Umanità Nova, numero 29 del 18 settembre 2005, Anno 85
Vi proponiamo la testimonianza di un antirazzista che
quest'estate ha visitato Safi Barracks, un centro di detenzione per
richiedenti asilo a Malta.
Per chi è interessato alle problematiche dei rifugiati, andare a
Malta è come catapultarsi nell'America degli anni '20.
Appena arrivato sull'isola, la prima persona con cui parlo è un ragazzo somalo a cui domando come arrivare a Safi Barracks, uno dei quattro centri di detenzione per richiedenti asilo presenti sull'isola. Ahmed (così si chiama il mio interlocutore) trova questa mia domanda inusuale e vedendomi interessato alla questione mi mostra una striscia di carta dove c'è scritto: "stop the invasion. Hunting season on land and on the sea for illegal immigrants and foreign workers is open all year round. KKK" che in italiano significa più o meno: "stop all'invasione. La stagione della caccia per terra e per mare agli immigrati clandestini e ai lavoratori stranieri è aperta tutto l'anno. KKK".
KKK sta per Ku Klux Klan.
Questo è uno dei tre volantini che negli ultimi due mesi i rifugiati che vivono a Malta hanno trovato appena fuori dai tre centri aperti dove il 99% di loro, su circa 3000 persone, vive.
La maggior parte, soprattutto eritrei e somali, hanno ottenuto il riconoscimento della protezione umanitaria; sudanesi, liberiani, ivoriani e congolesi invece hanno quasi tutti ricevuto il diniego della richiesta di asilo e sono dunque irregolari.
Tutti, prima di arrivare lì, sono passati dai centri chiusi.
Io sono andato a dare un'occhiata a quello di Safi Barracks, salito
agli onori della cronaca nel gennaio di quest'anno quando una protesta
dei migranti detenuti nel centro è stata duramente repressa dai
militari. In questa base militare sono tre le zone in cui vengono
internati i richiedenti asilo, io ho visitato l'unica in cui sapevo che
dall'esterno era possibile comunicare con chi è dentro. La
chiamano Empty Area.
Circondati dal filo spinato, 250 tra eritrei, somali, congolesi,
pakistani e sudanesi vivono in tende da campo a gruppi di trenta. I
letti sono tutti uniti su tre file, c'è solo lo spazio per
passare. Prima c'era un solo bagno, ora la porta è chiusa con
due grandi pietroni e i bisogni si fanno all'aperto. Il cibo è
ogni giorno lo stesso. Assistenza sanitaria neanche a parlarne, anche
se c'è gente visibilmente ammalata che da mesi chiede di poter
essere vista da un dottore.
In molti hanno problemi respiratori.
Il giorno in cui mi sono recato lì pioveva: il campo era praticamente una palude, la gente quella mattina si era svegliata con l'acqua sotto ai letti. Tutte queste cose non me le hanno solo raccontate, le ho viste con i miei occhi perché dentro quel campo io ci sono entrato.
Sembrerà strano, ma a Malta trattare questa gente come animali è talmente normale che il militare di turno quel giorno non ha avuto nessuno scrupolo a farmi entrare.
Hafis, un medico sudanese mi fa da guida. "Qui moriamo ogni giorno"
mi dice, "chi passa l'inverno dentro il campo ha buone
possibilità di uscire da qui con la tubercolosi, e poi i medici
si lamentano perché questi africani portano malattie!". E
purtroppo un inverno a Safi sono in molti a passarlo, perché
lì dentro per la legge maltese ci si può rimanere fino a
un anno e sei mesi. Questo periodo massimo di detenzione è stato
introdotto da poco, prima non esisteva nessun limite: un gruppo di
sudanesi c'è rimasto per 28 mesi.
In questo momento nei quattro centri di detenzione ci sono circa 1200 persone.
Quando si esce la vita non è per niente facile, perché Malta per questa gente è una prigione a cielo aperto. I maltesi non li vogliono perché "Malta è piccola e loro stanno diventando troppi" ma non possono andar via perché le loro impronte digitali dal 1° maggio 2004 sono state inserite nel sistema Eurodac: se vengono fermati in qualsiasi paese europeo sono subito rispediti indietro. E pensare che tutti i rifugiati che vivono a Malta sono sbarcati lì per sbaglio, dato che ci si imbarca in Libia per raggiungere l'Italia.
Tutto questo accade nell'indifferenza di un'Europa opulenta che a Malta è ben rappresentata dalle migliaia di turisti che affollano gli hotel, i casinò e le discoteche dell'isola.
Anche loro arrivano spesso con una barca, ma non affondano mai...
gramshish