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Umanità Nova, numero 23 del 26 giugno 2005, Anno 85

Casa dolce casa
Un poker giocato con le carte truccate



Ci sono statistiche che mi fanno incazzare.

Una di quelle che mi causa più rabbia è quella secondo cui, in Italia, l'80% delle famiglie italiane ha una casa di proprietà. 

Visto che tra i non proprietari ci sono gli inquilini dello IACP e quelli in affitto agevolato dagli enti previdenziali sembrerebbe proprio che la casa, in Italia, non sia un problema per nessuno.
Ora visto che, secondo un'altra statistica, in tutta Italia gli affitti sono aumentati negli ultimi sei anni, in media, del 70% (dell'85% nelle grandi città, del 140% a Roma, del 100% a Torino, Catania e Verona) non si capisce come mai uno, pur avendo una casa, debba spendere un sacco di soldi per affittarne un'altra.

L'unica spiegazione possibile delle due statistiche, che però non viene mai data, è che le case di proprietà delle famiglie sono al paesello e non nelle città dove uno lavora e dove, invece, è costretto a stare in affitto.

Ovviamente, non è la statistica in sé che mi fa incazzare, ma l'uso che se ne fa. Le statistiche, se non sono inventate, esprimono dati riassuntivi di una situazione per fornire, sinteticamente, un quadro della situazione stessa e di come evolve. La statistica sul numero dei proprietari di case non serve a spiegare le dinamiche del mercato immobiliare in Italia ed è stata utilizzata per giustificare i tagli all'edilizia economica e popolare.

Infatti, nonostante il costo dell'affitto sia diventato un dramma per molte famiglie la costruzione di nuovi alloggi sovvenzionati è passata da 34.000 abitazioni nel 1984 a 1.900 nel 2004.

D'altro canto non dimentichiamoci che il presidente del consiglio, anche se in maniera poco chiara, i soldi li ha cominciati a fare con gli immobili ed ha tutto l'interesse a farne crescere i valori di mercato.
Che i valori di mercato degli immobili siano aumentati lo ha testimoniato anche il Censis con la sua ultima ricerca dove ha dichiarato che "Gli italiani si sono patrimonializzati": hanno cioè aumentato il valore propri patrimoni. 

Peccato però che, se io ho una sola casa, dove vivo, non ho alcun giovamento se questa (contemporaneamente alle altre) aumenta di prezzo.
Gli unici ad avere vantaggi saranno quelli che, possedendone molte, potranno venderle (o darle in affitto) monetizzando l'accresciuto valore.

Probabilmente è per questo motivo che la quota di patrimonio posseduta dal 5% delle famiglie italiane più ricche è aumentata, negli ultimi dieci anni, dal 27% al 32%. Tanto per capirlo meglio: i più ricchi prima possedevano un quarto dell'Italia (Colosseo e Uffizi compresi) oggi ne possiedono un terzo.
E, visto che l'economia assomiglia molto a un gioco "a somma zero" (come il poker), se qualcuno ci guadagna, qualcun altro ci rimette.

E a rimetterci è il resto delle famiglie italiane, anche quelle che prima riuscivano a cavarsela. Dieci anni le famiglie con due stipendi ne usavano uno per comprarsi casa con il mutuo. Oggi, con l'aumentato costo delle case, con uno dei due stipendi si riesce a pagare solo l'affitto mensile, senza alcuna speranza di affrancamento da questa moderna servitù. E non parliamo dei precari, dei monoreddito, dei disoccupati e dei sottoccupati che la speranza di uscirne fuori non l'avevano neanche prima.
Oltre tutto è un poker giocato con le carte truccate: il 35% degli acquisti di immobili viene fatto in contanti, senza accendere un mutuo (come fanno le famiglie) o un contratto di leasing (come fanno le imprese): chissà da dove vengono questi soldi.

Insomma chi vince - sempre - a questo poker truccato sono quei 195mila italiani (3,7 % in più del 2003) che, secondo l'annuale ricerca della Merrill Lynch sulla ricchezza (uscita in contemporanea al rapporto Censis) hanno un patrimonio personale superiore al milione di dollari.
Se poi uno scava, va oltre i semplici numeri e cerca di scoprire chi siano fisicamente questi nuovi ricchi, rimane sorpreso nello scoprire i soliti nomi, quella della stessa compagnia di giro che compare in tutti i giornali finanziari a proposito di scalate, di OPA, di controscalate e di passaggio di pacchetti azionari: sembra proprio che in Italia i soldi li abbiano solo loro.
I nuovi padroni della finanza sono i Coppola, gli Statuto, i sempiterni Caltagirone, Zumino, Ligresti, Lotito, Gnutti, l'emergente Ricucci.
Il più noto a chi non legge le pagine finanziarie dei giornali, è probabilmente Stefano Ricucci, grazie al suo fidanzamento con l'ex starlette Anna Falchi.

La sua storia fa capire cosa c'è dietro le statistiche. 

Stefano Ricucci è di San Cesareo (Zagarolo) in provincia di Roma, il padre faceva l'autista dell'ATAC e lui, studiando di malavoglia, si è preso prima il diploma di odontotecnico e poi un paio di denunce per esercizio abusivo della professione medica (visto che si spacciava per dentista). Nel 1990 dichiarava 42 milioni di lire l'anno, nel '95 (dopo le denunce) solo 5 milioni. Insomma, un poveraccio come tanti. 

Poi la svolta, quasi miracolosa. 

Decide di mettersi a fare il palazzinaro. 

All'inizio non ha molta fortuna. Si becca addirittura una segnalazione dalla centrale rischi della Banca d'Italia che gli causa la chiusura dei conti bancari che aveva col Credito Italiano e con la Cariplo.
Per sua fortuna La Banca Agricola Mantovana, che a Roma non aveva neanche una filiale, decide di finanziarlo nella sua attività immobiliare a Roma (ancora non si è capito perché l'abbia fatto, ma così va il mondo).

Esplode il fenomeno Ricucci: la sua società, la Magiste, dichiarava, nel 2002, un patrimonio di 600 milioni di Euro.
Oggi dichiara ha un patrimonio di un paio di miliardi di euro che, se uno va a spulciare (e ultimamente lo stanno facendo in molti) scopre che sono incredibilmente gonfiati: ci sono banche che gli prestano soldi per comprare azioni che poi gli cede in garanzia del prestito che gli hanno fatto. 

Anche i palazzi che possiede, valutati 560 milioni di euro, sono sicuramente sopravvalutati. La valutazione è fatta prevalentemente (per 450 milioni) su sei immobili: due palazzi a Roma (Via Ferdinando di Savoia 1 e Via Lima 51-53), Villa Feltrinelli sull'Argentario, tre palazzi a Milano (Via Borromei 5, Piazza Durante 11 e Via Silvio Pellico 4). Tutti questi palazzi sono stati comprati, di recente a prezzi molto inferiori o sono stati "girati" a Ricucci dalle stesse banche che lo finanziano.
Con questi soldi Ricucci è entrato in tutte le partite azionarie in corso in questo periodo: è azionista della Banca Nazionale del Lavoro, della banca Antonveneta, della Banca Popolare di Lodi, sta addirittura comprando il Corriere della Sera (attraverso l'acquisto di azioni della RCS, che lo possiede). 

Insomma, nel poker immobiliare, non c'è solo chi gioca con le carte truccate, ma anche chi bluffa.

In attesa che questo caravanserraglio di prestanome, nuovi ricchi, geni del mattone e della finanza vada a tenere compagnia ai loro predecessori Sindona, Calvi, Bagnasco, Mondella, Cultrera, Fiorini, Sgarlata, o si affermi come il loro idolo Berlusconi c'è solo un modo per non rimetterci qualcosa: non giocare al loro gioco.
Non c'è nulla da fare: alcune statistiche che mi fanno comunque incazzare, anche quando vado a vedere cosa (e soprattutto chi) c'è dietro.

Fricche



































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