Umanità Nova, numero 34 del 23 ottobre 2005, Anno 85
Alla vigilia delle scadenze nazionali di Gradisca d'Isonzo e di Bari,
il movimento antirazzista deve fare i conti con una situazione sociale
e politica delicatissima.
Contro ogni logica umana e al di là di qualsiasi senso etico, le reazioni governative all'inchiesta giornalistica de L'Espresso che ha portato alla ribalta dell'opinione pubblica le reale brutalità del lager per immigrati di Lampedusa, sono state perentorie e tragicamente improntate a una ragion di Stato che non conosce mezzi termini.
Il ministro Pisanu ha impiegato pochissimi minuti durante il question time per riferire in Parlamento le sue posizioni sul CPT di Lampedusa e, più in generale, gli orientamenti del governo per ciò che riguarda le politiche in materia di immigrazione.
Pisanu è stato chiarissimo: non solo i Centri di Permanenza Temporanea vanno mantenuti, ma vanno senz'altro migliorati e aumentati per tre semplici ragioni.
La prima è che senza CPT l'Italia uscirebbe dall'area di Schengen. La seconda è che la pressione migratoria dalle regioni subsahariane e dal Corno d'Africa aumenta in maniera esponenziale ogni giorno che passa. Infine, i CPT servono a distinguere "i clandestini veri e propri da quelli che chiedono asilo o hanno diritto ad altre forme di protezione umanitaria".
Proprio quest'ultima motivazione ha in sé – più delle altre – i germi della malafede: i centri d'identificazione, che dovrebbero essere i luoghi deputati al trattenimento dei richiedenti asilo e allo stesso tempo posti relativamente aperti dai quali entrare e uscire liberamente, sono spesso usati come CPT: vere e proprie zone grigie che diventano alla bisogna dei campi di internamento per qualsiasi immigrato, rifugiato e non. Per il resto, Pisanu ha dimostrato di essere uomo di apparato che non deve chiedere scusa a nessuno. Per quelli come lui la libertà di circolazione per merci e capitali è una priorità assoluta e poco importa se c'è un Sud del mondo che bussa disperatamente alla nostra porta.
Da Lussemburgo il ministro Castelli ha invece rincarato la dose con l'arroganza che contraddistingue i leghisti: non solo ha negato i fatti accusando pesantemente la redazione de L'Espresso di essersi inventata tutto, ma si è poi preso una grossa soddisfazione nel ricordare a chiunque l'esempio del governo di sinistra spagnolo che non esita a sparare sui migranti pur di salvaguardare l'integrità delle frontiere nazionali. Come dargli torto, d'altronde?
Mentre l'inchiesta interna e quella della magistratura di Agrigento vanno avanti sull'affare Lampedusa, il vice-presidente e commissario europeo alla Libertà-Giustizia-Sicurezza Franco Frattini si produce in abili equilibrismi politici che cercano di salvare capre e cavoli: per Frattini, le violenze contro i clandestini sono "inammissibili" e il reportage di Fabrizio Gatti è "molto interessante e richiede un'approfondita inchiesta".
Il Centrosinistra tuona tutta la sua collera con la solennità di chi scopre l'acqua calda. Ancora una volta è interessante sottolineare la trasparenza di certi personaggi quali Luciano Violante, Livia Turco e Carlo Leoni che in una loro interrogazione parlamentare hanno chiesto al governo come pensa di "garantire un effettivo controllo su quello che accade là dentro". Proprio a costoro bisognerebbe chiedere che tipo di controllo avevano previsto per i CPT visto e considerato che furono loro a introdurli nell'ordinamento giuridico.
Mentre la politica annaspa nella sua miseria e nell'esercizio scientifico della real politik, la vita vera scoppia senza chiedere il permesso. Mercoledì 12 ottobre poco più di quaranta immigrati hanno scatenato una rivolta durante il loro trasferimento in pullman dal Centro di Permanenza Temporanea di Caltanissetta all'aeroporto di Catania. Si trattava di uno dei tanti rimpatri preceduti da un rastrellamento come sempre avviene in questi casi. Questa volta però, gli immigrati hanno dato battaglia costringendo i mezzi a fermarsi in autostrada, ingaggiando un drammatico corpo a corpo con gli agenti di polizia e tentando la fuga tra le campagne che circondano l'autostrada A19. Nessuno è però riuscito a far perdere le proprie tracce dopo un'intensa caccia all'uomo, ma sta di fatto che decine di persone tra poliziotti e migranti sono rimaste ferite e gli stessi sindacati di polizia cominciano a lamentare imbarazzo e disagio.
Tutto molto prevedibile a dire il vero, e in qualche modo inevitabile.
La repressione, lungi dall'arginare il fenomeno migratorio, ne ha
esaltato i tratti solidaristici e di condivisione di un destino comune.
Gli immigrati sono perfettamente consapevoli della natura autoritaria delle politiche europee sull'immigrazione poiché vivono quotidianamente sulla loro pelle leggi come la Bossi-Fini e la vocazione repressiva che le ispira.
Tentativi di fuga dai CPT, rivolte, proteste nei quartieri abitati
massicciamente da immigrati sono ormai uno scenario di conflitto
permanente che non può non preoccupare i rappresentanti dello
Stato.
Da parte loro negare tutto questo è forse un segnale di
debolezza o di comprensione del fatto che tutto ciò non
potrà andare avanti per molto tempo ancora.
Negli ultimi anni e ancor più negli ultimi mesi, gli immigrati dimostrano di saper fare da sé: oltre ai singoli episodi drammatici quali le rivolte o la resistenza organizzata a operazioni (sporche) di polizia, le numerose esperienze di autorganizzazione tra i migranti in tutta Italia sono un segnale di vitalità dal quale prendere spunto per costruire un'alternativa reale allo stato di cose presenti.
Sostenere i migranti nella lotta antirazzista significa proprio questo: valorizzare l'autonomia dei gruppi e/o dei singoli senza delegare l'azione antirazzista ad alcuno.
Le vicende in Friuli Venezia Giulia legate alla costruzione del super-CPT di Gradisca hanno rivelato un alto grado di compromissione di un Centrosinistra che non riesce neanche minimamente a scontare la colpa originale di aver istituito per primo i CPT.
Svelare le ambiguità e sbugiardare ogni responsabilità è un dovere politico ineludibile per chi ha realmente a cuore la libertà di tutte e di tutti.
L'antirazzismo è oggi un terreno di conflitto che non ammette mediazioni perché non è possibile mediare su ciò che è umano e ciò che non lo è. Lo Stato, le sue leggi, i suoi interessi e i suoi tutori cancellano l'umanità togliendole il respiro vitale della libertà, dell'autodeterminazione, della dignità.
Gli immigrati lo hanno capito bene, e possono senz'altro contare su di noi.
TAZ laboratorio di comunicazione libertaria