testata di Umanità Nova

Umanità Nova, numero 18 del 22 maggio 2005, Anno 85

Ignobile teatrino
Contratto degli statali




Siamo in crisi. Ora se n'è accorto perfino Berlusconi. La gente per la verità se n'era accorta un po' prima e non aveva avuto bisogno degli indicatori economici dell'ISTAT per rendersi conto che l'unica cosa che sta aumentando è la miseria. Da almeno tre anni le gran parte delle famiglie italiane non riesce a risparmiare praticamente niente. Il taglio delle tasse che secondo Berlusconi, Tremonti, ecc. avrebbe dovuto rilanciare i consumi e quindi l'economia, secondo una visione per certi versi paradossale del reaganismo anni '80, si è rivelato per quello che era: una presa di giro per la gran massa degli italiani, un bel regalo per l'alta borghesia.

Sembra, però, che una prima soluzione alla crisi sia stata trovata: rinviare di un anno il rinnovo del contratto integrativo dei pubblici dipendenti, i tanto odiati "statali". Per la verità il contratto è già slittato di 15 mesi ma questo sembra un particolare che non interessi a nessuno.

Sul rinnovo contrattuale degli statali si sta recitando un ignobile teatrino che vede di fronte il governo, che offre 95 euro ma potrebbe arrivare a 100, e i sindacati confederali, che ne chiedono 110, ma che firmerebbero senza tanti problemi per 105. Ignobile teatrino perché le differenze sono talmente irrisorie (5 euro) da non giustificare il pandemonio mediatico che gli specialisti della politica ci stanno facendo sopra. 

Per rendersi conto di dove sta la realtà bisogna ricordare che nell'inverno-primavera 2004, quando nel giro di qualche mese si firmarono, con un ritardo di circa 2 anni e mezzo, i contratti dei vari comparti che costituiscono il settore del pubblico impiego (ministeriali, sanità, parastato, agenzie, ecc.) la triplice, che aveva incassato un ben modesto risultato (110 euro in media per il biennio 2002/2003) si lanciò in una campagna propagandistica nei singoli posti di lavoro per sostenere che per il rinnovo del contratto integrativo (biennio 2004/2005) la piattaforma sindacale avrebbe richiesto aumenti pari all'8% (circa 160 euro) in modo da ottenere quel recupero dell'inflazione che non era stato possibile ottenere nella tornata precedente. Teatrino dunque perché per stessa ammissione dei confederali la richiesta di 110 euro (+ 5,1%) non recupera la perdita di potere d'acquisto reale degli stipendi dei pubblici dipendenti. 

Fra l'altro è bene ricordare che le cifre sono lorde, sono calcolate sugli stipendi di un VI livello e riguardano sia quello che va direttamente in busta paga (circa il 50%) sia quello che finisce nel calderone del cosiddetto salario accessorio, che verrà distribuito in maniera diseguale fra i lavoratori.

La Confindustria è "insorta" contro ogni ipotesi di aumenti salariali agli statali che eccedano la cifra (95 euro) prevista dalla Finanziaria. Contemporaneamente la presidenza del consiglio ha diffuso un dotto documento che confrontando varie fonti (ARAN, ISTAT, Banca d'Italia, Ragioneria dello Stato) arriva alla conclusione che le retribuzioni contrattuali degli statali nel periodo 1993/2004 sono cresciute del 36,5% contro un'inflazione ufficiale del 36,5%. Insomma dopo il devastante accordo del luglio 1993 le retribuzioni dei dipendenti pubblici sono andate di pari passo con l'inflazione ufficiale, cioè con quella specie di lotteria nazionale gestita dall'ISTAT per fare gli interessi dei vari governi succedutisi negli anni. Naturalmente l'inflazione reale è un'altra cosa. Secondo alcuni calcoli la perdita di potere d'acquisto negli ultimi dieci anni è stata di circa il 20%.

Ci si rende quindi conto di quanto la posta in gioco sia soprattutto politica: non saranno i 5 euro che dividono il governo dai confederali che potranno risolvere i problemi di tante famiglie. 

Da parte nostra ci dobbiamo impegnare per ottenere forti aumenti salariali, soprattutto il travaso di una quota significativa del salario accessorio in busta paga, e una politica di stabilizzazione dei tanti lavoratori precari assunti negli ultimi anni nella pubblica amministrazione.

Leandro S.

















































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