testata di Umanità Nova

Umanità Nova, numero 39 del 4 dicembre 2005, Anno 85

TFR e sciopero del 25 novembre
Lotta rituale e truffa reale


Che lo scontro fra governo e CGIL-CISL-UIL vertesse solo in apparenza sulle questioni sollevate dalla piattaforma dello sciopero del 25 novembre era assolutamente evidente a chiunque giudicasse la situazione in maniera fredda.

È vero che le piattaforme sulle quali le organizzazioni sindacali indicono uno sciopero e, soprattutto, uno sciopero generale, sono da valutare sempre con prudenza sia perché contengono sia rivendicazioni per le lavoratrici ed i lavoratori che rivendicazioni per i sindacati in quanto tali e le rivendicazioni dei sindacati per se stessi sovente pesano quanto se non di più rispetto a quelle che riguardano i lavoratori sia perché c'è una, fisiologica, tendenza a rimpolpare le piattaforme per renderle condivisibili al numero di lavoratori più ampio possibile.

È anche vero che le motivazioni che spingono i lavoratori a scioperare sono solo in parte comprese dalle piattaforme ed, anzi, a volte non lo sono per nulla.

Per stare all'esempio del 25 novembre, un settore largo di lavoratori ha scioperato, sicuramente con buone ragioni, per manifestare contro il governo sul terreno, propriamente parlando, politico. Lo sciopero, per questi lavoratori era, di conseguenza, un mezzo per dare espressione alla propria volontà di cambiamento generale. Che, poi, un eventuale nuovo governo sia, per gli stessi scioperanti "politici" una delusione cocente, sta nel conto, e, con una formula espressiva anche se volgare, una simile dinamica è stata definita la "dialettica fra fottuti e fottenti".

Nel caso torinese, poi, un settore non irrilevante di lavoratori ha scioperato per manifestare la propria opposizione all'alta velocità. Ha, in altri termini, utilizzato lo sciopero e la manifestazione come contenitori da riempire con contenuti propri e sostanzialmente estranei alla linea generale dei sindacati promotori. Che sia stata una scelta opportuna o meno può essere oggetto di discussione. A mio avviso segnala una difficoltà a costruire scadenze autonome che sarebbe sbagliato liquidare come segno d'immaturità. È tipico dei movimenti reali agire in maniera non lineare ed è diversa la valutazione dei valligiani rispetto al corteo dei sindacati istituzionali rispetto, ad esempio, alla pratica da mosche cocchiere di diversi settori dell'estrema sinistra.

Ma, pur riconoscendo senza difficoltà, che non vi è corrispondenza fra lavoratori in sciopero e intendimenti delle organizzazioni che lo sciopero hanno indetto e, in particolare, dei loro gruppi dirigenti, resta il fatto che questi intendimenti, visto che non siamo di fronte a lotte autorganizzate, pesano e molto.

Tfr: scippo tra due anni

E, se questo è vero, è chiaro che la questione vera in gioco, era, ed è, quella della riforma del TFR. Lo è da quando il governo si è imballato sulla questione, dividendosi fra destra sociale – costituita da fascisti e leghisti – interessata ad un accordo con i sindacati pur di realizzare la riforma e una destra più aggressiva, incarnata da Forza Italia, che ha usato la rottura degli accordi nel merito con i sindacati come una clava per regolare vecchi e nuovi conti e, soprattutto, per favorire una lobby economico sociale contro l'altra e, guarda caso, proprio la lobby della quale fa parte l'azienda del padrone della casa delle libertà.

Dopo un cincischiamento defatigante, il governo ha prodotto il suo ultimo, per ora, capolavoro, quello che, dal massimo esponente della sinistra sindacale – a volte persino i burocrati di sinistra fanno affermazioni furbe – è stato definito "decidere di non decidere".

In altre parole, il governo ha rinviato in avanti le contraddizioni, spostando al 1 gennaio 2008 l'entrata in operatività della riforma del TFR. 

In questo modo ha realizzato due risultati: calmare le tensioni interne e rinviare i consistenti costi che l'avvio della riforma comporterà per compensare, presumibilmente oltre misura, come di consueto, le imprese, ovviamente non le assicurazioni, danneggiate dalla riforma stessa.

Le reazioni di Cgil, Cisl e Uil

Sono state molto interessanti, per i contenuti e per i toni, le razioni del gruppo dirigente dei sindacati istituzionali. 

Luigi Angeletti, il gatto mannaro che dirige la UIL, è stato il più mite ed ha affermato:

"Il testo è buono e rispecchia le intese, il ministro Maroni ha mantenuto i patti ma con la proroga ci fanno perdere due anni".
è evidente il tentativo di salvare dal discredito il buon ministro. D'altro canto, è evidente che se Maroni è stato ai patti e non ha realizzato la riforma è o un incapace o uno che non conta nulla.

Guglielmo Epifani, la volpe della CGIL, è stato più secco ed ha assunto toni da padre della patria: "Il rinvio deciso dal Governo è sostanzialmente una presa in giro. Il governo ha deciso di non decidere, per non dividersi. Il governo così risparmia un po' di soldi e tutto ricadrà sulle spalle del futuro governo. Ma con la furbizia non si governano i problemi di un grande paese come il nostro" una cosa è chiara, Epifani avrebbe preferito che la destra cavasse le castagne dal fuoco alla sinistra perché è consapevole che i lavoratori non saranno studiosi di economia ma due conti sanno farli. Sarebbe stato, di conseguenza, più agevole spiegare al buon popolo che gli effetti negativi della riforma derivano dal truce Berlusconi e che la sinistra non pone rimedio magari per colpa della Margherita. E, per di più, che non sia scontata una vittoria elettorale della sinistra è un problema reale.

Ma chi non si tiene, proprio è Savino Pezzotta, segretario della CISL, l'orso della bergamasca: "La riforma del Tfr appena approvata dal Consiglio dei Ministri è indecorosa e non risponde alle reali esigenze della gente che è da dieci anni che aspetta di avere il secondo pilastro della riforma previdenziale. Questa moratoria vuol dire che pagheranno i lavoratori che andranno in pensione con una pensione minima. È una riforma che neanche Salomone avrebbe fatto. Approvare questo provvedimento è stato sleale nei confronti di chi lavora."

A prescindere da quest'insospettata antipatia per Salomone la cui non scelta era, in realtà, un'astuzia tattica, è interessante notare come il nostro eroe usi il termine "gente" per indicare l'apparato sindacale. È, infatti, noto che i fondi pensione già esistenti non attraggono per nulla i lavoratori. Per fare un solo esempio, il Fondo Espero che riguarda i lavoratori della scuola, ha visto circa 6000 adesioni su oltre 1.150.000 potenziali clienti. Citando questo dato non voglio per niente affermare che vi sia una consapevole critica del "secondo pilastro", banalmente i lavoratori non hanno molto da investire, per un verso, e non si fidano dei fondi pensione, chiusi e a gestione sindacale o liberi e selvaggi che siano.

Ma Pezzotta è convinto che i lavoratori smanino, nel segreto dei loro pensieri visto che dai comportamenti non si direbbe, dal desiderio di aderire ai fondi pensione e che basterà una spintarella ed un incentivo per trasformare questa smania passiva in azione virtuosa e produttiva di profitti per le finanziarie controllate dalla burocrazie sindacale. E questo rinvio all'ultimo minuto deve essere stato per lui una delusione cocente il che spiega la sua aggressività.

Sempre su questa vicenda, mi ha colpito, anche se non scandalizzato, il fatto che entrambi i quotidiani che si vogliono comunisti si siano appiattiti, senza alcuna ambiguità e senza porsi e porre alcun problema, sulle posizioni dei sindacati concertativi. È vero che CGIL-CISL-UIL sono interlocutori importanti per i nostri eroi, è vero che li hanno anche sostenuti economicamente e lo faranno di certo in futuro, è vero che chi paga l'orchestra sceglie la musica, ma l'esecuzione di un qualche brano musicale dissonante sarebbe forse stata possibile. "Liberazione", per dirne una, è arrivata al punto, probabilmente un lapsus freudiano, di attribuire al Sin Cobas, che aveva detto il contrario, una condanna del rinvio.

Sempre a questo proposito, mi risulta che i comunicati stampa dei sindacati alternativi sulla vicenda siano stati risucchiati da un buco nero. Niente di drammatico ma un segno della logica di schieramento dominante: o con Berlusconi e le assicurazioni con i loro fondi aperti o con il padronato industriale alleato ai sindacati concertativi per la gestione dei fondi chiusi.

Il rinvio, frutto più delle contraddizioni interne all'avversario che dell'opposizione dei lavoratori anche se il loro scarso gradimento per i fondi pensione un qualche peso, a mio avviso, lo ha avuto, ci darà tempo per riprendere l'iniziativa su questo terreno e, sul piano generale, per rendere evidente che si può scegliere di collocarsi dalla parte dei lavoratori sia contro le assicurazioni che contro i fondi pensione.

Un percorso sul quale si lavora da tempo e che andrà ripreso sia sul terreno dell'informazione che su quello della lotta.

Cosimo Scarinzi





una storiasommarioarchiviocontatticomunicaticollegamenti