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Umanità Nova, numero 20 del 5 giugno 2005, Anno 85

Attacco alla libertà delle donne
PMA: un ariete usato contro l'aborto




I referendum sulla legge 40 sono alle porte e, per fortuna, il dibattito si allarga.

Si allarga il fronte dell'astensionismo e dei tutori della vita ad ogni costo e si allarga il fronte del sì, anche se con molte più timidezze.
Vivo a Milano e per la città da giorni circolano camion pubblicitari con foto enormi di neonati e l'invito a "non mettere ai voti la vita".
I manifesti per il sì sono invece molto pochi. Mi chiedo se ciò sia dovuto veramente ad un differente budget finanziario delle due parti o se nessun partito vuole impegnarsi per la vittoria dei sì, al di là delle affermazioni verbali.

Mettersi contro la chiesa sembra una posizione che richieda un coraggio sconosciuto ai più.

Solo gruppi di donne sono attive nella campagna referendaria, ma con difficoltà immaginabili.

Continuo a pensare che solo un sì o un no non possano veramente risolvere una questione così ampia, però sono sempre più sicura che la battaglia vera che sta dietro questo referendum è la limitazione dell'autodeterminazione delle donne.

Anche gli attacchi continui alla legge sull'aborto che in questi giorni si susseguono (politici e preti vari ricordano che l'embrione è vita sempre) sono, secondo me, pura propaganda.

Mi spiego meglio.

Di fatto in Italia la legge 194 sull'interruzione di gravidanza è già una legge fortemente limitata.

Quasi il 50% dei medici sono obiettori e la percentuale è in aumento, in alcuni ospedali ci sono liste di attesa lunghissime perché non ci sono sanitari disposti a fare questo intervento. Alcuni ospedali non effettuano più interruzioni di gravidanza perché non hanno il personale (ultimo in ordine di tempo l'ospedale di Licata). Lo scorso anno una donna incinta di due gemelli, di cui uno malato di betatalassemia, ha dovuto ricorrere al giudice per vedere autorizzata la sua richiesta di abortire solo il figlio malato, che non si sentiva di generare perché avrebbe avuto di fronte una vita dolorosa e difficile. Ai medici di base è consentita la "clausola di coscienza" anche per il rifiuto solo della "pillola del giorno dopo" che non necessariamente ha effetti abortivi. Una proposta di legge per i consultori del Lazio prevede la "schedatura" delle donne che si sottopongono ad interruzione di gravidanza. Se continua in questo modo, anche senza bisogno di rivedere la legge 194, tra alcuni anni essa sarà, di fatto, inapplicabile.

E allora che senso ha questa propaganda insistente sulla revisione della legge 194?

Io continuo a pensare che questa propaganda pesante, più che realmente modificare la legge, voglia ristabilire un immaginario perduto, così come lo vuole fare la legge 40. L'imperativo è ristabilire ordine nella procreazione e nel primato della donna. 

Anche la legge 40 ha già pronte nel cassetto proposte di revisione che ne eliminano le parti più attaccabili: la diagnosi pre impianto e la ricerca sulle staminali. Proposte di revisione che vanno nella direzione di confermare il potere dei medici, ma non in quella di garantire la libertà e l'autodeterminazione femminile.

Non dimentichiamo come la situazione reale, ma anche simbolica, della donne sia cambiata negli ultimi 80 anni. Fino al 1919 (che non è poi così lontano), una donna non poteva neppure firmare un contratto di compravendita senza l'avvallo del marito. Fino agli anni '70 si andava in prigione non solo per l'aborto ma anche per la contraccezione: aborto e contraccezione erano considerati delitti contro la stirpe.

Questa situazione è cambiata con l'affermarsi del pensiero e della libertà femminile.

Ed è questa che oggi si vuole affossare, utilizzando il metodo legislativo ma anche con un battage pubblicitario sul valore della vita e sulla donna presentata come nemica della vita, anche quella da lei generata. Una donna che non vorrà generare un figlio non voluto magari potrà ancora farlo, tra mille difficoltà, ma sarà sempre di più considerata una assassina e arriverà a crederci anche lei. Ricordiamo che il ricorso all'aborto è spesso il prezzo pesante che le donne pagano ad una cattiva conoscenza del proprio corpo, alla deresponsabilizzazione del partner e alle difficoltà sempre crescenti di far crescere un bambino.

Possiamo, da ultimo, riassumere in poche parole la legge sulla procreazione assistita da cui siamo partiti:

- l'embrione ha il diritto di nascere in ogni caso e di nascere in una famiglia "normale".

- la donna che desidera un figlio deve aderire a questa etica di stato e sottoporsi al volere dei medici.

Coerenza vorrebbe che i figli delle donne single siano dati in adozione in nome del "sacro diritto" di vivere con un padre ed una madre. 

Del resto già ora i bambini hanno meno diritti degli embrioni. Pensiamo solo a quanti fondi siano destinati per la nascita e quanti pochi per la vita. Pensiamo ai diritti di un feto appena concepito e ai bambini figli di coppie lesbiche che, in caso di morte della madre naturale, vengono sottratti all'altra genitrice, perché non sono suoi figli biologici.

In questa situazione di forte attacco alle libertà individuali e di oblio del pensiero delle donne sul valore dell'accettazione consapevole e amorevole della vita, sta alla nostra intelligenza cercare tutti i sistemi possibili per modificarla.

R. P.



















































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