Umanità Nova, numero 40 dell'11 dicembre 2005, Anno 85
Il 22 novembre l'onorevole Martino, ministro della Difesa, annuncia lo
smantellamento della base navale Usa di stanza presso l'isola de La
Maddalena. La presenza militare della US-Navy riguarda l'occupazione
territoriale pari a circa 18 mila metri cubi, formati soprattutto da
strutture mobili, dai sommergibili nucleari, le cui testate sarebbero
stoccate presso la limitrofa isola di Santo Stefano e dalla presenza
costante di una nave militare di appoggio. Soltanto nel 2004 si parlava
del raddoppio della base, sino a 52 mila metri cubi, di un nuovo molo e
di una costruzione sottomarina per l'attracco di altre unità da
guerra. Pacifismo interministeriale congiunto italo-statunitense? La
"chiusura" della base situata presso La Maddalena (bisognerà
vedere poi se lo stesso avverrà anche per le testate nucleari
stoccate a Santo Stefano) avviene per una ragione fondamentale e
cioè che altri luoghi della penisola hanno acquisito una
maggiore funzionalità rispetto ai disegni tattico-strategici
militari degli USA. In secondo luogo, a cascata, anche se non dirimente
nelle scelta finale, il fiorire di un movimento che, non privo di
ambiguità e compromissioni, soprattutto istituzionali, sta
costruendo intorno a sé un'opinione pubblica sempre più
contraria alla presenza devastante dei militari sulle proprie terre: la
Sardegna è la regione più militarizzata d'Europa con
circa 36.000 ettari gravati dalle servitù militari.
Infine, e questo rimane il problema più dibattuto, ma con notevoli margini di ambiguità, c'è il problema della sicurezza e dell'inquinamento delle acque, acque da cui la Sardegna, anche qui non in maniera lineare se vogliamo usare un eufemismo, trae i suoi vantaggi economici più importanti: il turismo e, in lunga distanza, la pesca. Soltanto due anni fa, e più precisamente alle 12,40 del 25 ottobre del 2003, il sommergibile ad armamento atomico, lo USS 768 Hartford, si incaglia mentre naviga ad est dell'isola di Caprera. I comandi statunitensi, che raccontano più balle del dittatore Saddam, annunciano alla stampa che il sommergibile riporta soltanto alcuni graffi allo scafo.
9,4 milioni di dollari: ecco il costo di questi graffi! Il sommergibile, come poi ammettono in un opuscolo e sul sito internet della marina i militari americani, è gravemente danneggiato ed il rischio corso, quello vero, è di disastro nucleare in acque che vedono, tra le altre cose, una presenza di Torio 234 in misura allarmante. Il Torio 234 è discendente diretto dell'uranio 238, componente del combustibile nucleare che alimenta i sommergibili nucleari.
Torniamo brevemente al punto di partenza. La questione strategica è fondamentale: le basi che interessano in questo momento gli Usa sono quelle che danno maggiori capacità operative nei contesti Medio-Orientale ed Africano: Taranto è attualmente il Quartier Generale USA della Forza di pronto intervento marittimo delle forze navali. Napoli, il Quartier generale delle forze di attacco e di supporto nonché delle forze sottomarine della regione meridionale (con i satelliti di Sigonella, Gaeta e Livorno), ed infine Milano il Quartier Generale delle forze di pronto intervento terrestre ed aviario (con i satelliti di Vicenza ed Aviano).
Se la Nato o gli USA smantellano qualcosa è perché al momento non gli serve: così hanno fatto in Germania, spostando numerose basi ad est, in Polonia, Ungheria o nella Repubblica Ceca.
La considerazione del problema inquinante è certamente importante, ma se preso da solo rischia di cortocircuitare tutte le lotte contro le presenze militari: sembra quasi che sia ragione in sé e non tanto conseguenza del cancro militarista. Come a dire che se venissero risolti i problemi di inquinamento allora ci sarebbe spazio per produzioni e presenze militari "pulite".
Occorre tornare alla radice dei problemi e dire con estrema forza che se la mafia è merda, il militare è cancro.
Pietro Stara