Umanità Nova, numero 25 del 10 luglio 2005, Anno 85
A smentire nel modo più reciso l'opinione secondo la quale l'antifascismo è una pratica d'altri tempi c'è ormai una serie fin troppo lunga di attentati, aggressioni, intimidazioni squadristiche riconducibili all'estrema destra che in diverse occasioni hanno sfiorato la tragedia, tra coltelli e taniche di benzina.
Gli obiettivi sono quelli da sempre prediletti dai nazi-fascisti: innanzitutto i soggetti da loro ritenuti inferiori e devianti quali immigrati, rom, senza dimora, omosessuali, lesbiche, musulmani, ebrei, testimoni di Geova, etc. che insidierebbero l'identità e la purezza morale, razziale, spirituale dei popoli europei minacciati dal mondialismo.
Il sistema democratico, lo stesso che i nazi-fascisti affermano di
odiare, consente loro di propagandare tali teorie, di organizzarsi e di
manifestare, giungendo a proteggerli e a utilizzarli in funzione di
polizia parallela contro gli oppositori politici e sociali "di
sinistra", ossia quanti non accettano l'ordine statuale e lo
sfruttamento capitalistico o, più semplicemente, avversano le
politiche governative.
Tale funzione è risultata particolarmente operante da circa un
anno, ossia dall'estate scorsa, quando fu portata a termine una
spedizione punitiva nel quartiere Ticinese a Milano, e da allora
l'elenco degli attacchi a centri sociali, sedi, circoli, spazi e case
occupate, nonché ai danni di singoli attivisti vittime di
accoltellamenti e pestaggi, è tale da superare il livello in
qualche modo fisiologico del fenomeno neofascista, ricreando un clima
di tensione che da più parti ha fatto scrivere di un ritorno
agli anni Settanta.
In realtà, in quegli anni la violenza squadrista intrecciata con lo stragismo di Stato fu ben altra cosa, così come fu ben diversa la risposta militante antifascista, basti pensare all'uso da entrambi le parti di armi da fuoco; ma non di meno il richiamo agli anni Settanta ha un senso nella misura in cui la sinistra parlamentare e l'antifascismo ufficiale facente capo alle diverse associazioni resistenziali non sono in grado di comprendere ed affrontare un problema reale e pericoloso generalmente ritenuto, a torto, una mera questione tra "opposti estremismi".
Tale sottovalutazione trent'anni fa lasciò praticamente sola una generazione a combattere un disegno reazionario di stabilizzazione autoritaria, probabilmente mai del tutto debellato se è vero che a tutt'oggi le stragi di Stato di allora rimangono impunite e senza mandanti.
Eppure i segnali d'allarme non mancano certo anche per la sinistra ufficiale: danneggiate strutture dell'Anpi, della Cgil, di Rifondazione Comunista, dei Ds, dei Comunisti Italiani, dell'Arci; oltraggiati altresì innumerevoli monumenti alla Resistenza e persino la sede del Comitato che difende la memoria dell'eccidio di Marzabotto.
Evidentemente, anche nel sessantesimo anniversario della Liberazione, ragioni politiche e mai riviste valutazioni storiche impediscono alla sinistra politica di favorire la crescita di una sensibilità antifascista che si rapporti concretamente al pericoloso dilagare di atteggiamenti e comportamenti fascisti.
Non ci aspettiamo certo che dei partiti istituzionali organizzino i nuovi Arditi del Popolo, peraltro già colpevolmente affossati nel 1921, ma non di meno i loro quadri dirigenti che si dichiarano democratici e di sinistra dovrebbero dimostrare un minimo di coerenza, facendo qualcosa di meno illusorio del consueto appellarsi alle forze dell'ordine - ossia le stesse che in più di un'occasione hanno di fatto "coperto" le imprese dei gruppi filonazisti.
Se la loro scelta della non-violenza gli impedisce di attivare persino l'autodifesa, sarebbe già apprezzabile se gli aderenti a tali partiti s'impegnassero in prima persona a cancellare le scritte fasciste e naziste che impestano i muri delle nostre città; così come sarebbe già qualcosa se a Roma il sindaco diessino Veltroni non si preoccupasse di trovare spazi pubblici alle occupazioni dell'estrema destra.
Ma, soprattutto, sarebbe fondamentale che si mettesse fine
all'ambiguo balletto con Alleanza Nazionale e agli ammiccamenti
politici verso il suo leader Fini, ormai accreditato in alternativa a
Berlusconi quale rappresentante di una destra seria e moderna con la
quale interloquire.
Alleanza Nazionale rimane infatti, assieme alla Lega Nord, ben
più della galassia della destra più avanguardista, il
maggiore partito dell'estrema destra italiana, come ben testimoniano
anche le continue prese di posizione degli esponenti "postfascisti"
riguardanti proprio l'antifascismo, del tutto coincidenti con quelle
urlate da Forza Nuova o dagli Hammerskin.
C'è ne è per tutti i gusti: si va dallo sdegno per l'abbattimento in Spagna dell'ultimo monumento al dittatore Franco allo sdegno per la decisione d'intitolare all'anarchico Sbardellotto, mancato attentatore di Mussolini, una strada a Belluno, sino alle dichiarazioni alla vigilia del 25 aprile del sottosegretario Alfredo Mantica che dalle colonne del Secolo d'Italia dice "basta con l'antifascismo" e a quelle di Ignazio La Russa che ritiene quella della Liberazione "una festa da cambiare" e magari da abolire come vorrebbe Baget Bozzo in nome della pacificazione nazionale.
Da anarchici sappiamo bene di non poter contare sull'antifascismo di chi è collocato a sinistra soltanto in parlamento, ma da quanti - con o senza tessera - ritengono ancora incompatibili fascismo e libertà ci aspettiamo scelte conseguenti.
Anti