV è indispensabile, non vi sono possibili 'correzioni' dell'impatto ambientale: ne va della stessa possibilità di continuare a vivere nei nostri paesi". Quando fecero l'autostrada raccontarono la bella favola dei posti di lavoro, delle possibilità di sviluppo, del turismo. La gente ha imparato a proprie spese che la lunga ombra scura dei piloni incombenti sulle acque perlacee della Dora, un'ombra che si prolunga sulle case dei paesi, è indicatore simbolico e materiale di gas di scarico, rumore, prosciugamento delle falde acquifere.
I pendolari non usano l'autostrada perché è troppo
costosa: un viaggio sino a Torino e ritorno costa carissimo. Di fronte
a questi progetti faraonici, quelli realizzati, come l'autostrada, e
quelli in procinto di realizzazione, come il Tav, sono costantemente
peggiorati i servizi alle persone. Le stazioni minori hanno chiuso
biglietterie e sale d'aspetto perché poco remunerative:
così i pendolari, studenti e lavoratori, aspettano il treno
all'aperto in estate come nei lunghi inverni. La città di Susa,
dove c'è l'ospedale, alcune scuole superiori ed altri servizi
è collegata con una linea minore che funziona poco e male. Se il
Tav verrà realizzato la gente farà fatica a raggiungere
l'ospedale mentre dei razzi a trecento chilometri all'ora sfrecceranno
ogni cinque minuti rasenti alle case. Anche questa è "logica",
la logica del profitto che non guarda in faccia nessuno. Studi eseguiti
e mai pubblicati o pubblicizzati di tre eminenti professori del
Politecnico dimostrano che un treno ad alta velocità a pieno
regime è come un aereo in partenza: produce un fragore
insopportabile. È stato calcolato che per non subire le
conseguenze dell'inquinamento acustico bisognerebbe abitare ad una
distanza di almeno 500 metri dai binari, questo significa che si
dovrebbe creare intorno a tutto il tracciato del TAV un deserto della
larghezza di un chilometro. Ma la Bassa Valle in certi punti non
è più larga di un chilometro e mezzo ed è
già attraversata, oltre che dall'autostrada, dalle statali 24 e
25 e da una linea ferroviaria internazionale. "È un rumore
improvviso e nevrotico e se voi fate crescere un bambino nei pressi di
una linea ad alta velocità sarà sicuramente ritardato"
spiega il prof. Chiocchia, docente di acustica del Politecnico di
Torino.
Cresce la resistenza popolare di fronte ai primi cantieri
In questi mesi le iniziative si stanno moltiplicando, perché a Venaus stanno per partire i lavori per la galleria di servizio di nove km collegata alla due "canne" principali di 52 chilometri. Le due gallerie, traforando la montagna da Venaus a S. Jean de Maurienne, sono destinate a produrre danni ambientali considerevoli (taglio delle falde, estrazione di materiali pericolosi quali l'uranio e l'amianto, etc.). Si tratta, lo dicono con "orgoglio" le stesse ditte che hanno vinto l'appalto per conto del General Contractor LTF di realizzare una linea di "pianura" (con pendenza non superiore al 12%) in montagna (la montagna in questione è l'Ambin, 3.500 metri di altezza). Chi parla è gente con una vasta esperienza in materia di devastazioni ambientali: la ditta che ha vinto l'appalto per la costruzione del tunnel di Venaus, la CMC, una cooperativa rossa di Ravenna, ha già dimostrato la propria perizia nel Mugello, dove è sotto processo per il taglio delle falde acquifere e per il grave inquinamento causato dai lavori effettuati.
Una galleria più corta (12 chilometri) è destinata a
traforare il Musiné, all'imbocco della Valle, non distante da
Torino. Il Musinè è pieno di amianto: sulla stessa linea
orografica c'è l'amiantifera di Balangero, con il suo pesante
carico di morti per mesotelioma pleurico, un tumore che devasta ed
uccide inesorabilmente chi ne è colpito. In Italia migliaia di
lavoratori dell'amianto si sono ammalati: ancor oggi a Balangero si
continua a morire, per la mancata bonifica della cava le cui polveri
vengono disperse nell'aria dal vento. Basta respirare una piccola
particella d'amianto perché una bomba ad orologeria si piazzi
nel nostro organismo, pronta prima o poi a scoppiare. Se partiranno i
lavori al Musiné ogni giorno i camion carichi dei materiali di
scavo attraverseranno un territorio densamente popolato spargendo in
aria polveri cariche di amianto. I medici della Valle di Susa hanno
redatto un documento che rappresenta un vero e proprio atto di accusa a
chi si accinge ad un'opera che inevitabilmente arrecherà gravi
danni alla salute di tanti di noi.
Il governo regionale prova a rompere il fronte antiTav
All'inizio di maggio, quando lo scontro tra la popolazione, Lyon
Turin Ferroviaire, il general Contractor, e le amministrazioni
regionale e provinciale stava per imboccare una strada senza ritorno,
la neo presidente della Regione Piemonte, la "sinistra" Mercedes
Bresso, ha convocato i sindaci valsusini e i rappresentanti del governo
per reperire un po' di soldi con cui pagare la pace sociale.
Sul tavolo della trattativa Bresso ha altresì gettato la
promessa che il progetto parallelo di raddoppio del Frejus sarà
accantonato.
Nella trattativa intentata dal governo regionale con le amministrazioni
locali e i presidenti delle comunità montane dell'Alta e Bassa
Valle il tentativo è chiaro: dividere gli interessi dell'alta
Valle, colpita soprattutto dal progetto sull'autostrada da quelli della
Bassa Valle e della Val Cenischia, investite con forza dal percorso
della TAV-TAC. Sinora non ci sono riusciti, nonostante il bel mucchio
di quattrini offerti per non meglio precisate "iniziative di promozione
culturale": questi soldi fanno parte del pacchetto delle grandi opere e
sono l'ammissione implicita che per le popolazioni locali i mostri
della velocità non rappresentano che distruzione dell'ambiente e
della qualità della vita.
La carotina di Bresso & C. difficilmente ammorbidirà l'opposizione dei valligiani.
La determinazione degli abitanti della Val Susa nel difendere le
proprie vite e le proprie case difficilmente sarà scalfita dalle
regalie di Bresso e, sempre che apra i cordoni della borsa, del
ministro Buttiglione; tuttavia lor signori sperano che oliare con un
bel mucchio di soldi amministrazioni comunali dal budget limitato possa
aprire crepe in un fronte di lotta che sinora si è mostrato
compattissimo. Al punto che, in occasione delle recenti elezioni
regionali, i comitati della Val Susa si sono pronunciati per
l'astensionismo elettorale. In queste condizioni nessun sindaco
può pensare di avere una lunga carriera se non si schiera senza
infingimenti contro la TAV. Non a caso tutti gli amministratori dei
paesi della Valle hanno promesso di essere presenti alle manifestazioni
per bloccare l'inizio dei lavori. Nei prossimi mesi potremo valutare la
saldezza dei loro intenti.
La manifestazione del 4 giugno da Susa a Venaus
In Valle la gente ha la testa dura: i tecnici che hanno tentato di
entrare nelle case e nei terreni per compiere i propri rilevamenti
hanno trovato le porte sbarrate.
Il percorso delle ruspe non sarà certo agevole.
Nei paesi a Torino si moltiplicano le assemblee e le iniziative di informazione e lotta.
Una tappa importante della partita sempre più serrata tra la
valle e i mostri dell'acciaio, della velocità e della finanza si
giocherà il 4 giugno a Venaus. Quel giorno si terrà una
grande manifestazione che segnerà la partenza di
un'assemblea/campeggio permanente nell'area destinata a cantiere.
I fautori del Tav cercano di trasformare la Valle di Susa in uno spazio
disabitato, un corridoio in cui corrono treni superveloci destinati a
collegare metropoli invivibili e mostruose, fatte di anonime periferie
e centri direzionali.
Di fronte alla devastazione, alla folle corsa verso il profitto per i
soliti pochi potenti la parola e l'iniziativa tornano alla gente, alla
gente della Valle ed a quella della città, a quelli che in
quest'angolo del Piemonte vogliono vivere e non correre, a quelli che
della Val Susa amano i sentieri ed i boschi, a chi desidera un futuro
per se e per i propri figli.
Di fronte ai giganti è giusto ribellarsi.
L'estate, tra il Rocciamelone e la Dora si annuncia molto calda.
Maria Matteo