Umanità Nova, numero 18 del 22 maggio 2005, Anno 85
Venezia, Napoli, Milano: in memoria di Nicola Neira
In varie città italiane, dopo l'iniziativa della scorsa
settimana a Trieste, si sono svolti presidi e volantinaggi in memoria
di Nicolas Niera, ammazzato di botte durante la manifestazione del
Primo Maggio a Bogotà.
A Napoli l'Ateneo Libertario ha organizzato due presidi di
piazza: uno mercoledì 11 in piazza S. Domenico e l'altro
giovedì 12 di fronte alla rappresentanza consolare della
Colombia a Napoli.
Nel presidio di mercoledì è stato appeso uno striscione
con la scritta "Solidarietà a Nicolas, ucciso dallo Stato".
Giovedì una quarantina persone hanno partecipato al presidio di
protesta al consolato colombiano, al cui ingresso sono comparse le
scritte "Assassini" e "Per quanto voi vi crediate assolti siete lo
stesso coinvolti" e sono stati affissi due striscioni, uno di
solidarietà a Nicolas e l'altro riportante la scritta "Pace tra
gli oppressi, guerra agli oppressori". Il volantino è stato
diffuso fra i passanti ed è stato consegnato al console da un
gruppo di compagni. La qualifica di assassini ai rappresentanti dello
stato colombiano è stata ripetuta più volte dal megafono.
Sunnenpi (fonte: due comunicati dell'Ateneo Libertario)
A Venezia sin dalla mattinata di sabato 14 maggio si è
svolto in campo S. Margherita un presidio di controinformazione e
solidarietà sull'assassinio di stato operato dalle forze del
disordine in Colombia.
Un gruppo di compagni del Coordinamento anarchico veneto ha distribuito
volantini e piazzato uno striscione su cui campeggiava la scritta
"Primo maggio 2005. Colombia: un altro assassinio di stato". Il
volantino distribuito era in tre lingue: italiano spagnolo e inglese.
È stato allestito anche un banchetto con libri e stampa: buona
la diffusione tra i passanti
Un compagno del coord. Anarchico Veneto
A Milano perché il tremendo omicidio di Nicolas non passi
sotto silenzio, le compagne ed i compagni della Federazione Anarchica
Milanese hanno tenuto un presidio davanti alla sede milanese del
consolato colombiano venerdì 13 maggio, distribuendo volantini
ai passanti ed attaccando cartelli. Volantini sono stati distribuiti
anche in altri luoghi della città.
R. P.
Milano: per un coordinamento dei lavoratori Coop. Sociali
Fotografare le condizioni di lavoro nelle cooperative sociali,
comprenderne i meccanismi e le logiche interne, e provare a rispondere
ad una situazione di estrema precarietà e di diritti negati: era
questo il tema che i compagni del collettivo "Organizzazione Spazi
Liberati" hanno proposto nella discussione all'Ateneo Libertario.
Il dibattito su "Cooperative Sociali: l'ideologia della bontà e
i diritti negati" ha aiutato a capire meglio la situazione di un
settore di lavoratori che vive le condizioni oggi tipiche del mondo del
lavoro: dal largo uso di contratti a termine fino a carichi di lavoro
molto pesanti. Si tratta altresì di lavoratori che rischiano di
essere stritolati fattori diversi ma ugualmente concorrenti a
peggiorarne le condizioni. Si va dai tagli alle spese sociali alla
complicità delle cooperative, che di questi tagli si fanno
supporter, puntando al ribasso e riducendo la qualità del
lavoro. Ed infine vi è "l'ideologia della bontà", ossia
un meschino ricatto morale destinato ad alimentare la guerra tra
poveri. "Noi ci occupiamo di persone deboli e bisognose - dicono in
genere le cooperative - svolgiamo un lavoro di grande utilità
sociale, e quindi tu lavoratore non puoi chiedere troppo. Anzi è
meglio se rinunci a qualcuno dei tuoi diritti, perché se alzi la
testa e reagisci e lotti togli delle risorse a chi sta peggio di te".
Dal dibattito, oltre ad una migliore comprensione delle dinamiche
tipiche del mondo della cooperazione sociale, è emerso il
bisogno di costruire, a partire dal proprio luogo di lavoro, una
maggiore coscienza e consapevolezza degli educatori e degli altri
lavoratori del settore: l'attenzione nei confronti di persone
svantaggiate non può in nessun caso essere slegato dalla
necessità di rispetto dei diritti e della qualità del
lavoro per le persone che operano in questo settore.
Dal punto di vista sindacale il quadro non è per niente roseo:
Cgil, Cisl e Uil, alleate di Confcooperative e della Lega delle
Cooperative e spesso interne ai grandi affari del sociale non hanno
nessun interesse a tutelare i lavoratori del settore; i sindacati di
base non sono stati in grado fin'ora di costruire sul campo
un'alternativa valida e concreta: eppure, tutti i partecipanti al
dibattito erano d'accordo, se non si trovano forme di organizzazione,
di aggregazione e anche di lotta degli educatori, non è
possibile cambiare in meglio la situazione.
Le questioni su cui intervenire sono molte e diverse: costruire una
reale partecipazione dei soci alla vita delle cooperative, puntare su
una qualità del lavoro che sia di garanzia sia per gli utenti
che per gli educatori, misurarsi con le politiche sociali in Italia per
contrastare la deriva liberista, puntare a una riqualificazione del
servizio pubblico che "esternalizza", affidandoli alle cooperative,
compiti che dovrebbero essergli propri.
Un compito lungo e difficile che impegna gli educatori su più
piani: lo studio, la consapevolezza del proprio ruolo, ma
necessariamente anche la lotta.
La proposta di organizzarsi in coordinamento per dar concretezza a
questi obiettivi è stata accolta all'unanimità: un
segnale indubbiamente positivo.
Liberamente ispirato ad un comunicato del C. "O.S.L."
Pioltello: rastrellamento di migranti
Sono le 5,30 del mattino del 13 maggio alla cascina Bareggiate di
Pioltello (MI). Una grossa squadra di carabinieri fa irruzione presso
la cascina occupata da circa 150 rom rumeni, reduci dallo sgombero di
via Adda del 1° aprile 2004.
Il motivo dell'irruzione è molto semplice: rastrellare e terrorizzare le persone presenti.
Tutti i maschi vengono prelevati e accompagnati in varie caserme sparse
sul territorio. Poi una squadra speciale passa alla distruzione
sistematica degli effetti personali degli abitanti. Infrastrutture in
legno distrutte, televisori giù dalle finestre, materassi in
terra. Ovviamente tutto questo si accompagna ai "soliti" maltrattamenti
e insulti a cui la vandea delle forze dell'ordine nostrane ci ha
abituati da tempo.
L'operazione prosegue con il trasporto di una parte delle persone
rastrellate in Questura dove verranno divise in base allo status che la
Bossi-Fini conferisce loro. Ci sono quelli destinati al CPT di via
Corelli, quelli cui viene consegnato il foglio di via sino ai recidivi
della migrazione per i quali si aprono le porte del carcere.
Nonostante le molteplici prese di posizione del Parlamento europeo,
dell'ONU, delle organizzazioni internazionali a sostegno dei diritti
degli immigrati e della minoranza rom in particolare, nonostante la
trattativa in corso da tempo con le autorità locali di
Pioltello, anche venerdì 13 l'assessore Taetti ha chiesto le
ragioni dell'intervento ("ordini superiori", è stata la
risposta) dei Carabinieri, continua la violenza razzista nei confronti
dei rom.
Da un comunicato di "Via adda non si cancella"
Modena: occupata una casa
La notte del 13 maggio la casa cantoniera di via Canaletto è
stata occupata. Un'occupazione che nasce dall'esigenza abitativa di una
famiglia e di alcuni lavoratori immigrati con regolare permesso di
soggiorno.
L'occupazione, oltre che risolvere la situazione emergenziale di questi
lavoratori, nasce per porre il problema della casa che è
diventato un'emergenza reale non solo per gli immigrati ma anche per i
ceti sociali più deboli della società modenese. Infatti
sono sempre di più le famiglie che a stento riescono ad arrivare
alla fine del mese a causa di salari reali sempre più bassi e
affitti sempre più alti.
Numerose sono le case sfitte che rimangono vuote per anni per lasciare
spazio alle speculazioni edilizie. L'occupazione nasce come punto di
partenza per un percorso di lotta per il diritto alla casa.
Da un comunicato del Comitato per il diritto alla casa e dell'USI di Modena
Roma: scattano gli arresti per gli espropri
Mercoledì 11 maggio il tribunale del riesame ha approvato la
richiesta del pm Vitello di 5 arresti domiciliari (tra cui il
consigliere comunale Nunzio D'Erme) e 13 obblighi di firma per gli
imputati per il reato di rapina pluriaggravata relativo ai cosiddetti
"espropri proletari" del 6 novembre scorso, imprevisto corollario della
street parade nazionale per il reddito per tutti. Appare grave e indice
di un atteggiamento largamente repressivo nei confronti di qualsiasi
forma di lotta sociale, che la magistratura possa imputare il reato di
rapina pluriaggravata per colpire un azione compiuta a volto scoperto e
in presenza di giornalisti e Digos. Tanto più inquietante appare
allora la decisione di ricorrere a misure cautelari di questo tipo
francamente sproporzionate ai fatti concretamente contestati. Si tratta
evidentemente di un messaggio intimidatorio nei confronti di chiunque
porti ancora avanti lotte nel sociale esponendosi in prima persona; in
tal senso è doveroso esprimere solidarietà ai compagni
colpiti dai provvedimenti giudiziari. Comunque le misure diventeranno
effettive solo se dovessero essere confermate in seguito al ricorso
degli avvocati alla corte di cassazione. Sul piano politico occorre
rilevare come una giornata per il reddito, giunta alla seconda edizione
dopo il primo exploit nel 2003, voluta da realtà autoorganizzate
di tutta Italia e sindacati di base, il cui scopo era di sperimentare
forme di contrattazione sociale finalizzate all'ottenimento di
autoriduzioni sulla merce, si sia voluta trasformare nell'ennesima
pagina di politica spettacolo, a causa di un inaspettato impennarsi del
livello di notiziabilità, colta dalla magistratura che ha
identificato in questi "portavoce" disobbedienti i responsabili di
ciò e dai media che hanno puntato i riflettori unicamente su
quella parte di movimento. Ci auguriamo che la nascente figura del
precariato sociale, data la sua composizione estremamente variegata,
non ricaschi attraverso i suoi tentativi di autorganizzazione, nei
meccanismi di rappresentazione e sintesi che hanno finito per
indebolire i movimenti passati.
Giulio Sacchi