Umanità Nova, numero 21 del 12 giugno 2005, Anno 85
Quando scioperano gli autoferrotranvieri e, soprattutto, quando
scioperano su di una convocazione del Coordinamento dei sindacati di
base, la memoria va agli scioperi autorganizzati del dicembre gennaio
del 2003/2004.
Lo sciopero del 1 giugno non ha avuto caratteristiche simili ma le adesioni sono state tali da rendere evidenti che settori ampi della categoria sono esasperati e non hanno fiducia nei sindacati istituzionali che, pure avevano, indetto uno sciopero nei giorni precedenti.
La protesta, secondo le stesse ammissioni delle aziende di trasporto, ha raggiunto adesioni altissime a Milano, Bologna e, per la metropolitana, anche a Roma. A Milano, in particolare, le adesioni sono arrivate al 100% anche per la concomitanza di uno sciopero del Comu. La percentuale degli scioperanti è stata alta anche a Torino dove la quota delle adesioni è nettamente cresciuta nel pomeriggio: per il coordinamento dei sindacati di base avrebbe aderito l'80% del personale viaggiante mentre anche per l'azienda di trasporti la percentuale media sarebbe stata del 50%, più alta in città e meno per le linee extraurbane. A Bologna, poi, l'adesione alla protesta sarebbe stata del 95%. Lì infatti hanno scioperato sette sigle sindacali: le categorie dei confederali, Fisa-Cisal, Ugl, Rdb-Cub e Sult; tutti insieme per chiedere il rinvio della gara pubblica sul servizio di trasporto pubblico locale, per una clausola sociale a tutela dei diritti dei lavoratori e per respingere l'attacco al trattamento di malattia.
Vale la pena, a questo punto, di far parlare i protagonisti dello sciopero:
"Come in tutta Italia manifestiamo contro il tentativo di annullare
l'indennità di malattia - ha spiegato Danilo Scattolin, della
Cub trasporti regionale. È un atto vergognoso perché fa
tornare indietro di 25 anni i lavoratori del trasporto pubblico,
cioè quando si stabilì con il contratto nazionale il
diritto del pagamento dei primi tre giorni della malattia a carico
delle aziende. Se si continuerà con questo intento quello di
oggi non sarà l'ultimo sciopero". Non è una protesta per
ottenere più soldi, precisa Scattolin: "Noi non vogliamo una
lira in più quando siamo in malattia, il fatto è che non
vogliamo neanche una lira in meno. Qualcuno ha detto che quando siamo
in malattia percepiamo più soldi di quando siamo in servizio.
È vero, ma omette il fatto che poi ci vengono trattenuti dalle
tredicesime e dalle quattordicesime, per cui non cambia nulla".
Da "Il Gazzettino" del 1 giugno
A livello più generale, è importante comprendere perché uno sciopero indetto fuori dal controllo dei sindacati istituzionali sia riuscito in misura consistente.
"Secondo i tranvieri ribelli, Cgil Cisl e Uil sarebbero intenzionate
a chiudere la partita con le associazioni datoriali penalizzando i
lavoratori nella retribuzione dei primi 3 giorni di malattia, in nome
della lotta all'assenteismo… Respinta anche l'ipotesi di mediazione
circolata in questi giorni di una rinuncia all'indennità di
malattia da parte dei lavoratori in cambio del rinnovo della parte
economica del secondo biennio, che scadrà a dicembre: "Un
ignobile ricatto".
Al contrario, i sindacati di base hanno presentato una propria
piattaforma rivendicativa per il rinnovo del contratto "nella quale
spicca la necessità di intervenire sulla parte economica
stabilendo regole certe ed esigibili per il finanziamento del trasporto
locale, per la parte normativa la volontà di ostacolare le
flessibilità previste dalla legge 30 e per gli aspetti
previdenziali del settore la necessità della tutela dei
lavoratori per quanto riguarda il lavoro usurante, le malattie
professionali, la diaria di malattia ecc."
Da "Liberazione" del 31 maggio
È interessante, a questo punto, la prima risposta del
governo: "Uno sciopero di 24 ore per bus, tram e metro, che si è
svolto nel rispetto delle fasce di garanzia, ma che è stato
stigmatizzato dal ministro dei Trasporti. "C'è chi sciopera non
rendendosi conto della situazione delicata del Paese" ha detto Lunardi
che ha accusato i Cobas di non essersi 'messi una mano sulla
coscienza'."
Da "La Gazzetta del Sud" del 1 giugno
Il riferimento alla coscienza da parte del responsabile dello sfascio della Valsusa, per fare un solo esempio, è assolutamente suggestivo. Gli autoferrotranvieri dovrebbero rinunciare a una quota di salario per sanare la "situazione delicata" del paese.
Interessante anche la razione della CGIL che, a Venezia, si è posta a difesa degli utenti contro i lavoratori in sciopero:
"Intanto la Filcea Cgil denuncia le difficoltà dei lavoratori
delle vetrerie. 'Da anni chi lavora nell'isola - dice Davide Camuccio -
denuncia gravi disagi per andare al lavoro, soprattutto nei mesi di
afflusso turistico. Quotidianamente i lavoratori si trovano accalcati
sui vaporetti, senza contare il rischio di perdere la corsa. In questo
modo spesso il viaggio di ritorno verso la terraferma diventa
un'odissea per questi lavoratori che si alzano alle quattro di mattina'"
Da "Il Gazzettino" del 1 giugno
Un bell'esempio di solidarietà di classe, non c'è che dire.
Sempre a proposito di solidarietà di classe, può valere la pena di leggere quanto afferma Roberto Farneti in "Liberazione" del 1 giugno: "E qui si arriva al punto: invece di fare come i polli di Renzo, che si beccavano tra di loro mentre andavano al macello, aziende e sindacati dovrebbero essere capaci di unire le forze e condurre una vertenza comune per indurre l'esecutivo a rimettere ordine in un settore abbandonato da troppi anni. 'Il vero responsabile dello sciopero nel trasporto pubblico locale - sottolinea il presidente di Met. Ro. Stefano Bianchi - è il governo, che nella Finanziaria 2005 ha tagliato i fondi per l'indennità di malattia e che non paga nulla'."
In altre parole, prove tecniche di partito di lotta e di governo. L'associazione delle aziende non sarebbe più una controparte ma un alleato nei confronti del governo di destra. Sarà interessante il modo di porsi del PRC quando il governo sarà di sinistra.
In estrema sintesi, lo sciopero del 1 giugno prende le mosse da una questione importante ma limitata come la retribuzione della malattia ma rimanda ad una serie di problemi generali quali il modo stesso di costruire la piattaforma contrattuale e le rivendicazioni dei lavoratori. Sulla prima questione, è evidente che le eventuali condizioni di miglior favore – quando si smetterà di chiamarle privilegi? – non vanno tagliate a chi ne gode ma estese a chi ne è escluso, sulla seconda si apre una partita importante che va seguita con attenzione.
Cosimo Scarinzi