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Umanità Nova, numero 35 del 30 ottobre 2005, Anno 85

21 ottobre: sciopero generale e manifestazione a Roma
Concertazione? No, grazie!


Un dopo l'altro messi di sventura

Torino, 20 ottobre - Mentre esco da casa per recarmi in stazione a prendere il treno per Roma, mi telefona un delegato aziendale della CUB di un ospedale per informarmi del fatto che due capo sala diffondono la voce che lo sciopero del 21 ottobre è stato revocato.

L'ordinanza della Commissione di Garanzia per (in realtà contro) l'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali, che ha vietato lo sciopero nel settore dei trasporti, ha colpito due volte:

- in primo luogo, ovviamente, i lavoratori dei trasporti;

- in maniera più ampia, in tutte le categorie, grazie al fatto che si è diffusa la voce che lo sciopero generale è stato revocato.

Nei due giorni precedenti lo sciopero siamo stati costretti ad un lavoro enorme di chiarimento, informazione, denuncia delle scorrettezze da parte delle aziende, dei sindacati istituzionali, delle amministrazioni.

Alla Lear, una media azienda metalmeccanica torinese, i capireparto tolgono il manifesto d'indizione dello sciopero dalle bacheche sindacali, anche su pressione dei delegati FIOM: i compagni passano in sede a prendere volantini da distribuire e preparano una denuncia all'azienda per comportamento antisindacale.

Lo sciopero del 21 ottobre, ma quando mai uno sciopero del sindacalismo alternativo non affronta questi problemi? ha dovuto fare i conti: con il fragoroso silenzio dei media, compresi quelli della sinistra d'opposizione; con un pesantissimo intervento della Commissione di Garanzia; con il fatto che CGIL-CISL-UIL hanno indetto uno sciopero, formalmente contro la legge finanziaria ma in realtà sulla partita dei fondi pensione, per il 25 novembre; con incredibili sabotaggi di Trenitalia, che ha negato treni precedentemente concordati, e pagati, per la manifestazione; con il fatto che i sindacati istituzionali, ma anche, in qualche caso, i Cobas scuola, hanno indetto assemblee in orario di servizio proprio, guarda caso, il 21 ottobre; con polemiche indirette e pesanti da parte degli stessi Cobas Scuola e della Confederazione Cobas, della quale fanno parte, che hanno scelto di scioperare il 25 novembre con CGIL-CISL-UIL, e di pubblicizzare questo sciopero con manchette pubblicate sui giornali prima ancora dello sciopero del 21 ottobre.

Uno sciopero con caratteri nuovi

Uno sciopero difficile, dunque. Uno sciopero, d'altro canto, che ha messo al centro alcuni punti nodali: reddito, pensioni, scippo del TFR, opposizione alla precarizzazione, in una parola l'aperta ed esplicita opposizione alla concertazione. Non solo l'opposizione alla legge finanziaria, ma l'individuazione di una piattaforma che ha un valore di medio periodo.

Traendo i necessari insegnamenti dall'esperienza negativa dello sciopero del 3 dicembre 2004, quando la CUB, lo Slai Cobas e l'USI, a causa del trascinarsi delle trattative interne al sindacalismo alternativo, indissero la mobilitazione tardi (e dopo quella rituale e concertativa, ma visibilissima, dei sindacati istituzionali), con l'effetto di dar vita ad una manifestazione di dimensioni modeste, la gran parte dei sindacati alternativi, in quest'occasione, ha saputo praticare l'unità e la capacità di muoversi autonomamente.

CUB, CNL, SULT, Sin Cobas, USI, Unicobas hanno trovato un accordo che ha dimostrato che, se si ragiona sui contenuti, guardando al futuro e agli interessi generali del movimento dei lavoratori e delle lavoratrici, si possono metter da parte le divergenze passate. Di conseguenza, hanno agito insieme, e questa scelta ha già dato alcuni frutti da non sopravvalutare, ma nemmeno da sottovalutare.

È, infatti, perfettamente chiaro - basta guardare allo scontro interno al governo e fra governo ed opposizione parlamentare - che, per CGIL-CISL-UIL, la partita in corso riguarda il controllo dei fondi pensione. Settori della maggioranza hanno, capita ogni tanto, riscoperto una posizione ostile al sindacalismo istituzionale e proposto la possibilità di tagliargli parte dei massicci finanziamenti che negli anni passati non sono mai stati messi in discussione. Al contrario, i settori "sociali" della stessa maggioranza, democristiani interni ed esterni a Forza Italia, fascisti e leghisti, continuano nella linea della concertazione.

Una partita da molti miliardi di euro, fra fautori dei fondi chiusi a gestione sindacale (come prezzo da pagare al taglio concertato delle pensioni) e fautori della liberalizzazione radicale della previdenza ma, in ogni caso, uno scontro che vede tutti questi signori d'accordo sul fatto che le pensioni vanno tagliate e che il capitalismo dei fondi pensione deve decollare.

A maggior ragione, lo sciopero del 21 ottobre assumeva una qualità politica forte come momento di aperta rivendicazione di un'inversione di tendenza.

Parlare di salario, di pensioni, di precariato oggi e parlarne senza ambiguità, legare la propaganda all'azione, è una scelta non semplice che ha il pregio evidente di porre le premesse per iniziative future di lotta, qualsiasi sia la prossima maggioranza parlamentare.

Un corteo che rende visibile l'opposizione sociale

Ovviamente, lo sciopero ha coinvolto gruppi di lavoratori e di lavoratrici, soprattutto nelle aree del paese e nelle aziende ed amministrazioni dove il sindacalismo di base ha un adeguato radicamento. Non è stato, quindi, certamente maggioritario.

Il corteo ha visto, d'altro canto, una presenza robusta di lavoratrici e lavoratori del settore privato e di quello pubblico, persone non venute perché convocate dalla televisione e dai giornali, ma perché raggiunte, con una sorta di passaparola, dai sindacati di base.

Una realtà, come spesso abbiamo notato, esterna al cono di luce mediatico, una realtà di donne e di uomini che praticano quotidianamente un'azione di contrasto alle politiche governative e padronali.

All'inizio, capita spesso così, sembrava si fosse in pochi, treni e pullman arrivavano in ritardo, i romani, come di norma, si sono alzati con calma.

Appena, però, il corteo è partito e si è snodato, è stato chiaro che la mobilitazione, senza enfatizzare troppo, questa volta è riuscita.

Decine e decine di spezzoni cittadini, d'azienda, di categoria con i loro striscioni ed i loro cartelli. I disoccupati napoletani si distinguevano per la vivacità spettacolare, non è forse Napoli la città di Pulcinella, maschera ben più seria di quanto credano i superficiali?; lo spezzone di Vicenza ricordava il licenziamento da parte della Marzotto di un delegato della CUB Tessili, contro il quale si fanno scioperi e mobilitazioni quotidiane; i vigili del fuoco denunciavano la militarizzazione del corpo; i lavoratori della scuola diffondevano volantini che raffiguravano il Ministro Moratti come un untore che infetta la scuola con il virus aviario morattiano; gli spezzoni di fabbrica davano visibilità ad un lavoro industriale che il potere vuole invisibile e "superato". Molti compagni e compagne indossavano magliette con la scritta "A fine stipendio avanza troppo mese" o con altri slogan altrettanto efficaci.

E ora?

Gli stessi media istituzionali sabato hanno dovuto rendere conto del corteo: questo risultato è importante ma, a mio avviso, secondario rispetto all'essenziale.

Sono, infatti, possibili alcune prime considerazioni:

- L'unità realizzata il 21 ottobre può essere l'esperienza di un giorno ma, se si saprà lavorare sulla base di questo primo passo, pone condizioni favorevoli ad un percorso unitario sul territorio. Già in diverse città si stanno definendo iniziative comuni sui temi che hanno caratterizzato lo sciopero. Un percorso da favorire con la massima determinazione.

- Il sindacalismo di base ha marcato la sua autonomia dal quadro politico e dal sindacato istituzionale. Quello che è nella pratica dello sciopero deve essere, però, una consapevolezza generale ed un'identità da rivendicare con orgoglio, opponendosi ad ogni tentativo di reintrodurre la pratica sciagurata della cinghia di trasmissione, in versione terzointernazionalista, o della lobby, in versione più moderna.

- Gli scioperi generali del sindacalismo di base sono, è bene averlo chiaro, una forma d'azione comunicativa. Quello che conta veramente è la lotta quotidiana sui temi che caratterizzano questi stessi scioperi. Queste lotte vanno sviluppate, coordinate, rese visibili.

Su questi temi si tratta di lavorare nei prossimi mesi, questa è la scommessa vinta il 21 ottobre ma che, nella sua interezza, si giocherà d'ora in avanti.

Cosimo Scarinzi

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