Umanità Nova, numero 31 del 2 ottobre 2005, Anno 85
Capita, talvolta, che chi usa il bastone si ritrovi ad essere
bastonato. Proprio come è successo, ma solo in senso figurato, a
Ruini, alto papavero della Chiesa e presidente della conferenza
episcopale. Costui, infatti, avvezzo ad usare la clava quando si tratti
di intervenire nelle faccende legislative dello stato, è incorso
in un gustoso incidente di percorso in quel di Siena, quando un gruppo
di studenti si è preso la briga di sbeffeggiarlo e fischiarlo,
nel mentre l'ex marxista puro e duro e attuale liberal puro e duro
prof. Adornato lo stava insignendo di non so quale, ma sicuramente
meritatissima, onorificenza.
Dopo l'uscita di scena di Wojtila, alla fine più propenso ad accompagnare l'ola di quegli intronati dei papa boys che non a governare con risultati accettabili una piovra vaticana che rischiava di perdere alcuni dei suoi tentacoli, non era difficile prevedere che, con l'avvento al soglio pontificio di Ratzinger, l'offensiva clericale avrebbe ripreso forza e coerenza, andando ad interessare tutti i segmenti e settori della società. Da Ratzinger potremo aspettarci di tutto, ma non che si dimentichi, anche per un solo momento, dell'aureo principio per il quale quel potere spirituale a cui tanto tiene, è tale solo e soltanto se accompagnato da una robusta dose di quel potere temporale a cui tiene ancora di più. E i risultati si vedono.
È innegabile, infatti, che la Chiesa stia rioccupando, con una determinazione che mette i brividi, la scena politica e sociale del nostro paese. E con toni e modi, davvero "maleducati", quali non si vedevano da tempo. Dopo l'entrata in campo a gamba tesa sulla questione della fecondazione assistita (una delle pagine più vergognose e maleodoranti nella lunga storia delle ingerenze pretesche nella vita pubblica), eccoci di fronte ad un nuovo attacco non tanto ideologico, il che sarebbe "legittimo" e in un certo senso accettabile, quanto pienamente politico e temporale - vedi i richiami alla "costituzionalità" - portato ad alcune timide proposte di legge tendenti a normare una situazione sociale diffusa quale quella delle cosiddette coppie di fatto. Vale a dire quelle coppie che, richiamandosi a una "libertà anarchica" - pertinentemente evocata dal papa - che svuota di contenuti normativi la loro libera unione, vivono in naturale armonia il loro rapporto, sia esso etero oppure omosessuale.
Gia "Umanità Nova" si è felicemente occupata, anche nel numero scorso, delle numerose problematiche innescate da questa "rivoluzione" dei costumi, per cui non saremo noi, ora, a trattarne. Ci interessa, piuttosto, cercare di capire come mai questa offensiva clericale non si trasformi in un pericoloso boomerang per la Chiesa, come sarebbe potuto succedere anche solo quindici anni orsono, ma, al contrario, riesca ad influenzare, condizionare e dirigere le "libere" scelte del corpo sociale e della classe politica che lo rappresenta. Insomma, come sia possibile che quel residuo di laicismo che ancora sopravvive debba soccombere di fronte all'arroganza della curia.
Fintanto che in Italia c'era il partito dei cattolici, la Democrazia Cristiana buonanima, i giochi erano chiari. Se infatti all'interno di quasi tutti gli altri partiti c'erano componenti cattoliche, queste comunque delegavano pienamente la cura degli interessi ecclesiali al partito di riferimento e si limitavano a fare da timida sponda quando fosse realmente necessario. Lo scontro, pertanto, tra laicismo e confessionalismo, si giocava su un terreno specifico che prevedeva regole chiare e unanimemente accettate. Insomma, una partita sostanzialmente ad armi pari e giocata, per quanto possibile, con una certa lealtà.
Oggi, evidentemente, non è più così. Il partito dei cattolici si è frantumato ma, paradossalmente, anziché logorarsi, si è rafforzato. Non vi è infatti forza politica che non abbia al suo interno una corrente che si richiama, espressamente ed esplicitamente, al magistero della Chiesa e che afferma di volercisi adeguare. Se si pensa che perfino un partito razzista, autoritario e intollerante come la Lega Nord, annovera al suo interno una Consulta cattolica, a suo tempo guidata dalla signora Pivetti Irene, non si fatica a capire come l'influenza della Chiesa, invece di soffrire per questa frammentazione e apparente mancanza di rappresentatività, si sia, al contrario, moltiplicata per quanti sono i partiti odierni. Dalla Margherita ad Alleanza nazionale, da Forza Italia ai Democratici di Sinistra, tutti devono fare i conti con lo "spirito santo" che allegramente volteggia dentro le Direzioni, e che dall'alto della sua immaterialità, ne condiziona le scelte. E non vi è esponente politico di spicco che non senta la necessità di accreditarsi oltretevere e farsene dei meriti, accentuando, così, lo spazio di manovra per il papa e i suoi amici.
E gli effetti sono sotto gli occhi. Fatte le poche eccezioni che vanno a confermare la regola, non vi è stata reazione ufficiale, di fronte ai sacrosanti (questi sì) fischi a Ruini, che non si sia uniformata al più devoto rispetto per l'inaudita offesa, con i vari dirigenti che si sono differenziati solo per il grado di livore con il quale hanno infamato i ragazzi senesi. In un gioco di ricatti, accuse e controaccuse su chi si sia mostrato più devoto, abbiamo ancora dovuto assistere all'inverecondo balletto di prosseneti eternamente in ginocchio e con la schiena curva.
Come meravigliarsi, dunque, se a fronte di una situazione così favorevole, la Chiesa alzi sempre più la voce, ostentando la ritrovata autorevolezza?
Celebrando in pompa magna, ad esempio, e di fronte a uno stuolo di potenti con ormai i calli alle ginocchia, tra cui il sindaco Veltroni, la messa per i sessant'anni dal sacerdozio del fondatore dell'Opus Dei. Proprio quando tutti si aspettano le dimissioni di uno dei suoi uomini di punta, il governatore Fazio, il quale, godendo di tanto appoggio, si guarda bene dal presentarle. O evocando, con macabro cattivo gusto, il solito complotto anticristiano delle immancabili logge ebraiche internazionali. Oppure rivendicando, anche con le parole dell'eterno Andreotti, il rarissimo diritto di ospitare nella cripta di una delle chiese più prestigiose della capitale, il cadavere di quel De Pediis, capo della Banda della Magliana, che fu uno dei più spietati assassini della Roma violenta, ma anche uomo di fiducia dei vari Sindona e Marcinkus.
Insomma, stando così le cose, non saremo certo noi a unirci al coro di quelli che "libera Chiesa in libero Stato". Più coerentemente, e non solo perché siamo anarchici, ci sembra che si verrebbe a stare molto meglio, e ben più liberi, in una società nella quale chiesa e stato fossero "solo il ricordo di infame passato".
Massimo Ortalli