Umanità Nova, numero 25 del 10 luglio 2005, Anno 85
Il messaggio è accattivante. Preti di montagna davanti a chiese da restaurare, favelas brasiliane, donne e bambini sofferenti in primo piano, coppie di anziani imploranti aiuto, cucine popolari, immagini di un terzo mondo dolente e sofferente la cui miseria è rischiarata dall'intervento del buon sacerdote. Non c'è che dire, i creativi pubblicitari ingaggiati dal Vaticano per estorcere l'8 per mille ai cittadini di buon cuore, hanno lavorato bene come al solito, e il messaggio passa forte e chiaro: lasciate che i pargoli, pardon, i soldi vengano a noi perché nostro è il regno dei cieli.
Puntuale come le tasse, e infatti di tasse si tratta, si presenta ogni anno la faccenda dell'otto per mille, quella specie di rapina legalizzata che fornisce alle casse della Chiesa un cospicuo gruzzolo di miliardi, teoricamente destinati alle cosiddette opere di carità (delle quali comunque è sempre bene diffidare) ma in effetti convogliati a finanziare le insaziabili esigenze economiche del Vaticano, dissanguato, in questi anni dai continui viaggi di Wojtila, dai risarcimenti miliardari alle vittime dei preti pedofili nordamericani e dalle conseguenti spese di rappresentanza necessarie al recupero di immagine che il papato ha dovuto perseguire.
Ora, che la Chiesa spenda i suoi soldi come meglio crede, è un fatto su cui non c'è neanche da stare a discutere. Ma se gran parte dei soldi che vanno ai preti sono il frutto di un finanziamento statale, e quindi di tutti noi, con un funzionamento volutamente tortuoso e ambiguo, allora le cose cambiano. Anche perché, come sembra evidente, le finalità dichiarate per ricevere l'otto per mille non corrispondono pressoché mai alla effettiva destinazione dei miliardi ricevuti. Insomma, c'è poco da fare, quando c'è di mezzo la Chiesa, le cose sono necessariamente poco chiare. O forse no, mi sbaglio, le cose sono chiare come in poche altre occasioni.
Innanzitutto il meccanismo della ripartizione. Come si sa, compilando la propria dichiarazione, si può esprimere una preferenza, oppure questa preferenza, se nessuna delle scelte è praticabile, può non essere espressa. Il che, e questo la dice lunga, è quanto sceglie più della metà dei cittadini. Logica vorrebbe, a questo punto, che i soldi che non vengono destinati, finissero nelle casse pubbliche per essere poi spesi, sempre come logica vorrebbe, per il miglioramento degli scarsi servizi che offre lo Stato. E invece no! Invece, per uno di quei perversi cavilli nei quali sono maestri gli azzeccagarbugli che cazzeggiano in Parlamento, i soldi che il cittadino non ha voluto destinare vengono comunque... destinati in proporzione alle scelte espresse. Ed essendo quelle a favore del Vaticano la maggioranza, anche la maggioranza dei soldi finisce nelle oscure stanze di là dal Tevere. Non c'è che dire, una soluzione truffaldina lasciataci in eredità - e ne avremmo fatto a meno - dal governo Craxi che, a suo tempo, firmò il nuovo Concordato.
Del resto, che questo meccanismo, ancorché "legittimo" (perché tutto, volendo, può essere fatto passare per legittimo) sia moralmente indecente, lo certificano le Chiese valdesi, che pur essendo chiese, dimostrano comunque frequentemente un senso etico abissalmente superiore a quello dei cattolici. E infatti i valdesi si rifiutano di essere complici di questa logica aberrante e, di conseguenza, rifiutano anche i soldi che non spettano loro. Non c'è che dire, un altro stile!
A questo punto qualcuno particolarmente tignoso potrebbe anche obiettare che, ammesso che il denaro sia lo sterco del diavolo, se viene usato bene non si deve sottilizzare troppo sulla sua provenienza. Anche prendendo per buona questa obiezione, turandosi però il naso come faceva Montanelli quando votava per Andreotti, il discorso non regge comunque, perché, come sono costretti a riconoscere gli stessi amministratori vaticani, seppure a denti stretti, al reverendo che deve restaurare la chiesetta o ai poveri vecchi imploranti di cui sopra, dei soldi ricevuti ne vanno ben pochi. Sempre che ne vadano.
Le cifre sono ufficiali e si riferiscono al 2001. E sono talmente avvilenti per chi le ha fornite, che non c'è nemmeno da sospettare che possano essere state taroccate. Fatto cento l'ammontare dei contributi più o meno sgraffignati, al Terzo mondo è andato il 4% (e che nella favelas si accontentino!), alle cosiddette opere di carità il 14%, alla tutela degli immensi beni culturali posseduti dalla Chiesa lo... 0,05. E il resto, quello che, stando alla legge, dovrebbe essere speso a scopi di carattere religioso o caritativo? Il resto è andato in stipendi, mantenimento della burocrazia vaticana, esigenze di culto e costruzione di nuove chiese. Insomma, la chiesa nuova nel quartiere popolare e la diaria al curato e alla sua perpetua, le pagano, che lo si voglia o no, tutti i cittadini italiani.
Non c'è che dire, davvero un bell'esempio di quella carità cristiana con la quale ci rompono le tasche dalla mattina alla sera! Ma in fondo, basta trovare una buona agenzia pubblicitaria, e il gioco è fatto.
Massimo Ortalli