testata di Umanità Nova

Umanità Nova, numero 41 del 18 dicembre 2005, Anno 85

Tav: un business miliardario
Soldi pubblici, affari privati


Sembrava il treno anch'esso un mito di progresso lanciato sopra ai continenti... la locomotiva di gucciniana memoria pare essere, ormai, definitivamente scalzata dai locomotori superveloci delle linee TAV. Non ho intenzione di esprimere il rimpianto dei tempi passati, ancorato al romanticismo di una canzone (pur sempre capace di suscitare emozioni), ne intendo rinnegare l'utilità del trasporto su rotaia come valida alternativa a quello su gomma, credo però sia utile qualche riflessione sulla filosofia dell'alta velocità proposta come unica via di progresso e modernità.

TAV - Treno Alta Velocità S.p.A. è la società di scopo di RFI, per la progettazione e la costruzione delle linee ferroviarie veloci, da costruire lungo le direttrici di trasporto che attraversano la penisola lungo gli assi ritenuti più importanti: la dorsale Milano-Napoli, la trasversale Torino-Milano-Venezia, il collegamento Milano-Genova.

Il 1° luglio 2001 è stata costituita la Società RFI Rete Ferroviaria Italiana, portando a termine il processo di riorganizzazione del Gruppo FS iniziato nel 1998 con l'istituzione della Divisione Infrastruttura e proseguito con la costituzione della Soc.TRENITALIA il 1° giugno 2000. RFI ha nei suoi compiti quello di gestore dell'infrastruttura secondo quanto attribuitogli dall'atto di concessione che regola i rapporti con lo Stato.

La rete ferroviaria consiste in 16.100 km di linee, due terzi dei quali elettrificati, 6.100 km a doppio binario per un totale di 22.000 km di sviluppo complessivo; 2.500 stazioni per il servizio passeggeri e 570 impianti per il servizio merci, oltre a 1.255 km di gallerie e 530 km tra ponti e viadotti.  

Secondo TAV la realizzazione delle nuove linee ad alta velocità - alta capacità consente di attivare diversi settori dell'industria nazionale, quali il comparto opere pubbliche, quello relativo a materiali e forniture elettriche e quello relativo ai mezzi di trasporto. Contemporaneamente questo produrrebbe, benefici effetti sul versante dell'occupazione diretta, indiretta e indotta.

Sempre secondo la stessa società, gli effetti più interessanti, ma più difficili da stimare al momento (loro testuali parole), saranno evidenti una volta riorganizzati i servizi di mobilità, inclusi quelli a livello locale e regionale, allora l'economia italiana potrà essere favorita sul piano nazionale ed internazionale, poiché sosterrà la circolazione di merci e passeggeri a costi competitivi, e offrirà alle aziende un servizio distributivo veloce, conveniente, sicuro, ed ecologico. 

È chiaro che per sostenere il progetto alta velocità hanno bisogno di trovare giustificazioni che possano far prevedere qualche vantaggio per la cosiddetta utenza; aggiungiamo qualche dato ed allarghiamo il campo d'indagine.

La velocità fa risparmiare tempo e il tempo è denaro, ecco perché, in una società come la nostra, per qualcuno può essere attraente pensare che per spostarsi da Milano a Roma si impiegheranno circa 3h rispetto alle 4h30' attuali, e da Torino a Napoli saranno necessarie solo 5h30' rispetto alle circa 9h attuali, da Roma a Bari in 3h40' rispetto alle 4h40' attuali, Roma - Reggio Calabria in 5h15' rispetto alle 6h15' attuali, ma, anche entrando per un momento in questa logica, non ci può sfuggire che sarebbe logico valutare i tempi di percorrenza considerando anche le tratte al di fuori delle linee ad alta velocità, o pensiamo che gli spostamenti avvengano solo da e verso le città più grandi? Che dire poi di quei paesi dove la ferrovia non arriva o dove i treni fermano ad ogni morte di papa, quelli che avevano la stazione e che oggi non l'hanno più? Come ovvio, basta allargare l'orizzonte per comprendere come il "mito dell'alta velocità" sia più uno specchietto per le allodole che un effettivo miglioramento della mobilità su rotaia. Non bisogna poi dimenticare che, proprio perché il tempo è denaro, il costo dei biglietti sulle tratte veloci sarà inversamente proporzionale alla durata del viaggio... tanto meno dura il viaggio tanto più si pagherà il biglietto!

A proposito di costi, ma quanto costa il piano dell'alta velocità?

Ad agosto 2005 la previsione d'investimento per la realizzazione dell'intera tratta Torino-Milano-Napoli è di circa 30 miliardi di euro, per le linee Milano-Verona-Padova e Milano-Genova/Terzo Valico la previsione è di 13,4 miliardi di euro.

Fanno bene i "tavisti" ad associare la previsione di spesa ad una data perché, se torniamo indietro di qualche anno, scopriamo che nel 2002 RFI S.p.A. fu costretta a rilevare come l'architettura contrattuale e finanziaria non fosse più sostenibile tanto che alla fine di quell'anno, RFI S.p.A. elaborò un Piano di priorità degli Investimenti che evidenziava come sulla dorsale (asse Torino-Milano-Napoli) si fosse registrato un incremento dei costi, rispetto alle previsioni originarie di 16.585 milioni di euro, facendo rideterminare il costo complessivo del progetto in 28.790 milioni di euro, il che vuole dire che rispetto al già rilevantissimo costo originario si è avuto un incremento di quasi il 40%. 

"La logica in cui si muove la disposizione normativa è che lo Stato non finanzia la realizzazione dell'infrastruttura ferroviaria (nel caso in esame: la rete AV/AC) sicché il gestore della stessa, per realizzarla, dovrà accedere al credito; ma i ricavi delle "vendite" non saranno sufficienti per rimborsare il debito contratto, per cui lo Stato dovrà intervenire ad indennizzare il gestore.  Particolare rilevanza poi assume la nuova imputazione del sistema dei finanziamenti per la realizzazione del programma AV/AC stabilito dell'art.75 della legge 289/2002 (Legge finanziaria 2003), per le ripercussioni che certamente avrà sulla finanza pubblica a partire dal 2009, anno a partire dal quale è previsto che lo Stato intervenga con somme considerevoli per integrare l'onere per il servizio del debito nei confronti di infrastrutture S.p.A. 

Il nuovo modello finanziario prevede che per il servizio del debito, cioè il fabbisogno generato dall'accensione dei finanziamenti sul mercato, lo Stato continuerà a coprire la quota relativa agli interessi, fino alla conclusione dei lavori AV (quota per interessi); mentre nel periodo successivo, questo sarà coperto, sia per la quota relativa agli interessi che per quella relativa al capitale, dai proventi derivanti dallo sfruttamento economico delle nuove linee veloci. Lo Stato si farà, inoltre, carico di integrare quella parte del servizio del debito che i proventi non riusciranno a coprire (stimato nell'ordine del 50%). 

In poche parole preparatevi a pagare anche se non salirete mai su un treno ad alta velocità!

La Torino Lione

Non voglio gettarvi nello sconforto, ma a queste spese ancora dobbiamo aggiungere i costi della tratta italiana del collegamento tra Torino e Lione stimati in circa 7,5 miliardi di euro. La linea ferroviaria Torino-Lione è un progetto ritenuto strategico dal Governo e dal ministro Lunardi, ed è incluso nella lista delle opere strategiche della legge obiettivo. Come è evidente per le cronache di questi giorni, le lotte della Val di Susa con la ferma opposizione della popolazione hanno portato il problema all'attenzione nazionale ed internazionale.

Si susseguono le prese di posizione di politici, economisti ed esperti trivellatori. 

"Se hanno successo i blocchi alla Tav e se non si afferma la percezione che la legalità è assicurata, è chiaro che si produrranno meno posti di lavoro, si pagherà un costo sociale" sostiene l'economista Mario Monti (sul Corriere del 7 novembre 2005), qualche giorno dopo anche il presidente della repubblica sente il bisogno di dire la sua: "L'Italia non può rimanere isolata dall'Europa..."

Ma che senso ha spendere miliardi di euro in un'opera faraonica che sarà pronta nel 2018, quando con una spesa molto inferiore e con danni più contenuti all'ambiente si potrebbe semplicemente potenziare l'attuale linea con la Francia? Quale legalità vogliono sia rispettata? Quella che se ne infischia dell'opinione della popolazione che in Val di Susa vive, una valle che ha già dato un ampio contributo alla mobilità di persone e merci, con l'autostrada, il traforo del Frejus, due strade statali e una linea ferroviaria. Ma non è abbastanza, gli interessi in gioco sono tali da richiedere una massiccia militarizzazione del territorio senza provare vergogna nell'usare il manganello contro chiunque si opponga all'inizio dei lavori.

Per realizzare la galleria che unirà la bassa valle di Susa alla Francia (una delle più lunghe, 52 km, in Europa) sarà necessario scavare nella montagna dove in passato sono state trovate tracce di amianto. Un impatto pesantissimo sull'ambiente e sulla qualità della vita dei valsusini. Certo per chi non abita da quelle parti è facile appellarsi agli "interessi superiori" quelli che, per intenderci, si invocano quando c'è da schiacciare quelli di qualcun altro. 

Tutti parlano della Torino Lione come di un'opera strategica per una macro-area, però i danni sono tutti a carico di una micro - area di cui, se non ci fosse la mobilitazione degli stessi abitanti, ovviamente non saprebbe nulla nessuno.

Quale sia la quota di Tir che l'alta capacità potrebbe togliere dalle strade è argomento su cui si hanno stime contrastanti, le simulazioni di alcuni tecnici dicono che l'AC potrebbe spostare una % minima dell'attuale traffico su gomma. Un fatto è però certo, la Val di Susa dovrebbe sopportare, per una decina d'anni, il passaggio di migliaia e migliaia di camion impegnati nei lavori per la realizzazione del tunnel. Se la razionalità ha ancora un senso, dovremmo chiederci quale bisogno c'è di far viaggiare le merci ad alta velocità: un'ora in meno da Parigi a Torino, fra 12 anni, non è un gran guadagno considerando che oggi i container restano fermi per giorni nei magazzini di smistamento.

Poi, amianto o non amianto, il solo scavo, rimozione e trasporto dei materiali estratti genera rifiuti inquinanti; ricordiamo che è in corso un'inchiesta giudiziaria, sui danni causati all'ambiente dallo smaltimento del materiale asportato dalle gallerie per la costruzione della Bologna - Firenze. A proposito, per risolvere definitivamente il problema, il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Lunardi, la cui impresa ha progettato queste gallerie, ha pensato bene di inserire nella legge obiettivo il seguente codicillo: "le terre e rocce da scavo, anche di gallerie, non costituiscono rifiuti anche quando contaminate, durante il ciclo produttivo, da sostanze inquinanti derivanti dalle attività di escavazione, perforazione e costruzione, sempre che la composizione media dell'intera massa non presenti una concentrazione di inquinanti superiore ai limiti massimi previsti dalle norme vigenti". Tradotto, per il ministro esistono sostanze inquinanti che legalmente non inquinano... ecco cosa intendono quando si appellano al rispetto della legalità.

Conflitto di interessi? Ma va!

L'ingegner Lunardi ha fatto tanto per il paese, così tanto che è stato al centro di alcune interrogazioni parlamentari per un probabile conflitto di interessi, ma giudicate voi!

Nel 1979 Lunardi fonda la Rocksoil, che progetta o partecipa alla progettazione di un elenco infinito di opere (consultare il sito www.rocksoil.com, stranamente aggiornato solo fino al 1998) tra cui le gallerie di alcune tratte dell'Alta velocità. Proprio l'inchiesta sui cantieri dell'Appennino toscano fanno scoprire alla stampa un conflitto di interessi tra Lunardi ministro che decide sui cantieri progettati da Lunardi ingegnere. Presidente dell'Associazione italiana gallerie, Lunardi è in ottimi rapporti con il gruppo Fiat tramite Co.ge.far. un'impresa del gruppo poi diventata Impregilo. Rispondendo in aula, il vicepresidente del consiglio Fini e il ministro per i rapporti con il parlamento Carlo Giovanardi hanno spiegato come il ministro abbia risolto il conflitto di interessi l'11 giugno del 2001, data in cui Lunardi si è ufficialmente dimesso dalle cariche direttive della Rocksoil per poi trasferire la proprietà alla moglie e alle due figlie (e... qualcuno sostiene che le donne sono discriminate). 

In effetti, nel corso di un'intervista rilasciata all'Espresso nei primi di giugno del 2001, alla vigilia della propria nomina a ministro, Lunardi affermava che, nel caso fosse stato incaricato ministro, avrebbe ceduto la Rocksoil o fatto in modo che l'attività della Rocksoil fosse svolta solo all'estero, per evitare di incorrere in probabili polemiche sul conflitto di interesse nel quale lui stesso ammetteva di poter incappare.
Abbiamo già detto che si tratta di uomo di parola, lo conferma il fatto che l'incarico per la progettazione del tunnel della Torino Lione lo ha avuto dall'estero. Sì avete inteso bene, la società Rocksoil nel 2002 è stata incaricata della progettazione del tunnel della linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione, come si evince dal bilancio societario del 2002 (si veda "Milano - Finanza", pagina 3, del 21 agosto 2003); si arriva alla Rocksoil attraverso una cascata di sub incarichi e consulenze: la committente originaria è la società francese LTF, che è pariteticamente controllata dalla francese RFF e dall'italiana RFI, le omologhe società che gestiscono le reti ferroviarie in Francia ed in Italia. La LTF ha incaricato la società francese Effage, la quale ha incaricato la Rocksoil''. 

"Queste cose si commentato da sole" ha dichiarato il ministro Pietro Lunardi. "Se questo governo, come ha fatto, lavora per il Paese, per cercare di migliorarlo è necessario che vengano messe all'indice le persone che cercano di impedire che l'Italia migliori; ritengo che tutti debbano collaborare assieme al governo per sconfiggere questo tipo di terrorismo latente". Una forma di autocritica? No, questa è la dichiarazione rilasciata dopo che in Val Susa è stato ritrovato il solito pacco bomba, uno di quelli che compaiono sempre al momento giusto.
La popolazione non si fa intimidire e prosegue nella rivendicazione dei propri diritti, se direttamente si è organizzata per fermare l'alta velocità in valle, indirettamente esprime l'esigenza di un modello di gestione del territorio non autoritario, l'esatto opposto di quello definito nelle stanze del potere politico ed economico che mai come in questo caso si sovrappongono con sorprendente coincidenza.

La rivendicazione del diritto di decidere per la propria vita e per la propria terra mette paura a chi vorrebbe avere mano libera per organizzare i propri affari, lì come altrove.

MarTa






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