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Umanità Nova, numero 36 del 13 novmbre 2005, Anno 85

Nonnismo? No grazie… cioè si prego
La patina democratica dell'esercito italiano


Se qualcuno se lo fosse perso, come prova illuminante della "notevole evoluzione" in atto nell'Esercito Italiano è stato realizzato un manifesto per la campagna contro il nonnismo nei ranghi delle mai troppo "amate" Forze Armate.

Il concetto chiave è che "il nonnismo semplicemente non ha senso" in quanto "anzianità di servizio significa esperienza e quindi responsabilità anche nell'aiutare gli altri", lasciando noi antimilitaristi malelingue di stucco nell'apprendere cotanta ragionevolezza. Se poi andiamo ad indagare, a conferma di tale "vocazione" possiamo apprendere che già dal 1988 lo Stato Maggiore dell'Esercito ha istituito una Commissione di esperti incaricata di approfondire la problematica sotto gli aspetti fenomenologici su questa insana e inspiegabile(?) pratica cameratesca.

Tutto questo popò di studi e analisi è stato così interessante e proficuo dall'aver indotto lorsignori a istituire successivamente un "Osservatorio Permanente sulla qualità della vita nelle caserme e sui disagi sofferti dal personale".

Non ci credete? Ebbene esiste anche un numero verde contro il nonnismo (800-228877) "allo scopo di assicurare la disponibilità di una linea diretta di confronto e scambio tra i militari, senza timore di censure o ritorsioni e, nello stesso tempo, al fine di intervenire con tempestività nei casi dichiarati di nonnismo."

Il caso della recluta Nicola F.

A conferma di questa notevole evoluzione la recluta Nicola F. di 24 anni espose prontamente il suo caso al tribunale militare. Perché?

Il 18 marzo scorso l'allora militare di leva in forza alla Folgore chiese al caporalmaggiore Valentini di liberare il telefono d'ufficio per una chiamata di servizio.

Non d'accordo con la richiesta Valentini avrebbe ordinato alla recluta di "pompare a terra" chiedendo alla caporalessa Roberta Savoia (24 anni) lì presente di prenderlo a calci così non gli sarebbe più servito il telefono.

Ma nonostante l'avvocato di Nicola avesse portato la denuncia e la conferma di due testimoni diretti apprendiamo dalla stampa del 22 ottobre che per il giudice del tribunale militare "il fatto non sussiste". La sentenza, pronunciata dal Tribunale di La Spezia, assolve quindi i due graduati evitando il balzo mediatico alla caporalessa di essere additata come la "prima donna condannata per nonnismo" nelle file delle Forze italiche.

Ovviamente i testimoni dell'accusa, considerati ininfluenti per il verdetto, erano delle semplici reclute.

Ma il nonsense del nonnismo è ben sintetizzato all'uscita del tribunale dalla caporalessa che gioiosa per l'assoluzione commenta così ai giornalisti: "non mi sarei mai arresa perché io sono un parà!".

A chiosa della corretta informazione va chiarito che "la qualità della vita nelle caserme" sta a cuore anche alla chiesa cattolica tanto che affinché "il giovane che affronta il servizio militare non vada incontro a forti crisi a causa di dinamiche psico-sociali completamente differenti da quelle dell'esperienza fino a quel momento vissuta" (ma no?) la Fondazione Exodus del telegenico Don Antonio Mazzi partecipa al progetto avviato dallo SME "allo scopo di fornire alle giovani reclute gli strumenti culturali idonei a risolvere i momenti di crisi in modo costruttivo ed efficace".

Nella vicenda in questione siamo certi che da una parte la vocazione democratica dell'Esercito e dall'altra quella spiritual-culturale della chiesa sapranno garantire una idonea soluzione alla recluta umiliata, sottomessa e presa a calci, affinchè:

"- il grado di consapevolezza e di appartenenza ad un corpo sociale verso il quale esiste un necessario rapporto di doveri e diritti, del quale sono partecipi ed in qualche misura co-responsabili;

- il grado di consapevolezza circa la fase di passaggio verso la vita adulta, con tutte le dimensioni a questa connesse."

Considerazioni sempre attuali

Che il nonnismo abbia una funzione (ieri come oggi) molto chiara e semplice nei processi d'identificazione militaresca è fatto assodato anche dalle menti più ingenue e candide. Il soldato appartiene ad un sistema gerarchico di relazioni o meglio appartiene al sistema gerarchico per eccellenza, da cui la società strutturata attraverso lo stato, attinge e forgia le proprie dinamiche sociali ed economiche. La storia dell'uomo è storia di guerra e militarismo.

La gerarchia è il fondamento dell'esercito, di qualsivoglia esercito, senza la quale non si potrebbe spiegare come le più grandi stragi e genocidi abbiano potuto verificarsi nella storia dell'umanità.

Non è la sede per elencare, citare e sostenere dati, esempi e vicende ampiamente documentate (Umanità Nova è di per se un patrimonio costante in tal senso), tuttavia va ribadito quanto da Abu Ghraib al Cermis passando per i moltissimi casi di morti "inspiegate" fra le caserme nostrane spiegano oggi più che mai come funzioni un esercito e il ruolo della gerarchia come "sistema".

Ciò che invece è importante sottolineare è la funzione di "democratizzazione" formale e semantica di quei settori-apparati statali che ancora conservano a proprio discapito un'aurea d'impresentabilità o comunque di "antipatia", per usare un termine caro alla politically correct, verso l'opinione pubblica.

Da questo punto di vista lo sforzo italico nella ridefinizione della percezione dell'Esercito è un passo tanto fondamentale per il futuro a venire quanto interessante per gli strumenti che di volta in volta vengono adottati.

La democratizzazione dell'esercito è da sempre un cavallo di battaglia della cosiddetta sinistra, dal vecchio PCI ai DS e a Rif. Comunista. Non è un caso che la professionalizzazione sia stata affrontata proprio da una compagine centrosinistra al governo, così come non può essere sottovalutata la funzione guerrafondaia di quella compagine rispetto all'Albania prima e all'Ex Jugoslavia poi, considerando che al contrario delle oceaniche manifestazioni antiguerra di questi anni di destra al governo, all'epoca, il popolo della pace a malapena aggregava qualche migliaio di persone davanti alle Basi USAF e NATO, con le parole d'ordini di: "contro la guerra con i Se e con i MA".

Quello che deve essere affrontato e compreso è il ruolo cruciale dei sostenitori della democratizzazione nella transizione al cosiddetto Nuovo Dis-Ordine Globale. Gli strumenti formali e rappresentativi della "democrazia matura", anche se molti stanno accorgendosi di essere dei semplici orpelli burocratici (in sostanza zuccherini per accontentare i sudditi), devono essere adottati anche in seno alla Difesa e al suo complesso militare in modo da potersi presentare (autorappresentarsi) come sufficientemente digeribili sul piano pubblico, mediatico e giuridico.

Buoni propositi

Gli articoletti dei vari rotocalchi da cui abbiamo appreso il fattaccio della parà graziata non fanno altro che confermarci quale sia la regola all'interno di un sistema irriformabile come quello militare.

Una "rinfrescata" alla facciata del baraccone e qualche capro espiatorio di tanto in tanto danno il polso di cosa sia questa democratizzazione e di quanto sia controproducente, in termini concretamente pacifisti, sostenerla.

Gli eserciti vanno aboliti, la militarizzazione va contrastata e il militarismo minato alle sue fondamenta: disertandolo e denunciandolo. 

L'unico modo per sconfiggere il nonnismo è abbattere le gerarchie che lo sostanziano. Commissioni, Osservatori, numeri verdi e preti sono gli strumenti della democrazia per salvaguardare l'esercito.
L'antimilitarsimo è l'unico mezzo che gli individui liberi e autonomi hanno per progettare e costruire un mondo senza guerre.

Stefano Raspa


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