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Umanità Nova, numero 23 del 26 giugno 2005, Anno 85

Militari alla sbarra?
Argentina: annullate le leggi del perdono



Nell'aprile del 1976 un colpo di stato militare sconvolse l'Argentina e, come aveva promesso il generale Jorge Rafael Videla nel dicembre precedente "se è necessario scorreranno fiumi di sangue", una durissima repressione colpì non solo quanti dal 1965 in poi avevano dato vita ad un esteso movimento di opposizione sociale, i militanti della lotta armata, ma anche a quanti esprimevano la coscienza critica del paese: scrittori, giornalisti, intellettuali, artisti, attori di teatro (quattro teatri incendiati solo perché mettevano in scena testi considerati inaccettabili).

Circa 30.000 persone scomparvero nel nulla, molte altre furono costrette all'esilio, nel pressoché totale silenzio dell'opinione pubblica internazionale. 

La giunta militare negava l'evidenza con il sostegno delle gerarchie della Chiesa cattolica, gli Stati confinanti erano dominati da dittature altrettanto sanguinarie, gli USA avvallavano dopo aver addestrato i militari assassini nelle loro scuole di tortura, l'Unione Sovietica ed i suoi alleati davano un appoggio "critico" alla giunta per impedire, dicevano, che "gli elementi più fascisti delle forze armate" prevalessero sul governo. 

Nel 1978 l'Argentina organizzò i campionati del mondo di calcio e li utilizzò, come si fa in queste occasioni, per valorizzare la sua immagine a livello internazionale. Intanto nelle sue carceri, clandestine o meno, illegali o meno, languiva un'intera generazione tra torture inimmaginabili, violenze sessuali, espressioni del lato più oscuro della natura umana potenziata dal potere gerarchico e certa della più completa impunità. Nella Scuola di Meccanica dell'esercito, a due passi dallo stadio del River Plate, dove si giocavano le partite, la macchina della morte lavorava a pieno regime, coperta dai grandi mezzi d'informazione.

Innumerevoli le testimonianze di tali atrocità: dall'assassinio di Azucena Villaflor, l'organizzatrice del primo gruppo di Madri dei "desaparecidos" che fece la propria comparsa nella centralissima Plaza de Majo già nel 1977 e che hanno rappresentato fino ad oggi la volontà indomita di non far passare sotto silenzio i crimini del regime, a quello di Haroldo Conti, uno dei migliori scrittori del paese, ma l'elenco sarebbe troppo lungo e le inevitabili omissioni farebbero torto alle innumerevoli vittime.

Il fallimento del piano economico del regime di stampo liberista, la conseguente ripresa d'iniziativa dei lavoratori messi alle strette dalla crisi economica e che ricominciavano a scavalcare le burocrazie sindacali allineate al regime, spinsero i militari, capeggiati dal generale Leopoldo Galtieri all'avventura bellica di riconquista delle Malvinas, le isolette dell'oceano atlantico fino allora colonia britannica. La guerra avrebbe dovuto servire, come al solito, a riaccendere lo spirito d'unione nazionale e a riversare sul nemico esterno la pressione che stava crescendo all'interno del paese. Dopo la guerra "sporca" contro la "sovversione" degli anni precedenti era l'ora della guerra "pulita" contro gli odiati inglesi.

La sconfitta sul terreno di battaglia, con il suo migliaio di morti tra gli argentini e i cinquecento britannici, accelerò però la crisi del regime e costrinse i militari a negoziare il ritorno alla "legalità" costituzionale e ad un nuovo governo, quello del radicale Alfonsìn, uscito vincitore dalle elezioni dell'ottobre del 1983. Dopo la sua elezione Alfonsín diede vita alla CONADEPP (Comisión Nacional sobre la Desaparición de Personas), la quale preparò un rapporto sulla repressione militare. Nel 1985 un tribunale federale giudicò i membri della giunta militare e li condannò per il crimine di lesa umanità. Di fronte alla reazione dei militari che minacciavano altri sollevamenti golpisti il governo però fece marcia indietro e fece approvare delle leggi che bloccavano i processi. Migliaia di persone scesero in piazza contro questa decisione di patteggiamento con gli assassini, ma senza esito. Successivamente l'altro presidente, il peronista Menem, promulgò l'indulto nei loro confronti. Le proteste però non cessarono.

Ci sono voluti vent'anni per arrivare alla recente sentenza della Corte costituzionale argentina, vent'anni di mobilitazioni delle indomite Madri e dei gruppi di difesa dei diritti umani come l'APDH (Asamblea Permanente por los Derechos Humanos), ci sono volute le mobilitazioni popolari degli ultimi anni e la ripresa di protagonismo delle classi popolari a far sentire sul collo delle gerarchie politiche e militari il fiato di un'insofferenza crescente alla corruzione ed alla impunità. Ora si tratterà di vedere se la giustizia di Stato vorrà colpire veramente gli assassini o se tutto si risolverà in un balletto alla cilena, fatto di schermaglie e di scappatoie, buono solo a tacitare le anime belle, ma non di risolvere il problema di una necessaria e dura punizione, che solo la giustizia popolare può garantire.

Massimo Varengo

ringrazio Carlos A.Solero, Eugenia e Augustin Calvo per le informazioni inviatemi



































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