Umanità Nova, numero 37 del 20 novmbre 2005, Anno 85
Si è svolto lunedì 7 novembre a Roma un convegno
organizzato dalla Direzione Nazionale dei Democratici di Sinistra dal
titolo "Le nuove sfide della Difesa Italiana".
Presenti all'iniziativa, tra gli altri, il segretario dei DS Fassino, Marco Minniti (responsabile Sicurezza e Difesa del partito), il Ministro della Difesa Antonio Martino e il capo di Stato maggiore della Difesa Gianpaolo Di Paola.
Con un raggelante spirito di servizio, Minniti ha presentato una relazione dalla quale emerge la perfetta condivisione da parte dei Democratici di Sinistra di tutto l'armamentario ideologico che sta alla base dei teoremi sulla lotta globale al terrorismo e sulla necessità della costruzione di un nuovo ordine mondiale.
Per Minniti, "la dimensione della sicurezza di un paese sempre più si gioca fuori dai confini nazionali" e in questo senso il concetto di guerra preventiva trova il suo fondamento nella necessità della salvaguardia a tutti i costi della sicurezza nazionale che coincide di fatto con la sicurezza planetaria. Il totem al quale si aggrappa Minniti per addolcire l'uso della forza (da intendersi sempre, bontà sua, come "ultima ratio") è il beneplacito dell'ONU e/o dell'Unione Europea alle operazioni militari di qualunque tipo. Come a dire che un bombardamento è meno assassino se c'è il permesso dell'ONU.
Non è criticata dunque la guerra in sé, ma il ricorso ad essa fatto al di fuori degli steccati di una deliberazione da parte di un organismo sovranazionale.
D'altronde, per Minniti, l'esclusione in linea di principio dell'uso della forza "condannerebbe un paese all'insicurezza e una coalizione di governo all'impotenza".
Tutta questa voglia di mostrare i muscoli e fare dell'Italia un paese all'avanguardia nel campo dell'efficienza militarista è stata sancita dalle dichiarazioni di Fassino che - al termine del convegno - ha affermato che le risorse stanziate per la Difesa sono ''assolutamente insufficienti, ad oggi allo 0,84% del Pil''. A suo giudizio ''le forze armate sono uno straordinario patrimonio di competenza e professionalità" per il cui incremento i DS si impegneranno, una volta al governo, a inserire ''come capitolo tra le fonti di bilancio il finanziamento delle operazioni militari all'estero''.
In buona sostanza, il convegno militarista dei DS è servito a tranquillizzare le Forze Armate sui "tagli" (tutti da dimostrare) alla Funzione Difesa annunciati dalla Finanziaria 2006 e a ribadire che, una volta al Governo, le spese militari saranno riportate all'1,5% del Pil.
È evidente che la classe dirigente che si prepara a governare il paese vuole accreditarsi i favori delle lobby dell'industria bellica che sin da adesso si fregano le mani nella speranza che la torta da spartire sia sempre più succulenta.
Gli annunci dei DS rivelano un orientamento inequivocabile che non può ammettere indulgenze e che è aggravato da un uso mistificante delle cifre e dei dati.
Come documenta il SIPRI (l'autorevole istituto internazionale di Stoccolma per la ricerca sulla pace), l'Italia spende per la difesa 484 dollari pro-capite, ben più di Germania (411 dollari), Giappone (332 dollari) e Canada (377 dollari). Un dato che va comparato non solo alle spese militari di altri paesi europei, ma anche alla loro spesa sociale. Se è vero, infatti, che la Gran Bretagna spende 748 dollari e la Francia 761 dollari pro-capite per la difesa, va sottolineato che l'Italia spende per l'assistenza (maternità, disoccupazione, handicap, edilizia popolare, ecc.) circa 545 euro per ogni cittadino all'anno. La media europea è di 1.558, quella inglese di 1.619, la francese di 1.754, la tedesca di 2.049. Se misurata rispetto al Pil la differenza è sconcertante: l'Italia dedica alle voci dello stato sociale il 2,7% del proprio PIL (poco più delle spese militari), mentre la media europea si aggira sul 6,9%, con la Gran Bretagna al 6,8%, la Francia al 7,5% e la Germania all'8,3%.
Bisogna ricordare che furono proprio i governi di centrosinistra ad avviare la professionalizzazione delle Forze Armate italiane con una forza di 190.000 uomini, e l'elevazione a quarta Forza Armata dei carabinieri: tutte scelte che hanno accresciuto a dismisura i costi di questo modello di difesa e delle quali sono responsabili proprio quelli che oggi promettono ancora più soldi da investire nello sviluppo della tecnologia bellica, degli equipaggiamenti, degli strumenti militari sottraendo risorse alla sanità, all'istruzione, ai salari, ai servizi, all'occupazione, alle nostre vite.
La notizia relativa a questo convegno è stata tenuta abbastanza sotto traccia da parte dei principali media nazionali forse per non dare troppo risalto a una propaganda militarista col marchio DS che mal si concilia con le velleità pacifiste de L'Unione e dei suoi rappresentanti che fin dal simbolo scelto per la competizione elettorale hanno voluto giocarsi la carta del non interventismo nella guerra permanente.
Il re ancora una volta è nudo. E ancora una volta siamo noi a dirlo.
TAZ laboratorio di comunicazione libertaria