Umanità Nova, numero 23 del 26 giugno 2005, Anno 85
In una società dall'identità debole, oppressa da problemi economici, paurosa del domani, gelosa di quel poco benessere che le resta, trova alimento il fascismo, fenomeno complesso nella sua natura identitaria, economica, sociale, politica. Il fascismo come storicamente in Europa si è determinato è fenomeno politico che sorge e si sviluppa all'interno di società democratiche che abdicano alle loro prerogative a favore dell'autoritarismo. Attraverso la combinata azione sul piano politico istituzionale e della violenza di strada, fascismo prima e nazismo poi, si sono affermati definitivamente per via di elezioni, finanziati dai padroni per i quali ordine é sinonimo di affari. I sintomi del fatto che sia in incubazione un progetto autoritario in questo paese sono molteplici.
Il primo, e che dovrebbe essere sotto gli occhi di tutti, è costituito dal progetto di riforma costituzionale approvato dalla maggioranza berlusconiana, tutto sbilanciato a favore del primo ministro, con poteri ampli fino alla possibilità di sciogliere il parlamento, premier munito di ogni strumento utile a governare. L'iter per l'approvazione di tale riforma costituzionale non è breve, ma il dato politico è che esiste già l'architettura di un nuovo ordinamento costituzionale, radicalmente in opposizione a quello della Costituzione del 1948. Si condensano le spinte eversive della P2 e delle picconate di Cossiga con il decisionismo craxiano, sirena cui le orecchie di una bella fetta di sinistra italiana che invidia Tony Blair non sono rimaste insensibili. Fu accettato dall'Ulivo con la commissione bicamerale di metter mano alla costituzione uscita dalla seconda guerra mondiale e l'attuale governo ha finito per farsi la sua riforma costituzionale da solo. Quel che va sottolineato è l'antifascismo che connaturava di sé tutta la Costituzione del 1948, nella quale era posto come obiettivo di tutta la Repubblica la rimozione delle differenze di ordine economico e sociale che di fatto rendono impossibile la libera estrinsecazione della persona, di ogni singola persona o, meglio, di ogni lavoratore, proprio perché nel lavoro era individuato il fulcro della cittadinanza, secondo la migliore tradizione liberale, socialista, cattolico democratica europea.
Su cosa taglia invece il fascismo? Proprio sulla questione sociale e sulla partecipazione. Il fascismo scinde diritti politici e diritti sociali. Una società è tanto più fascista quanto più i diritti politici vengono elisi, anche solo per spoliticizzazione della società stessa. Il governo della società diventa un affare di pochi, al limite di uno solo, il capo, che, come in ogni famiglia che si rispetti, è padre e sa qual è il bene di tutti. La società non è attraversata da conflitti basati sulle differenze economiche e di classe, ma è un tutto organico in cui padroni e operai collaborano al bene comune. Il fascismo non è solo fatto istituzionale: è, forse di più, fatto economico, asservimento di tutta la società alla produzione, mistificazione della supremazia capitalistica e dei rapporti di sfruttamento sotto il velo dell'interesse comune del paese.
L'antifascismo, a sua volta, non è solo affermazione dei diritti politici individuali, ma analisi della centralità della questione sociale e dei rapporti economici nella loro ferrea e cruda capacità di determinare la vita delle persone e lotta per la loro rimozione. Libertà ed eguaglianza sono inscindibili.
Nel disegno autoritario che si va delineando, un posto centrale lo ha la paura: paura dell'altro, paura del domani. Nel nostro paese da almeno un decennio si è permesso ad organizzazioni come la Lega e poi le varie Forza Nuova e gruppi nazisti per i quali sangue e onore sono i valori da affermare di esistere e proliferare. Si è tollerato, fino a che un fatto di cronaca banale nella sua tragicità (un giovane del varesotto che cercava di dividere due albanesi che litigavano è stato accoltellato a morte) ha scatenato una vera e propria caccia allo straniero per il paese dove il fatto è avvenuto.
Al tempo stesso, gruppuscoli neonazisti fioriscono in molti quartieri periferici, tollerati da forze dell'ordine e politici. Il neonazismo e il fascismo si alimentano del disagio additando un capro espiatorio, come sempre, in tutto ciò che è altro, diverso, in primo luogo gli stranieri. Un meccanismo collaudato, un meccanismo che funziona se non vi è una controspinta forte, una proposta chiara di società, appunto, antifascista e, in quanto tale, di liberi ed eguali.
In questi giorni assistiamo al moltiplicarsi di aggressioni al coltello da parte di gruppetti di teste rasate contro centri sociali e altri loro nemici. Sullo sfondo del progetto politico autoritario di riforma della costituzione, in un momento di forte stagnazione e di crisi economica, vengono sguinzagliati i servi idioti dei padroni a ferire e provocare. Ricordiamo di passaggio quante inchieste oggi sono aperte nei confronti di realtà che hanno posto la questione sociale (casa, reddito, accoglienza degli stranieri), tutte inchieste accomunate dalla contestazione degli artt. 270 e 270bis del codice penale, associazione sovversiva e associazione finalizzata all'eversione dell'ordine democratico. Ebbene, da un lato la pressione della magistratura e della polizia; dall'altra le lame delle teste rasate. Pare evidente che qualcuno stia facendo un test di resistenza sulla determinazione e compattezza di forze che si oppongono al disegno in atto di restringimento degli spazi di libertà e di lotta sulla questione sociale, nei fatti e non solo a parole.
La macchina simbolica del capro espiatorio è all'opera ed esige sacrifici e, purtroppo, son sacrifici di sangue. Qualcosa di ancestrale e profondo agita sottopelle le società postmoderne: la paura, che per sua natura informe ed indeterminata si deve oggettivare in un volto, un colore, una figura. Se colpa c'è, qualcuno la deve portare. Ma il difetto sta nel manico, cioè nella premessa, in quella colpa: sofferenza del vivere male che altro non è se non la percezione soggettiva dello sfruttamento come fatto in-determinato, appunto, ancestrale, piuttosto che determinato, storicamente posto creato e realizzato.
Questa società cova l'uovo del serpente in cui paure antiche si fan massa e materia. Vi parrà strano, ma l'uovo del serpente è in realtà fatto di molle materia che fugge sotto le dita, se solo la mano ferma vince la paura.
Simone Bisacca