Umanità Nova, numero 22 del 19 giugno 2005, Anno 85
Confesso che i sintomi sono da senilimento precoce. Già l'assenza di stupore, anzi l'ammirazione vera e propria, verso il Sommo Autore che ha indovinato con precisione l'essenza della "libertà anarchica”, ossia la libera unione e disunione di fatto, senza alcuna necessità di ricorrere a certificazioni altrui. Certo, l'aggettivo non era elogiativo, ma per noi sì, e tanto basta per ritrovarsi garantiti nelle proprie certezze, a contrario, proprio grazie all'autorevole (e autoritativo) parere del buon pastore tedesco…
Poi, addirittura, la condivisione di uno slogan, strumentale certo, incoerente evidentemente, ma non per noi, quale quello adottato dai cattolici "ufficiali” per invitare all'astensione nei referendum appena passati: "La vita non vale un voto”.
In effetti, è difficile per noi anarchici non fare nostro quello slogan, breve, efficace, didattico, immediato nella formulazione. Paradossale che per i cattolici la vita di cui parlano sia la pre-vita di un embrione il cui statuto ontologico e epistemico è per giunta oggetto di feroci discussione in sede scientifica e culturale, prima che politica. Ma poi mica tanto, visto che, sempre per i cattolici, la vera vita non è quella mondana, bensì quella ultraterrena, post-mortem, che poi non è vera morte, bensì l'accesso alla vita eterna… ma qui già non li seguo più.
Per noi la vita è "sacra”, ossia innalzata ad una pratica che la valorizza assai, e vale da quando si nasce a quando si muore. Il prima e il poi sono misteri filosofici, interessanti per carità, ma che non incidono in nulla nella determinazione della "vita-fra”, ossia quell'asse di tempo e di spazio - più o meno lungo dipende dai contesti materiali di esistenza, di civiltà nella quale casualmente si viene al mondo - che separa una nascita da una fine, a prescindere pertanto dall'esatta definizione scientifica, fideistica o razionale che di queste si voglia dare. A noi anarchici basta dare rilievo, forte, alla vita semplice, quella che si vive ordinariamente. Dappertutto, in ogni latitudine.
Proprio per questo lo slogan è importante per noi: la vita non vale un voto significa sottrarre tutto ciò che ha attinenza al valore della vita, quella vissuta e quella percepita nella tensione di ciascuno di noi esseri umani viventi (ma il discorso si allarga anche agli esseri viventi non-umani, con qualche distinguo qui secondario) dai giochi della politica, dalle arroganze del potere monocratico, dalle bizze delle élite oligopolistiche, dalla fluttuanti maggioranze democratiche. Come affidare una cosa importante al calcolo di un esercizio del potere che, fra l'altro, storicamente non ha fatto che calpestare la vita ovunque?
Dunque, la vita non può essere regolata col voto, tanto
più che oggi questo esercizio del potere si dimostra essere
sempre più un esercizio biopolitico del potere, ossia legato
direttamente alle sorti della vita del pianeta. Pensiamo alla guerra
che dà quotidianamente morte; pensiamo alla povertà di un
notevole segmento della popolazione mondiale, magari residente in aree
ricche del pianeta, ma sfruttate, vessate, depredate da secoli, con il
risultato dell'abbassamento dei livelli di aspettativa di vita,
dell'innalzamento della morte prematura, della mortalità
infantile, ecc. Pensiamo ai disastri ecoclimatici che moltiplicano
malattie e precipitano la terra sul ciglio di un abisso di
irriproducibilità della vita (e il Trattato di Kyoto è
largamente insufficiente a rimediarvi, comunque la toppa è
persino rifiutata dai responsabili dell'effetto-serra che
soffocherà l'intera popolazione mondiale solo se la Cina, tanto
per fare un esempio, pretenderà di svilupparsi alla maniera
occidentale, un'autovettura a famiglia nei prossimi decenni e 300
milioni di marmitte catalitiche diffonderanno benzene e piombo per i
polmoni di tutti noi, anche a migliaia di chilometri di distanza).
Ebbene, come si fa ad affidare al voto politico la decisione su questi
temi? Come si fa a delegare alla politica professionale, protesa alla
propria riproduzione in quanto elite al potere, corrotta e corruttrice
non per deficit morale bensì per ragione di vita (loro…)
questioni attinenti all'esistenza e al futuro dell'esistenza del mondo?
Potremmo ricorrere a tanti altri esempi, dalla pena di morte come sanzione estrema in vita (altro che aborto o embrionicidio!) alle leggi che respingono i migranti verso terre in cui sono destinati alla morte sicura per mano armata dei conflitti disseminati dappertutto o per mano altrettanto mortale di malanni, miseria, virus tranquillamente debellabili con i farmaci già esistenti, per non dire della mancanza di cibo in un pianeta che produce un surplus alimentare mal allocato.
Per ognuno di questi e altri temi individuabili, in cui è in gioco, ogni giorno, la vita di un uomo o di una donna, di una bambina o di un anziano, al di qua delle differenze di genere, di orientamento sessuale, di credo religioso, di lingua parlata, di ideologia professata, ebbene è possibile mostrare con evidenza dei casi come sia irresponsabile affidare la vita al voto. Mai, per nessun motivo.
Salvo Vaccaro