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Umanità Nova, numero 18 del 22 maggio 2005, Anno 85

Morire per il capitale
Silenzio USA sui propri caduti in guerra




Gli incidenti automobilistici sono la prima causa di morte accidentale tra i nostri uomini e donne in uniforme. L'anno scorso abbiamo perso 284 unità in servizio a causa di incidenti tra veicoli privati. Possiamo prevenire questo inutile spreco di vite umane.
(D. Rumsfeld)


Da quando esiste la guerra, i morti nemici sono ostentati come trofei mentre i propri caduti vengono celati, salvo quei pochi destinati ad essere mostrati come eroi.

Regola certo non dimenticata dai comandi Usa impegnati sui difficili fronti di guerra in Iraq e Afganistan, da cui continuano a partire aerei carichi di militari statunitensi morti, feriti, mutilati, alienati psichici.
È la guerra che l'opinione pubblica e soprattutto le classi meno abbienti da cui provengono in maggioranza le truppe impegnate nella "guerra contro il terrorismo" non devono vedere.

Così come fu durante la guerra in Vietnam, al cui termine i comandi militari dichiararono ipocriticamente circa 10 mila morti e 40 mila "dispersi", per nascondere i 50 mila morti e gli oltre trecentomila feriti.

Così come è accaduto, nel 1991, dopo la prima aggressione contro l'Iraq, costata secondo le fonti ufficiali appena qualche decina di caduti, mentre adesso si comincia ad apprendere che furono almeno centinaia i soldati Usa morti in combattimento e circa 70 mila (la cifra però potrebbe avvicinarsi a centomila) quelli rimasti contaminati dalla cosiddetta "sindrome del Golfo" con elevatissime percentuali di mortalità.

Proprio ai tempi di "Desert Storm" venne introdotto il divieto di divulgare immagini dei caduti statunitensi, divieto ancora in vigore come ha potuto sperimentare la signora Tami Silicio, autrice di alcune foto scattate nell'aprile 2004 presso l'aeroporto di Kuwait City ad un carico di bare coperte dalla bandiera stelle e strisce.

Per quando riguarda i conflitti in corso in Iraq e Afganistan, sulla base di questi precedenti, si ritiene che le già allarmanti cifre ufficiali rappresentino in realtà il 20% delle perdite effettive; secondo fonti ospedaliere in Germania dove vengono trasportati i feriti Usa più gravi (lontano da occhi indiscreti) questi ammonterebbero a circa 50 mila.

Secondo fonti indipendenti statunitensi, soltanto in Iraq, dall'inizio della guerra gli Usa avrebbero avuto tra i 12 e 15 mila militari morti; cifra questa in qualche modo avvalorata dalle incongruenze emerse nei rapporti dei comandi militari dai quali risulterebbero 12 mila mancanti all'appello.

Inoltre, come denunciato da alcuni giornalisti statunitensi, i becchini del Pentagono non conteggiano i militari Usa aspiranti "green card" ossia ancora in attesa del riconoscimento definitivo della cittadinanza Usa; a dimostrazione di ciò è stata citata la morte di 8 soldati Usa non inseriti nel conteggio ufficiale delle perdite in Iraq e Afganistan, in quanto ancora non cittadini statunitensi. Secondo alcune testimonianze anche fotografiche, questi caduti di serie B non verrebbero neppure rimpatriati ma sepolti nelle zone di guerra.

Premesso questo appaiono comunque già indicative le cifre e le informazioni rese note in modo ufficiale, al 9 maggio 2005.

In Iraq dall'inizio del conflitto i caduti Usa assommano a 1.609 con un considerevole incremento negli ultimi mesi, mentre i feriti non rientrati in servizio dopo 72 ore (aggiornamento ad aprile 2005) a 6.115, oltre 15 mila invece gli "evacuati" (cifra risalente allo scorso febbraio).

In Afganistan invece, sempre al 9 maggio 2005, risulterebbero caduti complessivamente dall'ottobre 2001 qualcosa come 182 militari Usa, dei quali ben 25 soltanto in questi primi mesi del 2005, segnalando l'intensificarsi della guerriglia.

Anti

















































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