Umanità Nova, numero 27 del 4 settembre 2005, Anno 85
Mentre sulle spiagge italiche si ascoltavano le note spensierate di Tengo la camisa negra, i mesi estivi hanno visto anche le danze, assai meno innocenti, di altri nostalgici esteti della camicia nera.
Danze che, in più di un caso, stavano per tramutarsi in rituale di morte.
Alla luce di quanto accaduto a Roma, Torino, Verona, etc. appare infatti evidente che quanti hanno recentemente compiuto attentati incendiari, accoltellamenti, pestaggi e altre "eroiche" imprese in stile squadrista hanno non solo messo nel conto, ma hanno deliberatamente cercato nuovamente di uccidere.
Da sempre la violenza è, per fascisti e nazisti, parte centrale del loro agire politico e mezzo di affermazione ideologica, sino a teorizzare la sopraffazione nei confronti dei soggetti ritenuti inferiori, devianti o improduttivi, secondo la tristemente nota logica dello sterminio.
Eppure, a tale "normale" logica aggressiva e discriminante, negli ultimi due anni in Italia si è andata sommando un'ulteriore accelerazione degli attacchi contro persone, luoghi e cose che incarnano o rappresentano il "nemico" anche solo per il fatto di esistere, magari con l'aggravante di opporsi al potere costituito, di vivere senza benedizioni o di difendere le libertà sociali. Un'accelerazione che appare pianificata e favorita da settori del potere politico ed economico disposti ad utilizzare ogni mezzo, compresa la manovalanza più o meno consapevole dell'estrema destra, per i propri fini di dominio, sfruttamento e controllo sulla società.
Se d'altronde così non fosse, le diverse formazioni d'estrema destra sarebbero state da tempo messe al bando; evidentemente, i servizi di questi sedicenti "antagonisti" sono tutt'altro che sgraditi alle classi dominanti.
La sinistra istituzionale da parte sua, attenta più ai calcoli elettorali che alle sue stesse sedi imbrattate dalle croci celtiche, sta gravemente sottovalutando quello che ormai è non è più un "fenomeno" isolabile con le parole del solito comunicato o, peggio, telefonando in questura. Tale sottovalutazione è giunta al punto, in occasione delle ultime elezioni regionali, di favorire per un indecente pugno di voti la presentazione delle liste mussoliniane di Alternativa Sociale.
D'altro canto i neonazisti e i neofascisti non sono squali impazziti che minacciano le innocenti rive di un'improbabile democrazia balneare, ma piuttosto dei replicanti cresciuti nelle acque inquinate di un regime che ha associato la sua storia ad una serie tragica di stragi, trame e assassini ancora coperti dal segreto di Stato. Così come è innegabile che la violenza nazifascista si trova a nuotare in un contesto "culturale" in cui la guerra di conquista viene senza pudore legittimata come difesa della civiltà occidentale, il razzismo è ormai luogo comune, le libertà più elementari sono sistematicamente negate dai governi democratici e l'arroganza di chi comanda diviene un valore morale.
L'estrema destra si trova quindi a godere di un fino a ieri impensabile diritto di cittadinanza e, dopo oltre un decennio di continuata denigrazione dell'antifascismo, di distruzione della memoria proletaria e di volgare anticomunismo, è passata l'idea che anche i nazisti, i peggiori razzisti e i seminatori d'odio in camicia verde hanno diritto a "fare politica".
Al contrario per gli antifascisti, proprio nel 60° anniversario della Liberazione, è davvero ancora tempo di resistenza, non solo per difendersi dagli squadristi nostalgici del fascio e della svastica, ma nei confronti di un apparato repressivo e giuridico per il quale lottare contro il fascismo resta un reato, come dimostrano le manganellate, gli arresti e le denunce ai danni di diciannove antifascisti torinesi, tra cui diversi anarchici; le spropositate condanne per tre militanti milanesi dell'O.R.So.; l'incarcerazione senza prove di un anarchico di Taranto accusato di aver ferito un picchiatore o la pesante pena detentiva comminata a due anarchici di Rovereto per un paio di pugni ad un esponente di Alleanza Nazionale.
In quanto libertari siamo direttamente coinvolti e non potrebbe essere diversamente dato che il fascismo, come ebbe a scrivere Luigi Fabbri, rimane per noi "la prepotenza più autoritaria che immaginar si possa, è la esaltazione massima nella teoria e nella pratica del principio di autorità".
Per questo nel presente, l'attivo impegno antifascista, coniugato con quello antirazzista e antisessista, non soltanto si conferma elemento fondamentale dell'opposizione anarchica, ma resta alla base di quella lotta umana in cui continuiamo a credere.
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