Umanità Nova, numero 20 del 5 giugno 2005, Anno 85
Mentre i giornali riportano una serie infinita di articolesse,
interviste, commenti sulla crisi che oppone, nella Margherita, prodiani
e rutelliani e nell'Unione, diessini e margheriti senza dimenticare
rifondarli, verdi e socialisti boselliani, mi è capitato di
rileggere un vecchio, breve ed intenso, libro di Hippolythe Etchebehere
sulle elezioni tedesche del 1933, quelle che ratificarono l'ascesa al
potere dei nazionalsocialisti.
È evidente che siamo di fronte a situazioni incomparabili, mi ha
semplicemente colpito il fatto che anche le elezioni possono essere
vicende serie o mere sceneggiate.
La crisi dell'Unione, infatti, è, nella sua interna dinamica,
talmente priva di riferimenti a differenze di programma, a prospettive
politiche, a referenti sociali che non può che essere valutata
come una riprova della crisi della politica istituzionale come luogo di
rappresentazione dello scontro fra interessi limpidamente strutturati.
La Margherita: verso una nuova balena bianca?
In estrema sintesi, la maggioranza rutelliana del principale partito
postdemocristiano della sinistra ha deciso di emanciparsi dal suo
leader formale, il democristianissimo Romano Prodi e di affermare la
propria autonomia rispetto al principale alleato stabilendo di
presentarsi in proprio alle prossime elezioni politiche per la parte
proporzionale. Di per sé, una scelta assolutamente legittima e
di modesto rilievo visto che riguarda, nel complesso, il 12,5% dei
seggi.
Uno schiaffo, però, in primo luogo a Prodi e, soprattutto, ai
DS. Naturalmente la destra esulta e vede nelle tensioni interne alla
sinistra un'occasione di riscatto mentre gli ulivisti, i fautori
dell'unità piena dello schieramento di centro sinistra, soffrono
orrendamente.
Un'occasione, poi, per i tre nani della sinistra, PRC, PdCI, Verdi per
accrescere il proprio peso nell'Unione che, se tutto funzionasse in
maniera razionale, dovrebbe riarticolarsi in una area socialdemocratica
intorno ai DS ed in un'area democratica costituita da Margherita ed
Udeur.
È chiaro, però, che questa scelta rimanda a due
prospettive, la prima a breve periodo e la seconda, più
problematica, a medio periodo per i centristi dell'Unione.
Sul piano immediato, infatti, la Margherita punta a porsi come sponda
per la transumanza, già in corso e in possibile accrescimento,
da destra a sinistra dell'area centrista. L'orgoglio margherito, in
altri termini, è un segnale all'UDC, a sua volta in fase di
sfarinamento per la rivolta dei feudatari siciliani presi da
suggestioni bavaresi, e ai forzaitalioti che prevedono il rischio di
andare all'opposizione al prossimo giro.
In prospettiva, poi, resta la speranza dei balenotteri bianchi di
ricostruire un centro postdemocristiano sufficientemente forte da
conquistare l'azione di maggioranza e da scegliere, come alleato, la
destra o la sinistra entrambe ridimensionate.
Nel caso, un simpatico esempio di eterno ritorno dell'uguale ma si
ipotizza uno sbocco politico che non ha funzionato negli ultimi dieci
anni e che ha come condizione la frantumazione del blocco berlusconiano.
Il flirt tra Confindustria e centro-sinistra
Proviamo, a questo punto, a ragionare su questioni lievemente
più interessanti e serie. Può valere la pena, a questo
proposito, di fare un passo indietro.
In occasione delle recenti elezioni regionali, la mia casella di posta
elettronica, come, suppongo, quella di molti altri, è stata
intasata a due messaggi riguardanti l'elezione in Puglia di Niki
Vendola, il primo ingenuo ed ulivista, il secondo indignato e di
sinistra, in qualche misura, radicale.
La prima raffica di messaggi inneggiava per la vittoria, nel profondo
sud, di un omosessuale comunista o, se si preferisce, di un comunista
omosessuale. L'evento è apparso a molti come la prova di un
poderoso spostamento a sinistra da parte di un elettorato che, con
inconsapevole razzismo, veniva percepito come reazionario ed omofobo.
La seconda verteva su di una scoperta interessante e cioè sul
fatto che la vittoria di Vendola era stata favorita da una scelta
ragionevole della locale Confindustria che si era convinta che il
prossimo governo nazionale sarebbe stato di sinistra e che, di
conseguenza, sarebbe stato opportuno allineare il governo regionale a
quello nazionale e da uno scontro interno alla destra fra FI ed AN che
ha determinato lo spostamento su Niki Vendola di alcune migliaia di
voti in quota AN. Una prova, se ve ne fosse bisogno, di quanto un
comunista sia percepito dal blocco moderato e dal padronato come un
pericolo per la proprietà.
Una vicenda locale che ha, comunque, riguardato una regione importante.
A livello generale, la musica è esattamente la stessa. Chiunque
vada a governare deve, sin da ora, definire un rapporto di
collaborazione con i cosiddetti, uso volutamente una definizione che
non mi piace, poteri forti.
Basta, a questo proposito, fare attenzione alle prime dichiarazioni
sulla Legge Finanziaria del solito Rutelli che paventa una legge troppo
generosa da parte di un governo in ansia elettorale per comprendere
come è la situazione reale.
Non è casuale che la Confindustria, in questo momento, si
dedichi alla sua tradizionale pratica che, mi si consenta l'uso del
napoletano, può essere definita "chiagni e fotti".
I pianti, nello specifico, riguardano il contratto del pubblico impiego
che è, ad avviso del padronato, troppo generoso, i godimenti
riguardano l'approvazione della Riforma Moratti della secondaria
superiore che è stata modificata secondo le indicazioni
padronali per quel che riguarda l'istruzione tecnica.
Contratto degli statali: la musica non è cambiata
È assolutamente evidente che la vecchia formula della
"politica dei due forni" oggi definisce il rapporto del padronato con
un ceto politico che, nelle sue due componenti, si affretta a
dimostrarsi responsabile e disposto a sacrificare gli interessi dei
lavoratori alla necessità di uscire dal "declino italiano".
Una valutazione appena sensata dell'accordo sul pubblico impiego
dimostra, in realtà, che il messaggio confindustriale è
stato accolto non solo dal governo ma anche da CGIL-CISL-UIL.
Accettare, infatti, aumenti lordi del 4,5% e cioè meno
dell'inflazione del biennio 2004/2005, concedendo, in cambio, di
trattare sulla mobilità – cioè sul taglio degli organici
– e sull'aumento della produttività – e cioè sui premi
per i fedeli fidati dell'amministrazione – significa che, al di
là delle polemiche fra Margherita e DS e fra CGIL e CISL, la
musica non è cambiata.
La "ragionevolezza" di Bresso e Cofferati
Altrettanto vale per la politica delle giunte regionali unioniste
che proseguono sulla via della "ragionevolezza", basta pensare, per
quanto riguarda, per fare un esempio, il Piemonte alla politica
sull'alta velocità, sui buoni scuola ecc. o, per ricordare una
giunta ad altro impatto simbolico, quella comunale di Bologna dove il
buon Cofferati mette in sofferenza i suoi alleati di sinistra e blocca
i contratti "troppo onerosi" per il personale e il diritto a sbevazzare
per gli amanti della notte.
Come era scontato, ma è bene ricordarlo sempre, la partita che
ci interessa non si gioca nelle segreterie dei partiti ma sui posti di
lavorio e sul territorio. Si tratta di giocarla al meglio.
Cosimo Scarinzi