Umanità Nova, numero 39 del 4 dicembre 2005, Anno 85
Senza frontiere. Pensiero e azione dell'anarchico Umberto Marzocchi 1900-1986, Milano, Zero in condotta, 2005
È un libro importante, e quanto mai interessante, quello che Giorgio Sacchetti ha dedicato a Umberto Marzocchi, e non solo, come è giusto che sia, per coloro che hanno avuto la fortuna di conoscere e apprezzare l'affascinante figura del protagonista, ma per chiunque voglia approfondire, partendo anche da angolature diverse da quelle "classiche", la conoscenza di molti avvenimenti politici e sociali del ventesimo secolo. Infatti, attraverso la biografia di Umberto Marzocchi, Giorgio Sacchetti ha saputo anche fornire, spesso con ottimi risultati, un quadro d'insieme delle vicende dell'anarchismo italiano nelle quali l'anarchico savonese ebbe, pressoché sempre, un ruolo centrale.
Scritto con la sicurezza dello storico che ha sistematicamente studiato carte e documenti - tra l'altro accuratamente riordinati e ora depositati a Imola presso l'Archivio Storico della Fai - e con la partecipazione di chi ne fu compagno di idee e, soprattutto, stretto collaboratore negli anni in cui Marzocchi fu al segretariato della Internazionale delle Federazioni Anarchiche, questo libro (tra l'altro arricchito da una ricca e significativa antologia tematica dei suoi scritti) ci permette di affrontare, partendo da una visuale a tutto campo, le vicende più importanti del movimento anarchico di lingua italiana, e molto spesso anche di quello internazionale, fino alla metà degli anni ottanta del Novecento. Un secolo di storia, dunque, spesso controversa e contraddittoria, e sempre tumultuosa. E che storia!
Nato a Firenze nel 1900, Umberto Marzocchi "entra in politica" giovanissimo e, a soli 17 anni, operaio alle officine Vickers di La Spezia, è segretario dei metallurgici dell'Unione Sindacale Italiana. Alla fine della guerra partecipa attivamente alle agitazioni del "biennio rosso" ed è al Congresso di costituzione dell'Unione Anarchica Italiana. Di carattere focoso e d'animo coraggioso, tanto da guadagnarsi il significativo soprannome di "Lenin", è fra gli Arditi del Popolo, a Sarzana, a fronteggiare e respingere gli squadristi fascisti, e anche per questo deve presto lasciare l'Italia per sfuggire alle rappresaglie degli scherani di Mussolini. Riparato clandestinamente e sotto falso nome in Francia, dapprima a Nizza poi a Lille, prende parte all'attività della folta comunità anarchica italiana riparata in Europa e subisce arresti e fermi di polizia in più occasioni. Nel 1935 è fra i partecipanti all'importante Convegno d'Intesa degli anarchici italiani emigrati che si tiene nel sobborgo parigino di Sartrouville, e fa parte di un ristretto Comitato Libertario segreto finalizzato all'attività antifascista. Allo scoppio della rivoluzione spagnola si dedica immediatamente alla raccolta e all'invio di armi ai compagni iberici e, dopo l'ennesimo arresto, raggiunge Barcellona, dove si unisce alla Colonna Ascaso. Molto attivo anche in Spagna, è suo il triste compito di riconoscere le salme di Barbieri e Berneri uccisi dai comunisti e poco dopo, in seguito ai tragici avvenimenti del maggio 1937, rientra in Francia. Continuamente sorvegliato e perseguitato dalle autorità, nel 1940 si arruola nella Legione Straniera in modo da ottenere finalmente un valido documento di soggiorno, ma presto entra a far parte della resistenza francese con la quale combatte fino alla fine della guerra. Finalmente, sul finire del 1945 può ritornare in Italia, dove riprende immediatamente l'attività all'interno del movimento, dando tutto il suo contributo alla vita della Federazione Anarchica Italiana, appena costituitasi al Congresso di Carrara di quell'anno. Da allora, fino alla fine della sua esistenza, non verrà mai a mancare l'apporto di Umberto Marzocchi alla vita della Fai e dell'anarchismo italiano e internazionale. Dirigente sindacale e delle associazioni partigiane, il suo impegno maggiore resta comunque legato alle attività federative, e significativo e spesso determinante sarà il suo apporto, mai settario né escludente, quando la Fai dovrà affrontare, nell'arco di una quindicina di anni, le due drammatiche scissioni (drammatiche non solo sul piano politico ma, come viene ricostruito nel libro di Sacchetti, anche su quello umano) che vedranno la nascita, negli anni cinquanta, dei Gruppi Anarchici di Azione Proletaria, e nel 1965, dei Gruppi di Iniziativa Anarchica, e che segneranno la dolorosa rottura di Marzocchi con vecchi e stimati compagni quali, tra i tanti, Armando Borghi, Pio Turroni e Aurelio Chessa. Da allora, assieme ad Alfonso Failla, Mario Mantovani e Ugo Mazzucchelli, il fulcro del suo impegno sarà dedicato alla Fai e alla rinascita della Internazionale Anarchica, che si concretizzerà, soprattutto per merito di militanti come lui e Failla, in occasione dello storico Congresso Internazionale di Carrara del 1968.
Fu in quell'occasione che le mie vicende si incrociarono per la prima volta con quelle del movimento anarchico, e vedo ancora sul palco degli Animosi, assieme ad Alfonso Failla, la figura quasi ieratica di Umberto Marzocchi, attento e autorevole, mentre esprime, con gli occhi vivaci, la determinazione che lo anima. Ricordo anche la sua affabilità, e la capacità di comunicare il senso della propria esperienza ai giovani presenti. Giovani ignari e inconsapevoli che credevano, un po' ingenuamente e forse presuntuosamente, di avere capito tutto ma che non potevano neppure immaginare che sulle spalle di quello, come di molti dei "vecchi" di quei giorni, potessero essersi accumulate tante e così esaltanti prove. Quando poi la repressione si abbatté nuovamente sul movimento anarchico, dopo la bomba di Piazza Fontana, fu anche grazie alla lucidità sua e dei compagni della sua generazione, se si riuscì prima ad arginare e in seguito a ribaltare la provocazione dello Stato. Umberto Marzocchi fu presente nel movimento fino agli ultimi anni di vita, dedicandosi soprattutto all'impegno internazionale (l'ultimo suo arresto avviene nel 1977, a 77 anni, durante una riunione clandestina in Spagna per gettare le basi della rinascita dell'anarchismo iberico), e a quello pacifista e antimilitarista, quando dette vita, assieme allo scrittore Carlo Cassola, alla Lega per il Disarmo Unilaterale dell'Italia. E ci fu accanto fino all'ultimo, a noi dell'ultima generazione che si era affacciata all'anarchismo, non lesinando mai le sue attenzioni, le sue preziose arrabbiature, la sua fortissima carica umana.
Come si vede da questa traccia biografica - qui solo brevemente
accennata, ma perfettamente e minuziosamente ricostruita da Giorgio
Sacchetti - ci troviamo di fronte ad un insieme di vicende ed
esperienze che possiamo definire, con un termine alla moda, epocali;
una sola di queste, infatti, sarebbe già sufficiente a riempire
la biografia di un individuo. Eppure l'eccezionalità della
vita di Umberto Marzocchi non sta soltanto in ciò che il
militante rivoluzionario ha fatto, come protagonista di avventure che
paiono addirittura impossibili per chi, come noi, pensa sia già
stato tantissimo "avere fatto il 68", ma anche in ciò che
Umberto Marzocchi è stato: la persona, l'uomo, il compagno fra i
compagni, con i suoi dubbi, le sue passioni, i suoi errori e le sue
grandezze, una figura tenacemente dedita all'ideale ma anche pronta a
riflettere e a ripensare la propria azione. E il senso della propria
azione, soprattutto quando questa rifletteva i dubbi e le lacerazioni
di quei tempi difficili. Un segno, ad esempio, di cosa sia riuscito a
costruire, anche sul piano umano, ci è stato comunicato al
recente convegno reggiano sui 60 anni della Fai, dove le sue figlie
Adria e Marisa, nate e vissute nell'esilio, in quelli che avrebbero
dovuto essere gli anni più belli, hanno dimostrato, se ce ne
fosse stato ancora bisogno, di come fossero consapevoli
dell'eccezionalità della loro esperienza, e di quanto fossero
orgogliose di essere le figlie di Umberto, intervenendo, con felice
scelta dei tempi, durante lo svolgimento della relazione di Giorgio
Sacchetti. Un improvvisato e piacevolissimo colloquio a tre, a
dimostrazione di quanto fosse ancora vivo il ricordo di quegli anni e
quelle esperienze.
Appare chiaro, allora, come non sia affatto casuale - e questo è
uno dei molti meriti di questo lavoro - che Giorgio Sacchetti abbia
avuto la curiosa e significativa idea di intitolare ogni paragrafo con
i versi di qualcuna delle nostre canzoni, proprio a sottolineare che
non è stata solamente la "poesia della politica" a dare un senso
forte all'esistenza di Umberto Marzocchi, ma, accanto ad essa, anche la
poesia della vita. E per come lo abbiamo conosciuto, di poesia,
rivoluzionaria, barricadiera, militante ed "estremista", nella sua vita
ce ne è sicuramente stata tanta, talmente tanta che facciamo
addirittura fatica ad immaginarla.
Massimo Ortalli