Umanità Nova, numero 33 del 16 ottobre 2005, Anno 85
Negli ultimi tempi circolava la leggenda urbana che la Legge Fini, la
ultraproibizionista riforma della normativa sulle droghe che negli
ultimi anni ha alimentato gli incubi di milioni fumatori di cannabis,
fosse ormai definitivamente affossata.
Effettivamente, il provvedimento era fermo da giugno in Parlamento in attesa che, su richiesta della commissione Bilancio, fossero quantificati dal Governo i costi della legge per prevederne la copertura finanziaria.
Nelle ultime settimane, tuttavia, si era intensificata la richiesta da parte di diversi esponenti fascisti di una rapida approvazione della proposta di legge. Aveva aperto le danze il Viceduce Gianfranco Fini in persona che parlando all'Eur alla Festa di Azione Giovani aveva mandato in sollucchero i giovani balilla e i giovani littorini lì riuniti dichiarando che il governo era pronto a riprendere la sua crociata contro la marijuana e che stavano pensando di "estrapolare due-tre punti qualificanti del corposo disegno di legge sulla droga e fare su questi un Decreto Legge" (che può essere approvato dal Governo ed entrare in vigore senza passare per il Parlamento che lo deve semplicemente ratificare dopo un certo periodo). A questo tipo di soluzione stava pensando già da tempo l'Astuto Ministro Giovannardi, che aveva suggerito già a giugno di trasformare il disegno di legge in un decreto. Venerdì scorso Giovannardi ha scoperto le carte ed ha annunciato ufficialmente che il Governo proporrà ai capigruppo del Senato uno stralcio del ddl Fini sulle tossicodipendenze, su tre punti la revisione delle tabelle delle sostanze, con la ridefinizione della quantità massima detenibile, al di sotto della quale scatta la sanzione amministrativa e al di sopra invece quella penale (nel ddl Fini, spiega Corleone, sono previste sanzioni penali uguali per tutte le sostanze); l'elevazione del tetto, da 4 a 6 anni, del livello di pena al disotto della quale il tossicodipendente non va in carcere ma in comunità; la possibilità anche per le strutture private di certificare lo stato di tossicodipendente. Questi ultimi due punti sono un grosso favore che il Governo fa alle comunità d'accoglienza. Giovanardi ha definito l'elemento "qualificante" del provvedimento lo stralcio dell'articolo riguarda il "maggiore accesso alle misure alternative al carcere per la persona tossicodipendente che ha commesso reati". Il provvedimento allarga la fascia di tossicodipendenti che seguono un percorso terapeutico in comunità in attesa che la sentenza che li riguarda passi in giudicato, e che potranno quindi, dopo la condanna definitiva, non andare in carcere ma restare nella struttura di riabilitazione. In questo modo, non solo le comunità diventerebbero delle succursali del carcere, ma avrebbero anche sempre più potere ricattatorio nei confronti dei propri ospiti, per cui l'alternativa si restringerebbe tra stare in comunità e stare alle regole spesso draconiane delle comunità oppure andare in galera. L'ultimo punto riguarderebbe inoltre l'adeguamento del "privato sociale" alle strutture pubbliche, per quanto riguarda la certificazione dello stato di tossicodipendenza e la predisposizione del piano terapeutico.
Anche se il ministro ha dichiarato di non avere "Nessuna intenzione di svilire il servizio pubblico", questa proposta ha suscitato le proteste degli operatori del settore che denunciano il rischio che le comunità terapeutiche possano diventare delle sorta di agenzie di detenzione private in cui chiunque abbia abbastanza soldi per pagare può fare rinchiudere una persona scomoda sulla base di una dichiarazione di tossicodipendenza rilasciata dalla comunità stessa. È tuttavia nel primo punto, quello che Giovannardi ha chiamato "l'individuazione delle tabelle" che si dovrebbe realizzare lo spirito della Legge Fini (che vorrebbe trasformare l'Italia nell'unico paese al mondo dove le droghe leggere sono equiparate a quelle pesanti). Giovannardi ha detto cautamente che si tratta di "un parametro investigativo che consentirà alle Forze dell'ordine di distinguere sotto il profilo giuridico le condotte detentive finalizzate alla cessione e quelle tese al consumo" e che saranno stabilite "scientificamente", in base alla quantità di principio attivo nelle varie sostanze. Più concretamente il criminale fascista Riccardo Pedrizzi, responsabile di An per le politiche della famiglia ha detto che in questo modo "si stabilisce quando, da semplici consumatori, passibili di mera sanzione amministrativa, si diventa spacciatori, meritevoli di sanzione penale". Ora, è piuttosto evidente che se io compro due damigiane di vino non divento un barista, così chi si fa un po' di scorta della sua sostanze preferita, non diventa uno "spacciatore", ma tutta questa logica non entra nelle teste vuote dei fascisti nostrani, desiderosi di emulare vent'anni dopo Ronald Reagan che con la sua War On Drugs ha quintuplicato in pochi anni la popolazione carceraria statunitense che è passata dai 400mila detenuti del 1980 agli oltre due milioni di oggi. Nella "individuazione delle tabelle" potrebbe peraltro essere contenuta (anche se Giovannardi non ne ha parlato) l'equiparazione di marijuana e hashish ad eroina e cocaina, in barba ad ogni documentazione scientifica e all'esperienza di ormai diversi milioni di persone.
Insomma, come avevamo preannunciato, l'autunno del proibizionismo sarà piuttosto caldo, in attesa della Conferenza nazionale sulla droga che si farà a Palermo dal 5 al 7 dicembre e contro cui le realtà di movimento palermitano hanno già annunciato mobilitazioni diffuse, mentre anche il moderatissimo raggruppamento denominato "non incarcerate il nostro crescere" (del quale fanno parte la Cgil, il Forum Droghe, il Coordinamento Nazionale Comunità d'Accoglienza ed altre robe istituzionali) ha dichiarato che non parteciperà ai lavori, pur essendo stato invitato dal Governo.
Robertino