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Umanità Nova, numero 32 del 9 ottobre 2005, Anno 85

Piombo sui migranti
Ceuta e Melilla: Zapatero e le frontiere della Fortezza Europa



Tra il 27 e il 28 settembre la Fortezza Europa è stata penetrata in maniera drammatica ed eclatante attraverso la frontiera ispano-marocchina nei pressi di Ceuta e Melilla, territori spagnoli in terra d'Africa, a due passi dallo Stretto di Gibilterra.
Più di mille persone, immigrati provenienti dalle regioni sub-sahariane, hanno forzato le recinzioni che dividono il mondo dei disperati da quello dei privilegiati. Alcune centinaia sono effettivamente riusciti nel loro intento ma molti altri (si parla di decine di feriti ma anche di cinque morti) non ce l'hanno fatta.

Non è certamente la prima volta che accadono fatti di questo tipo a Ceuta e Melilla, ma ciò che ha suscitato il clamore generale dell'opinione pubblica è che mai come in quest'occasione il tentativo di scavalcamento delle recinzioni del confine ha assunto un carattere di massa. Se prima le sortite degli immigrati erano sempre state individuali o al massimo di piccoli gruppi, adesso la strategia di ingresso è condivisa da centinaia di persone coordinate, organizzate e solidali: gruppi di non troppe persone, ma neanche troppo poche per aumentare la probabilità di successo dell'iniziativa, e precedenza a giovani e donne con relativi dispositivi di autodifesa.

La risposta del governo spagnolo è chiara. Il Ministero degli interni ha comunicato al Parlamento che invierà altri 40 agenti della Guardia civil portando a 716 il totale degli effettivi. Per febbraio verranno completati i lavori sulla recinzione in modo da innalzare fino a sei metri tutto il perimetro, cioè i due punti in cui vengono segnalati i tentativi di penetrazione. 

A tutto questo si aggiungono agghiaccianti innovazioni nei dispositivi repressivi quali l'aumento dei sistemi di vigilanza agli infrarossi e l'installazione di sensori che permettano di intercettare i movimenti degli immigrati già dentro al bosco adiacente la recinzione, anticipando così la reazione delle forze dell'ordine.

In queste boscaglie si sono scatenate più volte delle vere e proprie cacce all'uomo operate dagli agenti in tenuta antisommossa. 

Il governo del progressista Zapatero è dunque sulla stessa lunghezza d'onda dell'associazione unificata della Guardia Civil che ha invocato un aumento delle unità per far fronte alla marea umana.

Chi tenta l'ingresso in Spagna lo fa anche per allontanarsi il prima possibile dal Marocco. Dopo massacranti viaggi di chilometri attraverso il Sahel e dopo esser scampati alle retate sempre più frequenti delle forze dell'ordine marocchine, i cittadini africani vivono in Marocco una situazione di precarietà insostenibile visto che non possono neanche lavorare. 

L'assalto frontale alle recinzioni di Melilla è la diretta conseguenza di una politica repressiva concepita e organizzata con una scellerata sinergia tra Unione europea, Spagna e Marocco. A quest'ultimo, l'Europa affida il lavoro sporco e preventivo per liberarsi dal fastidio dei richiedenti asilo africani, il cui rimpatrio è spesso tecnicamente difficile. Così come l'Italia fa affidamento sulla Libia per eliminare gli immigrati "alla fonte", allo stesso modo la Spagna può contare sulla collaborazione interessata del governo marocchino.

Tutta questa storia è emblematica: i flussi migratori non possono essere contenuti perché il bisogno ormai fisiologico di sopravvivenza avvertito da milioni di persone è un dato di fatto al quale non si può più rispondere con la repressione. A meno che (e questo purtroppo sembra essere l'orientamento degli apparati statuali europei e non) non si vada rapidamente a una "soluzione finale" senza troppe mediazioni.
Al momento, la determinazione e il portato collettivo che caratterizza gli spostamenti dei migranti sembra avere la meglio anche se il prezzo in termini di sofferenza e di vite umane stroncate dalla violenza degli Stati e delle frontiere è decisamente intollerabile.

La vicenda spagnola smaschera inequivocabilmente la natura autoritaria della democrazia camuffata, in quel di Madrid, dalla faccia bonaria e rassicurante di Zapatero, il primo ministro socialista elevato dalla sinistra nostrana al rango di feticcio del progressismo post-moderno.

I provvedimenti apparentemente anticlericali del suo governo e le leggi a tutela delle unioni di fatto e delle coppie omosessuali impallidiscono di fronte alle recenti dichiarazioni di guerra all'immigrazione clandestina. Tutto questo conferma come la partita vera in fatto di convivenza civile si gioca sulla questione immigrazione e su come uno Stato moderno inserito in un contesto di compatibilità internazionale debba accostarsi al fenomeno migratorio.
La parola d'ordine è, per tutti - Zapatero compreso - una sola: reprimere, respingere, eliminare, distruggere il diverso, il povero, il debole. Che a farsi promotore di questo tipo di pensiero sia in Spagna un governo di sinistra non ci stupisce. In Italia la persecuzione agli immigrati è stata inaugurata proprio da quelli come Zapatero.

All'umanità generosa che a Ceuta e Melilla è riuscita a sfondare il muro fisico e ideale che vorrebbe separare vite, coscienze ed esistenze, va tutta la nostra solidarietà e il nostro profondo rispetto.

TAZ laboratorio di comunicazione libertaria















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