Umanità Nova, numero 39 del 4 dicembre 2005, Anno 85
Non c'era bisogno del rapporto annuale dell'Osservatorio europeo sul
razzismo e la xenofobia (European Monitoring Centre on Racisme and
Xenofobia) per sapere che i nomadi - non soltanto rom, ma anche sinti -
sono il gruppo maggiormente oggetto di discriminazioni ed emarginazione
sociale, non solo da parte del razzismo di destra ma anche di quello
istituzionale.
La loro storia appare immutata, anche nell'Europa democratica che afferma di tutelare le minoranze; evidentemente, per qualsiasi Stato la "nomadicità", l'essere dei senzapatria, rimane un comportamento intollerabile, tale da giustificare qualsiasi accusa.
Come quella, forse più infame e dura a morire, sugli zingari che rapiscono i bambini; un'accusa infondata come posso testimoniare per esperienza personale.
L'avevo sentito dire tante volte, quando all'età di sette o otto anni ebbi modo di verificarlo, mio malgrado.
Era estate, sul litorale tirrenico, e per insofferenza verso alcune imposizioni dei miei genitori (tipo il non poter camminare scalzo...) un giorno decisi di andare a gironzolare attorno ad un piccolissimo accampamento di nomadi, con la segreta speranza che mi portassero via.
Ai miei occhi infantili, infatti, i bambini degli zingari erano infatti felicemente liberi di andarsene a piedi nudi e stare seduti per terra quanto volevano...
La delusione fu grande, non solo nello scoprire che nessuno aveva intenzione di rapirmi; ma una donna rom, con la sua bambina, mi riaccompagnò persino a casa.
Detto questo, quando alla fine di ottobre ho sentito e letto la
notizia che una nomade avrebbe tentato di rapire un neonato dalla
carrozzina in pieno centro di Firenze, ho subito pensato all'ennesimo
sopruso contro queste persone "colpevoli" innanzitutto di appartenere a
comunità "nomadi", con una logica persecutoria non
sostanzialmente diversa da quella messa in atto da tutti i regimi
totalitari.
La verità in questo caso è venuta fuori, anche se a fatica.
La vicenda era iniziata con la denuncia da parte di una coppia ligure di un banale tentativo di furto; infatti come riferito e verbalizzato dai vigili urbani fiorentini "Una giovane coppia ci ha avvicinato all'imbocco di via Calzaiuoli, davanti alla loggia del Bigallo, e la donna, in maniera piuttosto concitata, ci ha detto che due nomadi avevano tentato di rubare dal polso del figlioletto un braccialetto d'oro. Ce l'ha anche mostrato tirando su la manica della felpa blu che il piccolo indossava". Una delle due nomadi, una rumena di 34 anni madre anch'essa di ben 4 figli, viene quindi poco dopo fermata e arrestata da una pattuglia dei Carabinieri su indicazione degli stessi vigili urbani e della madre.
Ma, mentre la rom viene reclusa, i genitori - davanti ai morbosi microfoni di Studio Aperto e ai Carabinieri - cambiano denuncia, parlando di tentato rapimento.
Immediatamente s'alza la solita canea razzista, felice di poter utilizzare una delle più antiche quanto odiose dicerie contro i nomadi. Tra l'altro Firenze, come denunciato da Antonio Tabucchi, ha scritto più di una pagina nera contro le comunità rom e sinti, giungendo a istituire un loro campo sopra una discarica.
Ma, dopo ben quattro giorni di prigione, lo stesso giudice incaricato delle indagini preliminari rimette in libertà la donna rom, in assenza di ogni prova del tentato rapimento, evidenziando che non ci sono motivi per ritenerla socialmente pericolosa.
A questo punto, i soliti imprenditori politici del razzismo saltano
fuori con dichiarazioni allucinate; in prima fila, naturalmente, i
leghisti, ma anche Alleanza Nazionale, per bocca dello stesso Fini, e
Forza Italia.
Il ministro padano della giustizia, Castelli, la definisce una
"decisione lontana dal popolo" e promette ispezioni ministeriali
sull'operato del giudice che ha semplicemente applicato il codice di
procedura penale.
Per i giustizieri leghisti la colpevolezza è un dettaglio:
l'importante è la sintonia col "comune sentire", specialmente se
questo è dominato dal pregiudizio e sottoposto al continuo
sequestro dell'intelligenza.
M.R.