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Umanità Nova, numero 33 del 16 ottobre 2005, Anno 85

Da destra a sinistra tutti alla corte di Ratzinger
Roma val bene una messa!



Che ci sarebbe stata, con l'elezione di Ratzinger, una svolta nella politica vaticana era facilmente prevedibile; che questa avrebbe subito una simile accelerazione forse un po' meno. Del resto, la classe non è acqua, e con la capacità di manovra che le va riconosciuta, e che poggia su secoli di esperienza, la Chiesa ha ripreso in mano le carte, ridistribuendole a suo piacimento affinché le regole tornino a essere dettate dal suo magistero.

Si è definitivamente chiusa, ormai, la lunga parentesi wojtiliana, durante la quale la Chiesa ha badato più a superficiali o spettacolari questioni d'immagine che non a una efficace strategia capace di restituirle il suo ruolo. Infatti, nonostante le ossessive attenzioni mediatiche, che hanno sapientemente costruito le bolse immagini di un papa, ora dei giovani, ora della sofferenza, appagandone così lo smisurato ego narcisistico, il pontificato wojtiliano è stato, ci pare, solo una parentesi, durante la quale le capacità attoriche del pontefice non sono andate oltre la parodia. Basti pensare, ad esempio, al recupero degli aspetti più retrivi della religiosità con l'offerta al "popolaccio" della canonizzazione di stregoni e criminali di guerra.

Ma oggi Ratzinger e i suoi elettori accettano a viso aperto, e con orgoglio, la sfida lanciata dalla cosiddetta scristianizzazione della società. Come si ricorderà, il papato tedesco è iniziato all'insegna della lotta al relativismo culturale che, con il Concilio, conferì dignità alle altre confessioni monoteiste, creando le premesse per un incrinamento del dogma che voleva la Chiesa cattolica, non prima inter pares, ma prima e basta. Questo relativismo, che ha in parte allentato le maglie soffocanti del controllo clericale sulla società, obbligando i preti ad accettarne le trasformazioni, oggi torna a essere la bestia nera, il vero nemico del primato di una istituzione che si vuole ispirata dalla parola di un dio infallibile come è infallibile il suo rappresentante in terra.

Naturalmente questa inversione di rotta della chiesa ratzingeriana ha già avuto, ha e avrà pesanti ripercussioni anche su quanti non hanno intenzione di uniformare le loro esistenze a dettami e principi che non condividono. Infatti la Chiesa fa il suo mestiere (perché gridare all'ingerenza o scandalizzarsene?) che comporta mettere i piedi nel piatto delle norme civili quando siano in contrasto con quelle religiose. Abbiamo visto la pesantissima intromissione in occasione del referendum sulla fecondazione assistita, e ora vediamo le manovre accerchianti per giungere alla graduale eliminazione di norme e diritti consolidati: oggi l'aborto, poi in un futuro non lontano, il divorzio. E se per tornare a discutere di aborto si è preso spunto dall'utilizzo delle staminali embrionali e relativa condanna, per rimettere in discussione l'istituto del divorzio si parte da questioni quali i diritti civili delle coppie di fatto o il riconoscimento di quelle omosessuali. Insomma, si ricomincia a parlare apertamente della "famiglia" in termini che parevano superati e a riproporre l'indissolubilità del matrimonio non come un dogma per i credenti, ma come una regola universale. Non c'è dubbio, come diceva Giordano, non si lasciano intimidire e non la mandano a dire. E le armi sono quelle di sempre, della minaccia e del ricatto. Armi spuntate se la cosiddetta classe dirigente non fosse l'accozzaglia di bigotti baciapile a corrente alternata che conosciamo.

Come si è detto più volte, non esiste un partito cattolico perché ormai lo sono tutti, e quindi l'efficacia del ricatto clericale si è moltiplicata quante sono le forze politiche. E questo ricatto spudorato vede competere i politici a chi sia più devoto e obbediente al papa. Ovviamente continueranno ad esserci dei distinguo - se non altro per salvare le forme - ma basta vedere cosa è appena successo con l'Ici per rendersi conto di cosa si prepari. Esentare le proprietà ecclesiastiche, anche quelle a fini di lucro, infatti, non è stata l'invenzione creativa del laico Tremonti, ma la riproposta di un provvedimento che trova origine nel lontano 1992, in tempi, cioè, non sospetti. E questo la dice lunga sulla sincerità dei lamenti del centrosinistra e di Prodi (che sia perché non ha potuto prendersene il merito?) per questo scandaloso provvedimento che ci costringe a versare un obolo alla Chiesa, dato che il mancato introito dovrà essere compensato da aliquote più alte e minori servizi. Uno scandalo, certo, ma che trova spiegazione nella voluttà di baciare la sacra pantofola, sapendo che, anche in questo mondo materialista, il ragazzo che sballa in discoteca o il no global con passamontagna d'ordinanza, quando vanno a votare possono essere sensibili alla parola del parroco. Per non parlare della famosa casalinga di Voghera!

Del resto il rilancio della moral suasion dei preti non è casuale e infatti gli elettori di Ratzinger hanno scelto consapevolmente quello che avrebbe saputo fare il "lavoro sporco" di riprovare a imporre la presenza di Dio nella società. Ma se questo è il minimo che ci si debba aspettare dai preti, diventa ovviamente un problema per i non credenti. Affermare, infatti, che non è accettabile che "la fede sia ridotta a fenomeno privato con la conseguente cacciata di Dio dalla vita pubblica" significa tornare ai tempi in cui anche chi non condivideva il credo religioso doveva subirne le imposizioni. Insomma, una restaurazione in piena regola che fa piazza pulita di quel residuato bellico della chiesa del cosiddetto dissenso, che per la sua assurda pretesa di "democratizzare" l'istituzione, si è piamente presa venti anni di legnate dal prete polacco e viene ora rimessa al suo posto dal tedesco. 

Sorprende a questo punto il rituale "al lupo! al lupo!" evocato da politici che paiono preoccupati da tale offensiva. Se ne salviamo uno o due, infatti, gli altri sono pronti a prostrarsi al prelato di turno, a riconoscerne il ruolo politico, a pendere dalle sue labbra, pensando che la Chiesa, oltre a portare voti, possa essere un'istituzione aperta, paritetica e pronta al dialogo. Legittimando quel ricattatorio potere "morale" che la Chiesa rivendica, nella convinzione di essere la sola depositaria della verità, dell'etica e della morale.

Questo è il problema reale, al centro della nuova "questione religiosa". E se qualcuno non ne ha ancora compreso i termini, lo ha invece fatto la Chiesa, combattendo un relativismo che pone sullo stesso piano i bisogni spirituali e quelli materiali, e opponendosi alla forza sovversiva della differenza e della trasgressione. Conscia che per preservare il suo ruolo deve riproporre temi forti, ricollocandoli nella società non solo con la forza della persuasione ma, soprattutto, con la brutalità del ricatto. La portata di questa strategia sfugge a chi dovrebbe difendere i più elementari postulati del laicismo e quella separazione fra dimensione personale e collettiva che ancora ci consente qualche libertà. Presto vedremo riaffermarsi un clima "medioevale" nel quale il potere clericale cercherà di imporre le proprie credenze e moralità, e vedremo anche i devoti Fassino, Bertinotti e Rutelli pronti, pur di ricevere dalle grasse e flaccide mani di qualche pretone la sacra particola, a rinnegare le precorse difese di leggi inique e peccaminose quali quelle relative all'aborto e al divorzio.

Anche Roma val bene una messa!

Massimo Ortalli
















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