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Umanità Nova, numero 41 del 18 dicembre 2005, Anno 85

L'UE è "ufficialmente" razzista: il rapporto EUMC
Le cifre dell'esclusione


Il rapporto annuale dell'EUMC¹ (European Monitoring Centre on Racism and Xenofobia) - costruito sulla base dei rapporti inviati dai singoli stati membri² - è un interessante strumento di informazione per affrontare alcune questioni legate ai fenomeni del razzismo e della xenofobia nell'Unione Europea. Tuttavia, i limiti della ricerca realizzata da questo istituto non sono trascurabili e risultano evidenti tanto nella quantità e qualità dei dati raccolti quanto nella profondità di analisi e di critica. Inoltre i quattro campi di indagine presi in considerazione (lavoro, casa, istruzione e violenze/crimini di matrice razzista), seppur importanti, certamente non esauriscono i possibili ambiti di ricerca. Leggendo la seconda parte del rapporto ("Razzismo e xenofobia negli stati dell'Unione Europea"), il lettore che vive in Italia si accorge immediatamente di quante poche volte il "Belpaese" venga menzionato. Senza dubbio, questo non dipende da una spiccata vocazione italica all'antirazzismo, quanto piuttosto da una spiccata vocazione delle istituzioni a fornire esigue quantità di dati sull'argomento - e a non fornire alcun dato sulle violenze ed i crimini razzisti. Del resto, come riconoscono gli stessi compilatori del rapporto, gli svariati casi in cui non è possibile presentare una discreta quantità di informazioni sono conseguenza dell'inadeguatezza dei sistemi nazionali di monitoraggio e non certamente di situazioni paradisiache. Infine è importante sottolineare come le ricerche condotte dall'EUMC dipendano fortemente da dati "ufficiali", ovvero resi disponibili da enti statali ed istituzionali, per quanto più volte si faccia affidamento su inchieste giornalistiche o televisive, ritenute "più approfondite".

Passiamo ai dati interessanti che si ricavano dal rapporto.

LAVORO

Per quanto la discriminazione sia ufficialmente bandita, in ambito lavorativo le legislazioni nazionali rendono di fatto i lavoratori migranti facilmente vulnerabili. Lo status di queste persone crea le condizioni per maggiori livelli di sfruttamento e precarietà, che ovviamente colpiscono in modo decisamente più drammatico i sans papiers. 

Oltre alla crescente segmentazione del mercato del lavoro su base etnica, si riscontrano percentuali sproporzionate di lavoratori migranti e appartenenti alle cosiddette "minoranze etniche" nei settori lavorativi "meno prestigiosi" e all'interno delle più basse categorie salariali, con prospettive di avanzamento sociale pressoché nulle. Come se non bastasse, il fenomeno della disoccupazione colpisce più duramente i non appartenenti al gruppo etnico nazionale maggioritario. Basti citare a questo proposito la Finlandia: tra i finlandesi "doc" la percentuale di disoccupati è al 9%, ma schizza al 64% tra i cittadini di origine irachena e al 72% tra gli iracheni non naturalizzati. 

Sembra quasi superfluo (benché mai del tutto inutile) rimarcare l'inconsistenza della tesi che vorrebbe i migranti confinati nei bassifondi dell'universo lavorativo a causa della loro scarsa preparazione e competenza. Valga per tutti l'esempio spagnolo: i dati evidenziano livelli di scolarità pressoché identici fra cittadini del regno e stranieri - rispettivamente 19,9% e 19,3% nell'ambito dell'istruzione superiore.

Va infine evidenziato che  la "EU Racial Equality Directive" - letteralmente "Direttiva UE per l'uguaglianza razziale" (un nome un programma!) - non interviene sulle differenze di trattamento legale basate sulla nazionalità, contribuendo così al mantenimento di pratiche discriminatorie considerate legittime al fine di regolamentare l'accesso al mercato del lavoro.

CASA

Per ciò che riguarda l'assegnazione degli alloggi, le discriminazioni razziste sono particolarmente pesanti. Le case vengono difficilmente vendute o affittate. In ogni caso, si tratta spesso di abitazioni fatiscenti, in condizioni igieniche precarie, concesse a prezzi esorbitanti e con contratti irregolari. Inoltre, la ghettizzazione è un fenomeno diffuso in tutta l'Unione Europea: la distribuzione sul territorio rende così palesi le pratiche di marginalizzazione ed esclusione (anche auto-indotta).

D'altro canto, rientrano nella legalità le discriminazioni che legano l'acceso ai programmi di edilizia popolare ad un pregresso periodo di residenza nel paese o nella regione (come nei casi del Veneto e della Lombardia). Non solo: la selezione in base al censo, pur colpendo trasversalmente le classi meno abbienti, incide maggiormente sui segmenti di popolazione in esame (generalmente a basso reddito).

EDUCAZIONE

All'interno dei paesi dell'UE i dati riguardanti la discriminazione nel mondo dell'educazione sono particolarmente scarsi e asistematici. 

Ciò che si può affermare con certezza è che si sta diffondendo una pratica di segregazione su base etnica a tutti i livelli di istruzione. Questa segregazione si definisce tanto all'interno dei singoli istituti con la creazione di classi o gruppi inter-classe separati, quanto nella pura e semplice creazione di scuole di "serie A" e scuole di "serie B". Inoltre, è possibile constatare che i figli di stranieri e appartenenti a minoranze etniche sono sovrarappresentati nelle cosiddette "scuole speciali", istituite allo scopo di fornire un'educazione ai "diversi". In queste condizioni, risulta comprensibile perché il livello educativo di queste nuove generazioni non possa essere qualitativamente e quantitativamente soddisfacente rispetto a quello che i "nativi" hanno l'opportunità di raggiungere.

La discriminazione diretta, perpetrata dai singoli istituti, è riscontrata con maggiore frequenza nelle scuole private, soprattutto confessionali.
Sempre più spesso negli ultimi anni si trovano testimonianze di episodi di razzismo all'interno delle scuole: nelle scuole superiori francesi si evidenziano 1.275 casi di violenze razziste e antisemite durante il primo semestre 2004, mentre nel solo Land del Brandeburgo se ne sono contati 296 nel periodo 2001-2003 collegati ad ambienti di estrema destra.

È inoltre preoccupante constatare l'aumento del pregiudizio razziale fra i bambini.

VIOLENZE E CRIMINI RAZZISTI

Buona parte dei paesi dell'UE non ha fornito dati relativi alle violenze razziste nel corso del 2004, mentre altri paesi - fra cui l'Italia - non hanno reso disponibili neppure i dati relativi al 2003. 

Stando a quanto riferito, il Regno Unito (Inghilterra e Galles) si presenta come il paese con il più elevato numero di casi di violenza registrati (52.694 nel 2003-2004), seguito dalla Germania (6.474, ad opera di gruppi di estrema destra, nei primi 10 mesi del 2004). Naturalmente questi "primati" formali non corrispondono necessariamente a dei "primati" reali, considerando sia la scarsità dei dati raccolti che l'arbitrarietà della definizione di "violenza razzista".
Solo un terzo dei 25 stati membri fa riferimento anche a casi di violenza da parte dalle "forze dell'ordine" - a riprova dell'assai scarsa affidabilità dei dati ufficiali!

LA DISCRIMINAZIONE DEI ROM

Un aspetto che dev'essere ben sottolineato è il fatto che l'intero rapporto annuale dell'EUMC fa continuamente riferimento alla situazione dei Rom, i quali risultano essere la minoranza che complessivamente viene maggiormente discriminata. 

Il caso dei Rom è particolarmente drammatico in riferimento a tutti gli ambiti nei quali è stata condotta la ricerca, in special modo nei paesi dell'est. Solo per citare alcuni esempi: in certe zone della Polonia la disoccupazione tra i Rom raggiunge quasi il 100%; i Rom sono i più discriminati nell'assegnazione degli alloggi in Repubblica Ceca, Lettonia, Lituania, Ungheria Polonia, Slovenia, Slovacchia e Finlandia; sia in Lettonia che in Lituania sono ufficialmente istituite classi per soli Rom; in Ungheria, nel 2003, circa il 15% dei bambini Rom della scuola primaria sono stati etichettati come ritardati mentali o studenti con difficoltà di apprendimento (con conseguente segregazione in apposite classi); la segregazione dei Rom in "scuole speciali" è il maggior problema del sistema educativo in Repubblica Ceca, dove i bambini sono preventivamente sottoposti ad un discriminante test del QI che non tiene neppure conto della loro specificità culturale.

LA PUNTA DELL'ICEBERG

Aldilà di alcune informazioni/nozioni utili, per coloro che abitualmente si tengono informati sui temi trattati il rapporto annuale dell'EUMC non è che una conferma della gravità della situazione. Il solo fatto che un tale quadro emerga dalle pur lacunose ricerche di un ente istituzionale dovrebbe far riflettere su quale sia la realtà che sta sotto ai dati ufficiali e presentabili.

Se non altro questo rapporto, proprio a causa dei limiti che lo caratterizzano, rende chiaro quanto per ottenere un'informazione reale sia necessario un costante monitoraggio "dal basso" che sia indipendente, che si sviluppi e rimanga all'esterno delle logiche istituzionali, che goda di una buona autonomia dai dati "ufficiali" e che, infine, possa portare l'analisi più a fondo, integrando in essa anche aspetti affatto secondari come la specificità della questione delle donne all'interno delle discriminazioni razziste - una questione rilevante che, come altre, non trova spazio nel rapporto annuale dell'EUMC. 

In conclusione, non si può prescindere dal far notare - soprattutto a coloro che stilano documenti ufficiali - che, pur essendo coerente con il linguaggio della tanto celebrata Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo³, il concetto di "razza" e la divisione del genere umano in diverse "razze" non hanno alcun fondamento biologico. Ci sembra importante fornire questa informazione anche a chi parla di "uguaglianza razziale".

¹ http://eumc.eu.int/eumc/index.php 
² I rapporti nazionali (probabilmente più dettagliati rispetto al rapporto-sommario europeo) verranno pubblicati a fine dicembre.
³ Art. 2: "Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua [...]"

Silvestro
Kira






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