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Umanità Nova, numero 21 del 12 giugno 2005, Anno 85

Machiavelli o Totò?
Ciampi, le forze armate e il patriottismo




Ciampi: "Le Forze Armate sono la concreta espressione dell'Unità Nazionale"
Palazzo del Quirinale, 2 giugno 2005


Il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, in occasione della Festa della Repubblica, ha inviato all'Ammiraglio Giampaolo Di Paola, Capo di Stato Maggiore della Difesa, il seguente messaggio: 

"La solenne ricorrenza della Festa della Repubblica è un'occasione per rivolgere il saluto del popolo italiano e mio personale a voi tutti, uomini e donne delle Forze Armate, che sono la concreta espressione dell'Unità Nazionale. In questo giorno di festa e di ricordi, voglio esprimere un deferente pensiero a coloro che su ogni fronte, durante la Guerra di Liberazione e in tempo di pace, hanno donato la propria vita per la rinascita delle istituzioni democratiche nelle quali noi tutti ci riconosciamo. Il ricordo del loro sacrificio costituisce il patrimonio profondo delle Forze Armate di oggi. È un bene prezioso che avvertiamo maggiormente in questo periodo, mentre stiamo costruendo una Patria europea. L'Italia intera esprime ammirazione e gratitudine a voi che continuate a mantenere vivo il valore delle tradizioni, a rinsaldare l'identità nazionale e a esaltare l'amore di patria. Con questo spirito e con questi valori, ai quali si aggiunge professionalità, determinazione e umanità, avete operato e operate in Italia e all'estero in importanti, delicate e onerose attività operative dedicate alla difesa nazionale, alla salvaguardia della sicurezza, della pace e della legalità internazionale. A voi uomini e donne di ogni Arma e alle vostre famiglie che con voi condividono quotidianamente queste realtà di impegno e sacrificio, ma anche di tanta soddisfazione, rinnovo a nome di tutti gli italiani il sentito ringraziamento e la profonda riconoscenza."

Ho voluto riportare per intero il comunicato di Ciampi al Capo di Stato maggiore della Difesa, perché in queste parole vi è qualcosa di più di una semplice comunicazione ufficiale, ma un vero e proprio programma politico – istituzionale.

Le forze armate italiane compirebbero, secondo il Presidente della Repubblica, quel tragitto di unificazione morale e patriottica che a partire dal periodo resistenziale si ricongiungerebbe idealmente e materialmente alle imprese di "peacekeeping" di attuale svolgimento. In questa prima parte vi è un primo approccio di tipo classicamente riduzionista e quindi votato alla rimozione consapevole e compiaciuta del ruolo ottemperato dalle forze patrie in ambito bellico prima, dopo e durante il secondo conflitto bellico. La situazione per chiunque abbia letto un po'di storia è un tantino più complessa: le forze armate, dapprima impegnate in un lungo periodo di stragismo compiuto ai danni di diverse popolazioni africane (siamo nei dintorni del 1936), assumono un ruolo di primo piano, a fianco dei nazisti, nella guerra di aggressione perpetrata in nome della superiorità politico – razziale ed imperialistica, che va sotto il nome di seconda guerra mondiale. Soltanto con l'Armistizio dell'8 settembre e suo malgrado, una parte delle forze armate cambia alleati, ed una seconda parte, fedele agli impegni presi con il primo contraente, continua a combattere a fianco dei nazisti (Repubblica Sociale Italiana). Altra storia è invece quella di quanti, militari d'obbligo, inviati a massacrare proletari di altri paesi, decide di rompere con il dovere di corpo e si dirige verso la guerra di resistenza e di liberazione. Ma questo serve, in buona retorica a non svalutare nessun combattente, compresi quanti scelgono di stare nelle parti sbagliate o poco raccomandabili. In fondo, ma questo ce lo ricordava già il buon Violante qualche anno fa, ogni scelta in quanto tale è legittima e la legittimità determina, a sua volta, la liceità stessa della scelta e quindi se uno più uno fa due, un partigiano di 17 anni ed un repubblichino di 17 anni, hanno entrambi 17 anni.

Le forze armate formerebbero, in questo contesto storico, quel collante morale che né la politica né la società civile sono più in grado di garantire. Anche questo richiamo all'esercito come forza morale patria fa parte sicuramente di una involuzione antidemocratica di segno abbastanza evidente e tipica di quei regimi autoritari che delegano alle armi i testi ed i contesti che un tempo avrebbero naturalmente lasciati al proprio controllo. Questa crescente militarizzazione fa da buon gioco ad ulteriori intensificazioni di guerra, interna ed esterna, rese possibili da una logica di consenso indotto o estorto, a fronte del quale ogni opposizione diviene automaticamente negazione e rifiuto non tanto e non solo dell'esercito o della guerra in quanto tali, ma anche dei supremi valori patrii di cui le forze armate sono da collante e da tutore, come avviene appunto nelle "migliori" dittature che fino ad oggi si sono affacciate sulla terra. Le botte contro il piccolo corteo antimilitarista di Roma stanno tutte dentro questa logica, che è la logica di quelli che vogliono far passare le guerre imperialistiche per interventi umanitari: "Questi sono valori che fanno parte del nostro DNA e che a volte si traducono con il termine 'umanità', anche se a me piace credere che siano valori propri dell'umanesimo italiano. Nella mia recente visita a Nasiriyah, mi hanno portato ad assistere ad un'attività di sostegno e di dialogo con i capi di un villaggio locale. Ricordo che ero seduto nella tenda, assieme ad altri ufficiali della missione, a parlare e a tentare di instaurare un rapporto di amicizia con i capi e gli anziani del villaggio. Mentre ciò accadeva, al di fuori, tutto intorno, erano in corso attività di tipo umanitario: c'era l'assistenza medica che veniva fornita alle donne e ai bambini, c'era la distribuzione del materiale scolastico, così come c'era del personale intento a capire quali fossero i bisogni di quel villaggio per poter poi intervenire. Ecco, questo è il secondo pilastro, l'aspetto 'umanesimo'. Il successo di questa attività era, poi, reso possibile dalla sorveglianza discreta con mezzi all'avanguardia, anche di tipo elettronico UAV, sia dall'alto che da terra. L'elevata e sempre discreta professionalità abbinata al nostro umanesimo. È questa la 'via italiana al peacekeeping'!" 

Anch'io, forse, sarei disposto a colloquiare amabilmente se sapessi che la mia famiglia ed i miei amici hanno le armi puntate addosso e probabilmente, se non riuscissi a fare altro, diventerei pure "amico" di coloro che mi stanno gentilmente chiedendo di socializzare con loro, specie se hanno dollari da spendere, mentre gli altri forestieri armati di tutto punto stanno distraendo il paese con piccoli regali di necessità che, se non ci avessero fatto la guerra contro, probabilmente avremmo di nostro senza doverli andare a mendicare.

In questa intervista il capo di stato maggiore si sarà ispirato al compianto umanesimo del Machiavelli o al mai troppo apprezzato Totò?

Il caraibico




















































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