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Umanità Nova, numero 21 del 12 giugno 2005, Anno 85

La grande disillusione
L'economia affonda, il governo annaspa




Nell'arco di poco tempo, il governo italiano ha ricevuto parecchie tegole in testa. Entrato nell'ultimo anno di vita con una pesante sconfitta elettorale, con votazioni regionali dall'esito inappellabile, il centro-destra berlusconiano ha iniziato una lunga fase di transizione, da concludersi con l'incoronazione di una nuova leadership. La possibilità di arrivare in piedi alle elezioni politiche del 2006 passa anche attraverso una gestione accorta dell'economia in chiave anticiclica e l'alimentazione della speranza di un progetto di ripresa dello sviluppo. Purtroppo per il governo, è proprio su questo terreno che sono arrivati i colpi più pesanti.

Le avvisaglie della tempesta in arrivo erano arrivate sin dall'inizio di maggio. La Corte dei Conti aveva pubblicamente sconfessato il governo nelle sue previsioni di deficit, mettendo in allarme il Parlamento e paventando la possibilità che il rapporto deficit/pil avrebbe potuto attestarsi al 3,5% (ben oltre i parametri Maastricht) solo rinviando al 2006 il rinnovo del contratto del pubblico impiego. Poco dopo i dati della contabilità nazionale segnalavano che nel primo trimestre 2005 il prodotto interno lordo è sceso dello 0,5%: l'annuncio ufficiale che, tecnicamente, il paese è entrato in recessione. Negli altri paesi europei le cose non vanno benissimo: la Francia è salita del solo 0,2%, con una forte caduta dell'export, ma una tenuta della domanda interna; la Germania invece ha stupito con una crescita trimestrale dell'1%, con una massiccia ripresa dell'export, alla faccia della Cina e della svalutazione del dollaro. Il processo di crescita è dunque basso dovunque, ma positivo. In Italia invece si va indietro, per la perdita di competitività sui mercati internazionali, ma anche per la debolezza dei consumi e degli investimenti endogeni. 

Dopo poche settimane, due altre mazzate hanno affondato la credibilità del governo. L'Eurostat ha pubblicato il rapporto definitivo sui bilanci pubblici italiani del 2003 e 2004, rilevando uno sfondamento del rapporto deficit/pil al 3,2% in entrambi gli anni. Tecnicamente si tratta della riclassificazione di alcune poste di bilancio, come i contributi comunitari per la Tav. Politicamente l'Ufficio statistico di Bruxelles giustizia la finanza creativa dell'era Tremonti e l'enorme massa di una tantum che hanno consentito al governo di rimandare le scelte più impopolari di politica economica, alimentando l'illusione che fosse possibile tagliare le tasse senza toccare le spese. 

La seconda stoccata è arrivata dall'Ocse. Secondo l'organismo che raggruppa i 30 paesi più sviluppati, l'Italia avrà nel 2005 una caduta dello 0,6% del prodotto interno lordo, vedrà salire al 4,4% il rapporto deficit/pil e senza interventi correttivi radicali vedrà addirittura impennarsi questo rapporto al 5.1% nel 2006. Secondo l'Ocse il nostro paese ha perso dal 2001 in avanti circa il 25% in termini di competitività del prodotto, ha una produttività che cresce in modo lentissimo, ha una elevata inflazione strisciante dovuta alle elevate tariffe energetiche, all'alto costo dei servizi forniti dai professionisti e agli elevati margini riconosciuti alla grande distribuzione. In buona sostanza, siamo fuori linea. I rimedi proposti sono ovviamente sempre gli stessi: tagliare le pensioni, abbassare i costi, ridurre le tariffe, licenziare i dipendenti in eccesso, completare la precarizzazione del mercato del lavoro, privatizzare quello che resta del patrimonio pubblico.

Di fronte a questo fuoco concentrico, Berlusconi ha reagito alla sua maniera. Ha prima dichiarato che il Pil era sceso nel primo trimestre per le troppe vacanze consentite agli italiani. Poi ha parlato di un paese ricco, gioioso, felice e risparmiatore, denunciando il solito complotto internazionale per screditarlo e rimproverando alla sinistra il solito sfascismo. Del resto, per uno che ha visto negli 11 anni della sua militanza politica attiva (1994-2005) crescere di circa tre volte il proprio patrimonio personale (da 3,1 a 9,6 miliardi di euro), deve sembrare strano che ci siano effettivamente delle famiglie che faticano ad arrivare alla fine del mese. Dall'alto della sua alta posizione in classifica (Forbes l'ha inquadrato al 25° posto nella lista dei più ricchi del mondo), l'uomo di Arcore fatica ad immedesimarsi nella realtà quotidiana dei suoi concittadini.

Nel tentativo disperato di tenere saldo attorno al proprio carisma perlomeno il segmento più benestante della popolazione, Berlusconi ha ricordato come siano saliti i livelli medi di risparmio delle famiglie italiane (124.000 euro a famiglia), la quota di popolazione proprietaria di case (80%), il livello di consumo pro-capite di auto e telefonini. Contemporaneamente cerca di agitare lo spauracchio del ritorno al governo della sinistra, con fantomatici progetti di tassazione della rendita e l'istituzione di patrimoniali secche dettate da un Bertinotti in rinnovate posizioni di forza nei confronti dell'Ulivo. Persino la tenuta dello scudo fiscale, che ha riportato in Italia circa 100.000 miliardi di lire tra il 2002 ed il 2003, viene messa in dubbio dagli stessi autori della legge sul rimpatrio, accelerando il ri-trasferimento all'estero di quello che nel frattempo non è già finito negli immobili o in altre speculazioni finanziarie. 

Lo smottamento del governo è evidente anche nell'attacco inconsueto che la Confindustria muove alle politiche pubbliche, rivendicando maggiore incisività nell'elargizione di contributi, trasferimenti, incentivi e sostegno finanziario ad un sistema industriale in profonda crisi, mentre ancora aspetta di vedere concretamente i 12 miliardi di euro di taglio Irap solennemente promessi. Si assiste così allo spettacolo davvero esilarante di una classe industriale debole, latitante, priva di coraggio ed iniziativa, che impartisce continue ramanzine a quello che è in fin dei conti un loro rappresentante, che ha saputo "farsi Stato", difendere con ogni mezzo i propri interessi, raddoppiare il valore di Mediaset e Mondadori e triplicare quello di Mediolanum, imporsi con la forza delle sue televisioni e fare passare batterie di provvedimenti che hanno salvato la propria fortuna personale, ma anche portato cospicui vantaggi agli industriali tutti. Giustamente Berlusconi rivendica la battaglia contro l'articolo 18, la legge 30, la legge contro il falso in bilancio, la legge per detassare le plusvalenze sui trasferimenti di partecipazioni societarie, l'eliminazione delle imposte sulle successioni. Sono stati tutti provvedimenti a senso unico, non certo a vantaggio delle famiglie operaie. Ma, si sa, chi ha avuto ha avuto… e la riconoscenza e la gratitudine non godono grande considerazione nel parterre di Confindustria. Invece di mettere mano al portafoglio e ritornare ad investire in Italia, i suoi amici industriali comprano immobili a prezzi gonfiati, delocalizzano, vanno a produrre nell'est europeo o in Estremo Oriente, e parlano male del governo.

L'economia certo in questi anni non ha dato una mano. Mentre il centro-sinistra aveva sbattuto contro uno dei più rapidi processi di crescita dell'economia americana degli ultimi 50 anni (1996-2000), capace di trainare l'economia mondiale, con borse in ascesa, capital gain a palate e tasse pagate felicemente da una popolazione in fase di arricchimento, il centro-destra è andato a governare a festa finita, con borse in fase di crollo, fiducia in caduta libera, investimenti e consumi in forte contrazione. Gli Usa avevano dalla loro un ampio avanzo di bilancio, che hanno bruciato completamente dopo l'11 settembre, usando spregiudicatamente leve monetarie, fiscali e valutarie. L'Europa in generale e l'Italia in particolare si sono volute impiccare ai parametri di Maastricht, rinunciando a qualunque politica anticiclica. Il governo paga quindi il prezzo di aver raccontato frottole sul reale stato dell'economia e sulle possibilità concrete di abbassare il carico fiscale. Paga le promesse vuote e demagogiche del "contratto con gli italiani", le mistificazioni tremontiane sul "buco" lasciato dal centro-sinistra, le illusioni seminate ad arte sulla ripresa che era dietro l'angolo e gli impedimenti burocratici e sindacali che impedivano la liberazione del potenziale economico. Ora tutto ciò è chiaramente finito, il re è nudo e non è un bello spettacolo.

Il centro-sinistra è tornato a scannarsi appena si è reso conto che la possibilità di tornare in sella è viva e reale, che la responsabilità di governo è di nuovo vicina e praticabile. Naturalmente la prospettiva di una rinnovata gestione del potere fa sparire i toni paludati di chi fa opposizione per professione. La caduta dell'economia è molto grave e non sarà possibile uscirne a breve, con ricette semplici. Il centrosinistra lo sa, ma la "fabbrica del programma" non può fare altro che macinare le ricette stantie più gradite ai poteri forti, dalla Confindustria alle istituzioni comunitarie, dall'Ocse al Fmi. Accampa il diritto di governare in nome del rigore, della stabilità finanziaria, della capacità di imporre rinunce e sacrifici, sfruttando il consenso sociale, costruito da sindacati amici, in un quadro di concertazione riveduto e corretto.

Sta alla forza dei movimenti dire qualcosa di sinistra. Solo così potremo evitare di assistere ad un passaggio quasi meccanico da un governo di demagoghi pasticcioni ad uno di tecnocrati liberali in salsa catto-comunista, con il compito primario di risanare i conti statali. La ripresa dell'iniziativa sindacale e politica deve partire dalla centralità del salario e del reddito come perno di un rilancio della domanda interna, in chiave di sviluppo e di espansione endogena dell'economia. Ovviamente questo sforzo non può essere circoscritto ad un singolo paese, ma deve investire la vecchia e la nuova Europea, in modo da costruire un modello d'integrazione tra economie in crescita, con opportunità più ricche per tutti e un ruolo propulsivo generale, sul piano delle condizioni materiali di vita, ma anche dei diritti di cittadinanza e delle prestazioni sociali collettive. 

Renato Strumia




















































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