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Umanità Nova, numero 33 del 16 ottobre 2005, Anno 85

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L'Aquila: manifestazione studentesca
Il 10 ottobre un centinaio tra studenti, insegnanti, ricercatori, precari e disoccupati hanno dato vita ad una manifestazione che, attraversando il centro storico, è giunta al palazzo della Regione.
Con questa manifestazione si è voluto ribadire il forte dissenso contro quel filo conduttore che lega strettamente Legge 30, Riforma Moratti e Legge 53. Un insieme di manovre di natura "privatistica" che vogliono una società di lavoratori precari privati dei diritti fondamentali; un nuovo sistema scolastico e universitario che automaticamente dividerebbe la società in "chi produce" e "chi dirige"; una ricerca del sapere, una cultura omologata ed una didattica sempre meno libera, direttamente consegnate alle esigenze e ai tempi delle aziende e delle imprese e che inevitabilmente andrebbero a creare nuove generazioni di precari.
Nel mese di giugno, nel più totale silenzio, la neogiunta regionale di centrosinistra, invece di schierarsi in difesa del lavoro e della formazione, approva all'unanimità la delibera che propone la regione Abruzzo come "pilota" di alcuni aspetti di Riforma Moratti e Legge 53, tra cui: gestione e finanziamenti "provincializzati" della formazione tecnica e professionale; alternanza scuola lavoro; parificazione di alcune agenzie formative che, ricevendo legittimità e fondi dalle province, andrebbero di fatto a configurarsi come nuove scuole private e a monopolizzare la formazione tecnica e professionale.
Qualcuno ha recentemente dichiarato che la disoccupazione in Abruzzo è al disotto del 7%: cifra addirittura "invidiabile" a livello europeo! purtroppo ottenuta grazie alla diffusione di contratti CO.CO.CO e simili, grazie a lavori precari e a stipendi da fame. Contemporaneamente si assiste alla chiusura a catena di tutti i poli industriali della provincia: Sulmona, L'Aquila e Avezzano.
La manifestazione di lunedì 10 ottobre dunque, attraverso una delegazione, è entrata direttamente nel palazzo regionale per chiedere il ritiro immediato della suddetta delibera, le dimissioni degli assessori che l'hanno approvata, l'opposizione concreta e di tutti a Legge 30, Riforma Moratti, Legge 53.
Da un testo inviato da Eddy

Parma: sgomberato il centro sociale
Nella mattinata di venerdì 7, nelle prime ore del mattino, la giunta Ubaldi ha portato a termine il proprio sporco lavoro, sgomberando lo spazio sociale "Mario Lupo", che la settimana precedente era stato rioccupato dopo un primo tentativo di sgombero. (cfr. UN 32).
Ma non è stato facile. Nonostante l'imponente impiego di forze del disordine statale e comunale e nonostante la pioggia battente che ha sferzato per l'intera giornata gli occupanti e i tanti accorsi in solidarietà, la resistenza è andata avanti sino a tarda serata.
Infatti mentre la polizia penetrava nei primi piani dell'edificio, dando il via ai lavori di muratura e demolizione, cinque occupanti salivano sul tetto sul quale rimanevano per quasi venti ore.
Per l'intera giornata si è tenuto un presidio di solidarietà cui hanno complessivamente preso parte almeno 300 persone.
La polizia ha più volte tentato di far scendere dal tetto i cinque occupanti. Vi è stato persino un tentativo di colpirli con bulloni da parte degli uomini in divisa e la chiusura dell'abbaino. Intorno a mezzogiorno alcuni operai incaricati dal Comune hanno cominciato a demolire il pavimento del primo piano e il sottotetto, mettendo a serio rischio l'incolumità delle persone che stavano sulle tegole in equilibrio precario. Solo la reazione dei presenti ha bloccato la criminale iniziativa.
Per sabato 15 gli ex-occupanti annunciano una manifestazione cittadina. Alla manifestazione prenderà parte anche uno spezzone rosso-nero promosso dagli anarchici parmigiani.
Euf. (fonti: indymedia; comunicato del "Mario Lupo"; failist e, soprattutto, gli sms in tempo reale inviati da Donato, che ringraziamo).

Torino: 20 compagni accusati di devastazione e saccheggio.
Il PM Tatangelo di Torino ha concluso la sua inchiesta e ha chiesto il rinvio a giudizio per 20 antifascisti ed antirazzisti torinesi, che avevano preso parte all'iniziativa contro il Cpt-lager di corso Brunelleschi del 19 maggio e alla manifestazione antifascista del 18 giugno.
A maggio i manifestanti avevano dato vita ad un presidio di solidarietà con i migranti in rivolta contro le deportazioni. Durante il presidio alcuni manifestanti si erano arrampicati sul muro esterno del Cpt mentre altri tentavano di praticare un buco: la reazione della polizia non si era fatta attendere ed era partita la carica. Al termine della giornata era stato arrestato un antirazzista alpignanese, Giovanni, poi rilasciato due giorni dopo con obbligo di firma.
Il 18 giugno un corteo antifascista aveva attraversato il centro cittadino per protestare contro il ferimento ad opera di una squadraccia fascista di due occupanti del Barocchio Squat, uno dei quali era stato poi operato d'urgenza.
La polizia aveva fermato il corteo in via Po, in pieno centro cittadino, per impedirgli di attraversare la vicina piazza Castello: un pretesto per giustificare le cariche successive, durante le quali i tutori del disordine avevano provocato il caos, lanciando lacrimogeni e inseguendo i manifestanti sotto i portici. Quattro manifestanti venivano fermati e condotti in questura. Per due di loro scattava l'arresto in seguito a false accuse di resistenza e lesioni e trascorrevano al carcere delle Vallette due settimane, al termine delle quali il tribunale del riesame ne stabiliva la scarcerazione con obbligo di firma. Il giorno dopo la loro liberazione un partecipato corteo organizzato dalla FAI torinese attraversava il centro di Torino. Ma non era ancora finita: questura, magistratura e amministrazione comunale avevano trovato il pretesto per dare il via alle grandi "pulizie" in vista delle Olimpiadi invernali del febbraio 2006. Il 20 luglio 17 antifascisti ed antirazzisti torinesi, in buona parte anarchici, venivano raggiunti da un avviso di garanzia per il reato di devastazione e saccheggio, roba che per il codice penale significa da 8 a 15 anni di reclusione. Un reato che, per capirci venne applicato per il disastro del Vajont (tre paesi spazzati via e 3.500 morti) ma che, da pochi anni a questa parte, assieme ai famigerati reati associativi, viene usato per colpire l'opposizione sociale.
Nei confronti di 10 compagni si aprono le porte del carcere: 7 verranno arrestati immediatamente, altri due si presenteranno un mese dopo, mentre l'ultimo è stato preso il 5 ottobre.
Per i primi sette, dopo quasi venti giorni di galera la magistratura disporrà gli arresti domiciliari, dove si trovano tutt'ora. Il 28 luglio un partecipato corteo cittadino ne chiederà la liberazione. Contemporaneamente agli arresti viene sgomberato e messo sotto sequestro giudiziario il Fenix. Prima del Fenix era stata la volta dell'Osservatorio ecologico (tre sgomberi), dell'LSO e del Tortuga. A fine settembre la pulizia olimpica spazza via le ultime due case occupate ai giardini reali, l'Alcova e la Rrosalia.
A settembre gli arrestati fanno istanza di libertà ma il magistrato la nega. Ai primi sette arrestati viene concessa la possibilità di uscire per recarsi al lavoro, mentre altri tre sono obbligati alla firma bisettimanale.
Con il deposito dell'istruttoria da parte del PM Tatangelo la manovra repressiva di delinea in tutta la sua gravità.
Per 10 compagni, i due (Massimiliano e Silvio) arrestati in piazza il 18 luglio e gli altri (Andrea, Darco, Fabio, Manu, Mauro, Sacha e Tobia) presi il 20 luglio e il 5 ottobre (Roberto) l'accusa è di devastazione e saccheggio, resistenza alla forza pubblica, lesioni ad agenti di polizia, corteo non autorizzato. Rischiano oltre 15 anni per aver partecipato ad un corteo antifascista.
Gli altri 10, per l'iniziativa al Cpt del 19 maggio, sono accusati di resistenza alla forza pubblica, lesioni ad agenti di polizia, corteo non autorizzato.
Nonostante la repressione le iniziative in città continuano, dimostrando a lor signori che il loro tentativo di tappare la bocca all'opposizione sociale non fa che metter voglia di gridare più forte.
I compagni della FAI torinese fanno appello affinché nelle varie località si svolgano iniziative di controinformazione su repressione e pulizia olimpionica a Torino e ricordano che è sempre aperta la sottoscrizione per gli antifascisti e antirazzisti sotto inchiesta. (ccp 33280108, intestato ad Ass. L'Antistato, Torino, specificando la causale). Per info: fat@inrete.it; 338 6594361; 011 857850.
Mortisia

Ultim'ora a Firenze: sgombero del Maf
La storica sede anarchica di Vicolo del Panico, occupata da oltre trent'anni è stata sgomberata nella mattina dell'11 ottobre. I compagni asserragliati all'interno hanno tentato di resistere allo sgombero attuato da un imponente schieramento di polizia, costruendo barricate che sono state demolite dalle forze del disordine statale. Gli occupanti, una ventina circa, sono stati identificati e denunciati dalla polizia per resistenza e lesioni, perché, secondo la versione fornita dagli uomini in divisa, alcuni di loro sarebbero stati feriti durante lo sgombero. Nel pomeriggio si è svolto un presidio di solidarietà nella vicina piazza della Repubblica.
Sullo sgombero riportiamo il comunicato di solidarietà immediatamente emesso dalla CdC della FAL: "Nel nome di Lanciotto Ballerini, primo partigiano caduto nella provincia di Firenze, anarchico, la Commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Livornese (FAI), esprime la propria solidarietà agli occupanti del Movimento Anarchico Fiorentino. Oggi, dalle 7 dell'11 ottobre, stanno sgomberando la sede del Maf di vicolo del Panico, a Firenze. Sede storica del movimento anarchico fiorentino fin dagli anni '70, nei mesi scorsi aveva ricevuto ordinanza di sfratto. Nel pieno centro di Firenze, questo luogo é sempre stato una spina nel fianco per tutte quelle amministrazioni comunali che hanno fatto dell'immagine-vetrina della città e della speculazione edilizia il cardine della loro politica. Invitiamo le organizzazioni antifasciste e del movimento operaio a impedire questo ennesimo atto di repressione."
Euf.
















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