Umanità Nova, numero 27 del 4 settembre 2005, Anno 85
Tutti sono uguali, ma qualcuno è più uguale degli altri, diceva Orwell nella Fattoria degli animali e questo dato di fatto si adatta molto bene alla nuova bozza di costituzione varata in Iraq. Un Iraq insanguinato e distrutto ma dove i potenti, che sembrano litigare su tutto, trovano comunque il tempo per stabilire con chiarezza quale sia il posto delle donne e non faticano affatto a mettersi d'accordo.
Il testo della nuova costituzione irachena, che sostituirà quella provvisoria, non è ancora stato diffuso ufficialmente ma alcuni giornali, tra i quali il New York Times, ne hanno riportato alcune parti. La situazione è molto chiara: fondamento della nuova costituzione è la legge religiosa. Le persone non esistono come cittadini, ma come appartenenti ad un gruppo religioso o etnico.
Per le donne l'articolo 14 della legge promette uguali diritti, purché, però, questi non violino la Sharia, la legge coranica. Ciò significa che questioni come il matrimonio, il divorzio, l'eredità saranno regolate dalla legge religiosa che, di fatto, rende la donna una proprietà prima del padre e poi del marito.
Già oggi la situazione non è certo semplice per le donne: stupri, soprusi, violenza di ogni genere sono quotidiane nonostante siano in vigore le leggi del 1959, considerate tra le più progressiste del mondo arabo.
Ultima beffa: la costituzione provvisoria varata lo scorso anno conteneva un articolo che garantiva, almeno formalmente, l'accesso alla politica alle donne, riservando loro una quota percentuale (25%) dei seggi al parlamento. Ora si sta discutendo se abrogare subito questa norma o lasciarla cadere per gradi nel corso di due anni perché "le donne devono essere in grado di farcela da sole"
Certo i legislatori hanno imparato molto dalle donne: non si può dividere il privato dal pubblico, il corpo dal pensiero, la famiglia dallo stato, il conflitto di genere dal conflitto sociale e cercano di ingabbiare anche attraverso le leggi il corpo e il pensiero delle donne. Perché questa è l'unica democrazia che un potere maschile forte è in grado di esportare.
Nonostante questa pesantissima situazione le donne irachene continuano ad opporsi. Come già è avvenuto nel 2003, quando politici religiosi volevano modificare le leggi sulla famiglia e non ci riuscirono grazie alle mobilitazioni, come nelle manifestazioni contro la guerra che vedono le hanno viste, malgrado le immani difficoltà, reclamare il diritto ad una vita degna, anche oggi le donne irachene si sono mobilitate.
A noi il compito di sostenere la loro lotta per la libertà.
R. P.