Umanità Nova, numero 32 del 9 ottobre 2005, Anno 85
Mi piacerebbe che il seguito di questo articolo fosse nella rubrica
"inform@zione" perché sarebbe ora che la nostra rabbia riuscisse
a trovare un canale di azione e di trasformazione reale dei
comportamenti.
Una serie di fatti sono successi nell'ultima settimana: sulle pagine dei giornali è finalmente riapparso il concetto che "se le donne vengono molestate, in fondo se lo meritano, a causa dei loro comportamenti o del loro modo di vestire". Non che questa idea fosse tramontata, ma almeno i grandi quotidiani avevano da un po' di anni avuto remore a ripeterla, temendo chissà quali proteste. Ora invece, con forza, ricominciano.
Il presidente del Pakistan ha affermato che le donne violentate, in fondo, devono essere contente, perché questo comporta loro una gran pubblicità e la possibilità di essere aiutate.
Infine in Italia è stato inserito nel disegno di legge sulla prostituzione un nuovo articolo che prevede la reclusione fino a sei mesi per chi esercita la prostituzione in "luogo pubblico".
Il disegno di legge in questione è stato presentato nel 2003 e si fonda su alcuni punti cardine: relegare la prostituzione al chiuso, considerare la prostituzione su strada o in luoghi aperti al pubblico un reato penale, controllare le prostitute con controlli/schedature sanitarie periodiche.
Anche il disegno di legge originario prevedeva una sanzione per la prostituzione "visibile" ma si "limitava" ad una multa da 200 a 3000 euro e, solo in caso di reiterazione, l'arresto fino ad un massimo di 15 giorni.
Questo progetto di legge ha un chiaro intento: mettere ordine, controllare, reprimere.
Con esso viene modificata la legge Merlin, in vigore dal 1958. Così, per la prima volta, la prostituzione diventa un reato: un altro in più, come sta diventando reato qualsiasi atteggiamento non conforme, dai picchetti, al volantinaggio, al modo di guidare i motorini.
E una legge che controlla, scheda e punisce la prostituzione a seconda del luogo in cui viene esercitata: una legge di facciata, sostanzialmente una farsa, ma una farsa molto pericolosa.
La prostituzione viene presentata, affrontata, regolata come un problema di ordine pubblico: ma quando mai si è vista una prostituta che ha aggredito o derubato il suo cliente? Semmai il contrario.
La prostituzione coinvolge, che lo si voglia o no, tutti quanti.
Sono responsabili i clienti, sono responsabili la miseria e la povertà, sono responsabili i pregiudizi nei confronti di persone che hanno fatto scelte sessuali diverse dalle nostre.
Se guardiamo non solo la prostituzione su strada ma le agenzie matrimoniali, i locali notturni, le agenzie che offrono accompagnatori ed accompagnatrici, possiamo leggere la storia dei desideri e delle difficoltà sessuali di questi anni. Storie che ci rimandano a una non educazione sessuale, ad una cultura che non riesce a porre su un piano paritario i rapporti personali, che ha preteso di controllare e dominare il corpo femminile negandone una specifica sessualità.
La prostituzione, lo ripeto, non è un problema di ordine pubblico, ma diventa un problema perché mostra il disordine pubblico, l'incapacità di rapporti umani degni di questo nome. E l'unica soluzione diventa rinchiudere le donne, toglierle dalla vista, siano esse consenzienti o meno.
Ampio è l'universo della prostituzione, ampio è il modo in cui le persone coinvolte vengono viste: da alcuni come vittime, da altri come devianti. In tutti i casi il sesso è visto come un'attività umana particolare, al tempo stesso pericolosa e sacra, di cui si fa fatica a parlare. Sarebbe forse ora di discutere perché alcune donne lo considerano solo un mestiere… ma questo è un problema ulteriore.
Sembra che la prostituzione faccia paura. Le nuove figure sono viste con inquietudine dai benpensanti (viados, straniere, tossicodipendenti). Probabilmente fanno più paura le conseguenze della prostituzione: prima tra tutte che il proprio quartiere perda di rispettabilità, che le case in quella zona valgano di meno. E alla paura si risponde con la galera reale o con quella legale.
Non dimentichiamo che le case chiuse sono state luoghi di sfruttamento sostenuti dallo stato ed anche dalla chiesa, purché non si notassero troppo.
La chiesa, sempre lei! Durante la scorsa estate il vaticano ha diffuso un documento sulla prostituzione in cui sosteneva che "un numero sempre maggiore di uomini cerca le prostitute più per dominare che per soddisfazione sessuale" e che era necessaria "formazione per quanto riguarda il genere, il rispetto, la dignità, i valore interpersonali e l'intera sfera delle relazioni e della sessualità". Poneva perciò l'attenzione, più che sulle prostitute, sui clienti, che definiva "affetti da problemi psicologici".
Ancora una volta una posizione intelligente. Con un difetto però, quello di non analizzare le cause: cioè che la prostituzione non è determinata da problemi psicologici maschili, ma da un profondo radicamento culturale che vede la donna come oggetto e non soggetto autonomo; idea che la chiesa da sempre contribuisce a sostenere.
Di fronte a tali posizioni quelle dei parlamentari spiccano ancora di più per la loro grettezza e rendono chiaro l'unico fine: criminalizzare, controllare, raccogliere consenso da chi magari utilizza anche la prostituzione ma vuole che questa avvenga lontano dagli occhi. E la criminalizzazione è sempre stata il contrario dell'autodeterminazione. L'unico aspetto criminale della prostituzione è lo sfruttamento, ma non è su questo che il nuovo disegno di legge incide.
Oppure, forse, prenderemo esempio dagli innovatori; in Polonia un
supermercato che vende prodotti per l'edilizia ha una nuova offerta
speciale: un'ora gratis in una vicina casa di appuntamenti a chi spende
più di 10.000 zloty (2.500 euro).
Chissà quale tipo di mercato avrà la meglio.
R. P.