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Umanità Nova, numero 20 del 5 giugno 2005, Anno 85

Orrore infinito. 2005: Lager e logica concentrazionaria




Proteste, denunce che piovono da tutte le parti contro il governo italiano e rivolte nei Centri di permanenza temporanea (Cpt) che oramai molti - e non solo gli "estremisti" - definiscono con termini più appropriati: campi di detenzione, campi di internamento, lager. 

Su Umanità Nova non abbiamo mai smesso di occuparci dei Cpt e delle ragioni ed effetti delle leggi proibizioniste/razziste contro i migranti. Soprattutto, non abbiamo mai smesso di lottare contro l'orrore che accompagna queste ingiustizie.

CPT IN PILLOLE 

I Cpt furono istituiti con la legge 40/1998 (detta Turco-Napolitano) e sono destinati al trattenimento di migranti cosiddetti "irregolari" e "clandestini" formalmente in attesa di espulsione. La legge 189/2002 (Bossi-Fini), poi, inasprì non solo la natura di questi campi di internamento, ma anche il carattere razzista e repressivo delle leggi sul governo dei flussi migratori. I lager per migranti sono delle istituzioni totali in cui vengono rinchiuse migliaia di persone sottoposte a svariati abusi, violenze e torture. Le rivolte, gli scioperi della fame, i tentativi di fuga, la morte e l'autolesionismo dei detenuti sono le conseguenze dello stato di disperazione in cui queste persone sono costrette a vivere. Com'è noto, all'interno dei lager avvengono pestaggi, umiliazioni, somministrazione forzata di tranquillanti e psicofarmaci, mentre vengono ridotti al minimo i contatti con l'esterno. Giusto per citare un esempio recentissimo: ad una ragazza, detenuta nel centro di via Mattei a Bologna, la polizia ha spezzato una vertebra e riempito il corpo di ematomi (i medici del Cpt l'hanno ricoverata mantenendo il silenzio sull'accaduto). E per ricordare un caso emblematico: nel Cpt di via Corelli a Milano, in cui la scorsa settimana è scoppiata una rivolta che si è conclusa con la repressione poliziesca e 21 arresti, già in aprile erano state forti le proteste degli internati che denunciavano perquisizioni e devastazioni nelle "camere", abiti e foto di famiglia strappati, somministrazione di droghe nel cibo. 

La funzione dei Cpt non è solamente repressiva. Questi centri sono anche macchine disciplinanti: la minaccia della reclusione incombe continuamente sui migranti che vivono e lavorano in Italia, i quali vengono internati anche più volte (ricordiamo il caso, evidenziato nel rapporto di Medici Senza Frontiere dello scorso anno, di una persona che venne rinchiusa ben sette volte nel lager Ponte Galeria di Roma). Contemporaneamente, la miscela di leggi discriminatorie e minaccia di internamento rende assai deboli i migranti che tentano di entrare nel mercato del lavoro italiano. Con somma gioia del padronato, il migrante è una persona ricattabile in ogni modo e che si presta bene all'iper-sfruttamento in assenza di qualsivoglia garanzia. In definitiva, si può tranquillamente sostenere che le leggi che regolano i flussi migratori sono funzionali alle forme esasperate di sfruttamento di cui è capace il sistema capitalista. Nella legislazione in vigore le discriminazioni xenofobe e razziste si incontrano con le necessità proprie dell'economia, creando un quadro in cui questi elementi risultano essere spesso complementari, ma a volte anche contrastanti: è infatti vero che in alcune occasioni la "tolleranza zero" invocata da forze parlamentari e parte della cittadinanza si scontra con le esigenze dei signori dell'economia.

SCARAMUCCE ISTITUZIONALI

La situazione è allucinante, gravissima. E i criminali che ne sono responsabili continuano ad annunciare la costruzione di altri lager. "Le forze dell'ordine continueranno ad operare scrupolosamente nel rispetto dei diritti umani, delle leggi italiane e delle norme internazionali". Queste le parole pronunciate pochi giorni fa dal ministro dell'interno Pisanu. Parole che possono avere effetto solamente sugli indifferenti e su chi chiude gli occhi di fronte alla realtà, dato che chi vuole sapere è al corrente del fatto che sul governo italiano si abbattono le denuncie della Commissione europea, dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Acnur), di Amnesty International, di parlamentari italiani, della Federazione Nazionale della Stampa (Fnsi), ecc. Paolo Serventi Longhi, segretario della Fnsi, chiede che i giornalisti italiani possano entrare in quelli che lui stesso definisce "veri lager". Amnesty si scaglia contro le deportazioni collettive verso Libia ed Egitto "avvenute in violazione delle principali convenzioni in materia di diritti umani e dei rifugiati", ricorda che la legislazione italiana "di fatto impedisce l'effettivo esercizio del diritto d'asilo", e accusa Pisanu di non aver neppure risposto alla richiesta di concedere visite nei Cpt per i ricercatori. 

Blindato risulta essere il lager di Lampedusa, nel quale non può entrare neppure il rappresentante dell'Acnur. Dall'isola partono i voli per le deportazioni dei migranti verso altri lager in Libia: 47 voli dal 16 agosto 2003 al dicembre 2004 con a bordo 5.688 persone, più di mille invece tra dicembre 2004 e marzo 2005. Notevole, a questo proposito, è il fatto che l'eurodeputato di Forza Italia Stefano Zappalà abbia fatto circolare, nelle istituzioni europee, una nota in cui arbitrariamente affermava che l'Acnur aveva ritrattato le accuse rivolte all'Italia relative proprio ai fatti di Lampedusa. Peccato che la portavoce della stessa organizzazione delle Nazioni Unite si sia immediatamente preoccupata di smentire la mistificatoria nota del forzista. 

Le deportazioni continuano ancora oggi, mentre recente è la sospensione dell'espulsione di 11 migranti da Lampedusa verso la Libia decretata dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo, la quale ha anche accolto il ricorso presentato in aprile da alcuni avvocati a nome di 79 migranti. Giova ricordare che nella finanziaria 2004-2005 è contenuto uno stanziamento speciale per la costruzione di altri due strutture di detenzione in Libia, nel sud del paese: a Kufra e Sebha. Fiumi di soldi vengono infatti offerti alla Libia dall'Italia (nel 2003 sono serviti alla costruzione di un campo), mentre si provvede anche a rifornire Gheddafi di materiale utile alla repressione, inclusi i tristemente noti sacchi per il trasporto dei cadaveri. Come testimoniato da una delegazione di europarlamentari, le condizioni dei campi di internamento nel paese del colonnello Gheddafi -"leader di libertà", come lo chiama Berlusconi - sono spaventose. Nel frattempo, i deportati muoiono nei lager e nel deserto, e i potenziali rifugiati rischiano la vita rientrando nei rispettivi paesi (come l'Eritrea, dove chi fugge viene considerato disertore). Del resto, in Libia i rifugiati non sono tenuti in considerazione, il diritto d'asilo è una chimera. Tale diritto esisterebbe invece in Italia, ma lo si concede quando proprio non lo si può evitare. 

La logica della Commissione nazionale, come afferma Alessandro dal Lago, è la seguente: "se il richiedente, com'è ovvio, è sprovvisto di documenti, si dirà che non ci sono prove della sua identità e quindi ragioni per la sua richiesta. Se li ha, si dirà che il fatto di averli prova la mancanza di una persecuzione o stato di necessità". Ma non serve neppure seguire questa logica se, come fa il governo italiano, si ricorre alle deportazioni collettive senza scomodarsi ad analizzare i singoli casi. Si aggiunga a tutto questo una "stranezza": nel 2004 andò in tilt il server del ministero dell'interno, per cui si sono perduti i dati riguardanti la nazionalità dei migranti espulsi.

Nel mezzo di tutte queste polemiche è interessante evidenziare l'atteggiamento della diossina (non è un errore di stampa) Livia Turco, la quale persiste nella difesa dei Cpt. In fondo, sono una sua creatura. Fra le altre cose, ci tiene anche a dichiarare che "la lotta all'immigrazione clandestina è un punto essenziale, che non può e non deve essere regalato alla destra. Al contrario. Deve essere una battaglia della sinistra". Riguardo specificamente ai Cpt ci informa del fatto che è "propensa a un ripensamento di tali strutture". Una posizione condivisa anche da Prodi, il quale afferma che i Cpt sono "strutture da rivedere profondamente" perché "è emerso come la pace giuridica [sic!] sia stata profondamente minata in questi centri". Queste le convinzioni di Prodi, emerse durante un dibattito nella sua tanto sbandierata Fabbrica (del consenso?!). Da evidenziare che, durante lo stesso dibattito, riferendosi alla Bossi-Fini il leader dell'Unione ha dichiarato: "Non è questo il momento di pensare ad abrogazioni. Siamo qui per confrontarci". Conseguentemente, si può concludere che per Prodi l'abrogazione della legge Bossi-Fini non è neppure oggetto di "confronto".

CONSIDERAZIONI A MARGINE

Non è difficile scoprire che, negli ultimi tempi, è aumentata considerevolmente la repressione contro i movimenti impegnati nelle lotte sociali contro Cpt e leggi razziali. Da un lato questo può essere il sintomo di una situazione difficile che il governo italiano si trova ad affrontare a seguito delle accuse rivolte sia da ambienti istituzionali che da organizzazioni "rispettabili". Dall'altro si può evidenziare la diminuzione di efficacia del potere di controllo e disciplinamento: infatti oggigiorno la repressione vera e propria viene utilizzata principalmente quando il modello disciplinare mostra delle insufficienze. 

Il tentativo di riacquisire pienamente la legittimità a rischio si articola in due direzioni. La criminalizzazione dei movimenti che si oppongono alla logica concentrazionaria, con il conseguente tentativo di deviare l'attenzione dell'opinione pubblica dall'equazione "Cpt = lager" all'equazione "antagonismo contro i Cpt = terrorismo/sovversione". Poi, le minacce contro le amministrazioni locali (monito, in prospettiva, per tutte le organizzazioni "rispettabili") che rifiutano la costruzione di campi di internamento sul proprio territorio, accompagnate dalla riproposizione del teorema sull'irrinunciabile necessità dei Cpt come baluardo contro l'illegalità; teorema secondo cui l'illegalità sarebbe anche la causa di xenofobia e razzismo. In definitiva, opporsi ai Cpt significa fomentare il razzismo.
Nelle analisi sulla situazione attuale, come anche nei progetti per il proseguimento delle lotte, si dovrebbe cercare di non sottovalutare un fatto evidente. La società in cui viviamo è una società che ha permesso la creazione di veri e propri lager, nonché l'entrata in vigore di leggi razziali. Quasi inutile sottolineare il fatto che certe nefandezze sono possibili solamente in presenza di un consenso o di un'indifferenza diffusa -e uno non esclude l'altra. 

Chi scrive non dimentica che lo scorso anno, mentre distribuiva dei volantini con altri compagni durante un presidio anti-Cpt, gli fu consigliato, da coniugi inferociti, di vergognarsi perché attraverso la diffusione di certe informazioni faceva sentire in colpa "la gente". Un buon esempio di come si possa trasformare la propria scatola cranica in una tomba dove custodire il cadavere di un cervello.

Silvestro



















































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