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Umanità Nova, numero 30 del 25 settembre 2005, Anno 85

Senza famiglia, senza legge
Gli affetti e le relazioni fuori dal controllo di stato e chiesa


…L'origine della parola "famiglia", d'altronde, è il termine latino famulus che significa: servitore, servo. Di una simile concezione della famiglia molti non ne vogliono più sapere. (Luce Irigaray)

Da alcuni giorni il tema della famiglia è molto dibattuto, aiutato dalla dichiarazione di Prodi che si è impegnato, nel caso vada al governo, a varare i Pacs. I patti di solidarietà a garanzia dei diritti civili (chiamati pacs, acronimo francese, e si sa, oggi bisogna risparmiare su tutto anche sulle parole), non "distruggono affatto la famiglia" come taluni sostengono ma, secondo me, la rafforzano e la mettono a fondamento della società.

Ma procediamo con ordine….

Io credo che nella famiglia, così come la viviamo oggi, non ci sia nulla di naturale. Essa cambia a seconda delle culture e del momento storico. Un piccolo esempio: questa estate, in India, nello stato dell'Orissa, ho avuto modo di incontrare gruppi etnici che si organizzano secondo un modello sociale e culturale definito "tribale". Definito dagli altri, naturalmente, che danno a questo termine il significato di arretrato, primitivo. Eppure alcune regole di comportamento sono molto più civili delle nostre.

I ragazzi non vivono con i genitori ma in grandi case comuni, divisi più o meno per fasce di età e la loro educazione è affidata a tutti i membri della comunità. Gli adolescenti hanno case comuni: i rapporti sessuali sono molto liberi, sia prima sia dopo il matrimonio. Primitivi? Forse…

Questo per dire che l'unione tra persone è sempre stata fondamentale nella storia dell'umanità, sia per motivi riproduttivi, sia per motivi affettivi e di aiuto reciproco, ma il modello di famiglia è stato invece diversificato nel tempo e nello spazio, codificando e regolando sia i rapporti tra i sessi, sia il rapporto tra le generazioni. 

Oggi ci troviamo di fronte a profondi mutamenti nella famiglia: sono sotto gli occhi di tutti i ragazzi che vivono in due famiglie in seguito alla separazione dei genitori, o le famiglie in cui convivono nonni, figli e nipoti. Anche i rapporti tra i sessi non sono sicuramente gli stessi di alcuni anni fa: l'atteggiamento maschile di fronte alla riproduzione e alla cura è, e non per pochi, cambiato. Accanto al solito "pater familias" assente c'è chi invece rivendica il suo desiderio di essere padre educante. E talvolta sono le donne che non riconoscono questo desiderio, o che semplicemente non sono in grado di accettarlo. Le identità si trasformano. Anche i rapporti tra le generazioni cambiano e a chi scappa di casa per sottrarsi all'autorità asfissiante si sostituisce chi si prende cura del genitore vecchio, in un alternarsi di ruoli, e in un rafforzamento dei rapporti tra generazioni.
Di fronte a questi cambiamenti abbiamo però una società che formalmente li riconosce, ma di fatto li sospinge, li relega nel privato evitandone accuratamente di tenerne conto.

Siamo in una società sempre più contraddittoria.

Sui giornali i fatti "privati" vengono messi in prima pagina e sulle vicende private di gente comune o famosa si sprecano chilometri di foreste. Dall'altra, però, il privato deve rimanere personale, non può essere generalizzato. 

Un privato che è sempre pubblico, ma che non cambia mai i rapporti pubblici.

E accanto ad una società paurosa e misogina, che si rifugia nella negazione del cambiamento, perché non capace di gestirlo, abbiamo una chiesa paurosa e misogina.

Siamo di fronte a delle gerarchie ecclesiali niente affatto stupide, che dimostrano di conoscere le donne, i loro sentimenti, la loro forza e le loro debolezze. Peccato però che il loro odio per esse sia profondo e intrinseco, non estirpabile. Ed ecco allora la legge sulla procreazione assistita, le leggi sui consultori, i richiami alla sacralità della famiglia, all'istinto materno, al ruolo della donna. Perché le loro preoccupazioni vengono sempre tradotte in leggi repressive: ed in tal caso siamo noi che dovremmo cominciare a preoccuparci.

Sicuramente ha ragione l'Osservatore Romano quando afferma che Prodi semplicemente cerca voti.

Però a me vedere che si afferma un pensiero che vuole veder riconosciuto dallo stato a tutti i costi la propria unione sentimentale inquieta molto, perché riafferma con forza la potenza simbolica della famiglia e dello stato.

La paura del domani prevale sull'intelligenza e sulla passione e porta alla richiesta di aiuto e codificazione dei comportamenti, alla "normalizzazione" delle situazioni.

La famiglia patriarcale è morta e nessuna lo rimpiange, ma anziché partire da questa constatazione per affermare un pensiero ed una pratica di libertà nei rapporti interpersonali, si desidera che qualcun altro si occupi e codifichi i nostri rapporti umani, sessuali e affettivi.

Comunque io continuo a pensare che l'unica famiglia simpatica sia la famiglia Addams…

R.P.













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