Umanità Nova, numero 25 del 10 luglio 2005, Anno 85
Tirava un po' d'aria. Per la prima volta da giorni una brezza lieve smorzava il caldo feroce.
Porta Susa nel pomeriggio del primo sabato di luglio era invasa dalle
camionette di polizia e carabinieri: uno schieramento imponente per far
fronte ad un'emergenza annunciata, gridata, creata per giorni e giorni
dalla stampa cittadina e rimbalzata sin su scala nazionale. Il clima
era pesante: da autentico linciaggio.
Venerdì 30 giugno gli "strilli" de "La Stampa" gridavano "città blindata per il corteo degli anarchici": nelle pagine interne l'articolo, nonostante toni più morbidi di quelli dei dieci giorni precedenti, era corredato da foto di tavolini in fiamme e, in sovrimpressione, il percorso del corteo indetto dalla FAI per il giorno successivo. Un autentico capolavoro dell'espressionismo sabaudo, che faceva il paio con le farneticazioni del fogliaccio fascista "Torino Cronaca" che titolava sulla minaccia "degli squatter contro i saldi". I negozianti di via Cernaia in rivolta contro il questore che aveva consentito il corteo dei vandali trovava il proprio contrappunto nelle farneticazioni del (post) fascista Ghiglia che invocava il divieto sul corteo. Era l'epilogo di una campagna mediatica che aveva toccato il proprio culmine la domenica precedente, quando i due principali quotidiani torinesi, La Stampa e Repubblica, si erano contesi la palma del miglior imbastitore di teoremi.
Dall'"equivoco" sull'omonimia tra uno degli aggrediti del Barocchio
e un ex BR alla tesi "autorevolmente" sostenuta da Saverio Vertone che
il corteo antifascista caricato dalla polizia il 18 giugno era diretta
emanazione della cosiddetta FAI informale.
Autentici capolavori di menzogna intenzionale per far crescere l'allarme, per tenere lontana dal corteo la gente.
Poco a poco la gente è arrivata: oltre alle varie delegazioni venute in solidarietà da fuori Torino, erano presenti soprattutto torinesi, antifascisti, anarchici, comunisti, sindacalisti. Gente venuta a ribadire quello che le cariche di polizia, la criminalizzazione mediatica, il linciaggio istituzionale avevano voluto mettere in secondo piano, minimizzare, cancellare: che in questa città, dimentica della propria storia ed impantanata in un futuro di cemento, soldi e pulizie al manganello, i fascisti scorazzano impunemente, protetti da chi ha bisogno di truppe di complemento per mantenere bene in ordine i "propri" affari.
È bene ridirlo: le coltellate fasciste inferte con chiara
volontà omicida al Barocchio sono arrivate ad una settimana
dalla grande marcia antiTav Susa-Venaus, mentre, in Val Susa, partivano
i blocchi a Borgone, Bruzolo, Venaus, e, silente ma costante, il
lavorio istituzionale tentava manovre per erodere il fronte, per
dividere l'opposizione ad un opera di devastazione ad alta
velocità.
Niente di meglio che una bella "emergenza" sull'ordine pubblico col
mirino puntato sugli anarchici per intorbidire la acque, e, tanto per
gradire, preparare una nuova montatura giudiziaria preconizzata dalle
parole del PM Tatangelo nella requisitoria contro Massimiliano e
Silvio, i due anarchici arrestati durante le cariche al corteo
antifascista del 18 giugno.
Una trappola ben congegnata, una trappola dalla quale gli
antifascisti torinesi han saputo sfuggire, con un intenso lavoro di
controinformazione e con la volontà di costruire iniziative di
lotta capaci di rompere l'accerchiamento mediatico e istituzionale.
Il corteo del 2 luglio è stato il primo passo. L'ampia
solidarietà espressa agli antifascisti arrestati due settimane
prima e trattenuti in carcere grazie alle menzogne della polizia e
all'accanimento del famigerato Tatangelo ha dato i suoi frutti:
Massimiliano e Silvio erano stati liberati il giorno prima del corteo
da un tribunale del riesame riunitosi a tempi da record.
Entrambi erano in piazza il 2 luglio. Massimiliano, nel suo intervento
dal microfono ha ribadito il suo impegno antifascista e anarchico,
l'impegno per il quale ha trascorso 15 giorni in carcere e, come
l'altro compagno preso con lui, dovrà affrontare un processo per
resistenza e lesioni.
Nei vari interventi sono state ripercorse le vicende delle ultime
settimane, sottolineando l'intima connessione tra lo svilupparsi delle
lotte in città e in valle e l'intensificarsi della repressione.
Siamo partiti dalla lapide che ricorda l'eccidio fascista del 18
dicembre 1922: un compagno ha ripercorso la lunga storia di resistenza
di questa città, resistenza al fascismo e resistenza alla
repressione "democratica". I fili della memoria, una memoria viva
perché si impasta nelle vite di tanti noi, si dipanano per
mostrare come i fantasmi del fascismo stanno tornando ad allungare le
proprie ombre in città, trovando complici nei palazzi del
potere. Non per caso gli anarchici delle case occupate portavano, oltre
al mozzicone dello striscione strappato dalla furia poliziesca il 18
giugno, un nuovo striscione con la scritta "contro il fascio e i suoi
complici".
In apertura c'era uno striscione con la scritta "l'antifascismo non si arresta".
Oltre alle numerosissime bandiere rosse e nere c'erano quelle della
CUB, presente con una delegazione anche dalla Lombardia, quelle di
Rifondazione e quelle dell'USI.
Numerosi gli interventi e le soste lungo le strade, dove, nonostante
qualche commerciante cacasotto avesse pensato bene di chiudere i
battenti, c'era sempre gente attenta, disponibile all'ascolto ed alla
lettura dei volantini. Si è parlato dell'anarchico Franco
Serantini, distrutto di botte dalla polizia durante un corteo
antifascista a Pisa nel 1972 e poi lasciato morire in carcere dopo
un'agonia durata tre giorni. Di fronte all'Osservatorio ecologico n. 1,
prima di tre occupazioni seguite da sgomberi, è stato fatto il
punto sulle ultime vicende repressive che hanno investito la
città. Quando il corteo è arrivato all'angolo di tra
Corso Emilia e Corso Giulio Cesare, una zona dove abitano molti
immigrati e dove c'è un CPT per bambini, c'è stato un
intervento contro le leggi razziste, per la chiusura di tutti i CPT e
la distruzione delle frontiere.
Nella parte centrale della manifestazione, il corteo si è
ingrossato: ben oltre le mille presenze concessaci dal Manifesto e le
700 "generosamente" attribuiteci dalla polizia.
Dopo la sosta alla lapide del partigiano anarchico Ilio Baroni, il
corteo si concluso in piazza Crispi, dove, dopo l'intervento di un
compagno della CdC della FAI, ci sono stati i saluti dei compagni della
Federation Anarchiste di Chambery e quelli del Perlanera di Alessandria.
Una buona giornata, nel segno della comunicazione, nel tentativo di
cominciare a rompere l'accerchiamento nel quale, stampa polizia
magistratura avevano stretto gli antifascisti torinesi.
Non si può tuttavia abbassare la guardia: in città ci
sono teste di segatura armate di coltello, pronte all'occorrenza a fare
il loro sporco lavoro di guardia pretoriana al servizio di chi vuole
che su Torino cali la "pace" olimpica. Costi quel che costi. Si tratti
di sgomberi di case, di montature giudiziarie, del divieto di
manifestare, della criminalizzazione mediatica. Chi comanda in
città non si ferma di fronte a nulla: lo testimoniano i morti
nei cantieri olimpici, i normali controlli di polizia con morte
accidentale dell'immigrato di turno. E quando non basta arrivano le
lame fasciste, le cariche di polizia, il carcere.
Federazione Anarchica Torinese – FAI