Umanità Nova, numero 1 del 15 gennaio 2006, Anno 86
Diecimila. Questo il numero di coloro che quest'anno hanno festeggiato il capodanno nei prati di Venaus, la stessa Venaus che poco meno di un mese prima era stata teatro della violenza dello stato scatenato contro il presidio dei resistenti No Tav. La stessa Venaus che, dopo due giorni di rivolta con blocchi stradali e ferroviari, era stata ripresa da oltre cinquantamila persone scese dai sentieri per aggirare i blocchi di polizia.
A Venaus il presidio distrutto dalle forze del disordine è stato ricostruito e, come dicono con orgoglio i tanti che si sono dati da fare, "è più bello di prima". Al posto delle tende e delle baracche c'è uno "Chalet" prefabbricato ampio e riscaldato, dove chi tiene d'occhio i movimenti di polizia e tecnici Tav, può affrontare con un pasto ed un bicchiere i rigori dell'inverno.
Ma per il momento nulla si muove: i tecnici di CMC, la Cooperativa "rossa" con l'appalto per il tunnel di 10 Km, non si fanno vedere. Solo una camionetta di polizia si da il cambio di fronte all'area del cantiere ex Sitaf.
Anche il governo, dopo aver "incassato" da Ferrentino, il presidente diessino della Comunità Montana Bassa Valle, una generica disponibilità alla discussione, nonché la rinuncia alla manifestazione nazionale di Torino, si è ben guardato dal rispettare l'impegno assunto con Ferrentino & C. di mantenere aperto un tavolo di trattativa. Una mossa peraltro prevedibile, vista la facilità con cui aveva portato a casa il risultato a cui maggiormente teneva: una tregua di fatto. Inoltre va rilevato che alla banda Berlusconi non deve certo essere sfuggito il dato politico più rilevante, seppure volutamente misconosciuto dalla maggior parte delle forze politiche, ossia la sostanziale autonomia dal quadro istituzionale del movimento No Tav. Un movimento che, seppure ben lungi dall'essere antistituzionale, ha dimostrato una maturità ed una capacità di autorganizzazione molto forti. Il 9 gennaio in un'intervista televisiva Berlusconi ha ribadito che il Tav si farà e quella in atto non è che una pausa tecnica già prevista.
Abbiamo già descritto in una precedente cronaca su UN come l'indomani dell'incontro romano del 9 dicembre tra una delegazione delle istituzioni locali valsusine e ben 8 ministri, obbligati dalla rivolta ad interrompere il ponte dell'Immacolata, la manifestazione del 17 a Torino, abbandonata dalla Comunità Montana, sia stata fatta propria dall'assemblea di Valle del 12 dicembre. Le centinaia e centinaia di persone riunite in quell'occasione a Bussoleno avevano ribadito la volontà di andare avanti con la lotta, senza perder tempo ad un tavolo dove veniva discussa una proposta che aveva il solo scopo di fermare la ribellione in vista delle Olimpiadi e, quel che più conta, dell'ormai imminente tornata elettorale.
Scelte per nulla scontate che segnano un salto di qualità nella
storia della lotta contro il Tav in Valsusa: la gente, come più
volte ribadito nelle assemblee delle settimane successive, è
consapevole ed orgogliosa della propria capacità di
autorappresentarsi. In quei giorni la pressione dei media impegnati in
una campagna diffamatoria sempre più violenta e quella della
magistratura che annuncia arresti e sequestra i terreni di Venaus
affidandone la custodia nientedimeno che al General contractor del Tav,
la società LTF, nonché la volontà di Ferrentino di
mettere in campo il peso di una leadership di tipo carismatico
sin'allora quasi indiscussa avrebbero potuto indurre i meno intrepidi
ed autonomi a scegliere di accettare la tregua elettorale voluta dal
governo e dall'opposizione. Invece no. Le assemblee confermano che la
gente è decisa ad andare avanti. Con o senza i sindaci.
Il corteo di Torino: la lotta contro Tav e nocività diviene nazionale
Il 17 dicembre, dopo giorni e giorni di terrorismo mediatico, un corteo imponente attraversa la città di Torino, unendo idealmente la lotta della Val Susa a quella dei tanti che in ogni angolo di Italia si battono contro la devastazione ambientale e le grandi opere.
In testa al corteo la gente della Val Cenischia, poi gli altri comitati della Val Susa, gruppi, associazioni ambientaliste, partiti, e sindacati di base. Persino una manciata di sindaci si presenta alla manifestazione con tanto di fascia tricolore.
Sebbene un estremo tentativo unitario abbia spinto l'assemblea del popolo No Tav a far convergere la manifestazione, voluta ed autorganizzata dalla gente, con la kermesse culturale scelta da Ferrentino & C. in alternativa al corteo, è stato evidente che a Torino hanno manifestato due anime di uno stesso movimento, due anime che si sono fisicamente incontrate ma certo non fuse.
Migliaia di anarchici e anarchiche hanno risposto da tutt'Italia e dalla Francia all'appello per uno spezzone libertario per una lotta senza se e senza ma al treno della morte. Indicati dai media per giorni e giorni come violenti a caccia di scontri la loro partecipazione al corteo è stata cancellata da quegli stessi media delusi che gli anarchici non avessero voluto recitare la parte loro assegnata nel teatrino della disinformazione mediatica. A chi desiderava che il corteo fosse teatro di scontri e violenze la risposta è stata che il solo terrorista è lo Stato, il solo devastatore è il Tav voluto da destra e sinistra unite dal comune interesse a spartirsi la torta. Una torta che sottrae risorse alla salute, alla scuola, ai trasporti locali. La drammatica l'eco degli incidenti ferroviari che hanno funestato il passaggio di boa dell'anno ha dimostrato che la lotta contro la devastazione dei beni e dei servizi comuni è divenuta prioritaria.
Uomini e donne della Val Susa, di Torino e di ogni dove in Italia hanno manifestato contro un potere vorace ed arrogante che vuole imporre le ragioni del profitto e del comando a quelle della vita, della libertà e della dignità di tutti.
Nei fatti la rivolta della Val Susa è stata capace di
trasformare in movimento nazionale la protesta diffusa capillarmente
sul territorio alle mille nocività che infestano la penisola.
L'opposizione ad inceneritori, discariche, tunnel e autostrade di
montagna, fabbriche nocive e folle circolazione di merci trova nella
Val Susa un punto di riferimento ideale per una lotta che, pur tra
mille difficoltà, può e deve porsi il concreto obiettivo
di superare la mera dimensione testimoniale e porsi l'obiettivo di
vincere.
Un'esperienza di autonomia e autogoverno
La forza della lotta in Val Susa sta nella capacità di essere autonoma dai poteri istituzionali, sta nella capacità di agire senza la tutela di sindaci o presidenti di comunità montane a cui tutti i giorni, ma soprattutto il 17 dicembre a Torino, ha chiesto conto della loro appartenenza a quelle istituzioni che compatte si sono schierate contro di essa: Presidente della Repubblica, Parlamento, Governo, Regione, Provincia, Comune di Torino. Ha chiesto conto di un tavolo di trattativa che ha il marchio netto della truffa.
Il successo della manifestazione di Torino ha dato slancio a nuove iniziative ed ha saputo dar forma politica compiuta al rifiuto dell'accordo proposto dal governo.
Il 21 dicembre, un'assemblea affollatissima riunitasi a Bussoleno ha ribadito il rigetto di qualunque mediazione sul Tav ed ha denunciato una proposta di tregua che altro non è che una presa in giro, poiché gli scavi non potrebbero in ogni caso partire prima di maggio. La tregua olimpica serve a chi vuol portarsi via la Val Susa di presentarsi come buon padrone di casa. E mentre cuoce la carota il manganello è sempre pronto ad entrare in azione. Intanto i media continuano l'opera di criminalizzazione e la magistratura quella repressiva.
L'assemblea del 21 ha approvato un documento in cui si ribadiscono gli
obiettivi di fondo del movimento. Nessuno potrà più
pretendere di rappresentare il popolo No Tav, prescindendo dai punti
delineati in assemblea: di fatto oggi in Val Susa è in atto
un'esperienza di autogoverno capillarmente diffusa sul territorio che
parte dalla consapevolezza e dall'orgoglio di gente che nella
capacità di autorappresentarsi ha un motivo di forza notevole.
La manifestazione di Chambery
La lotta in Val Susa ha avuto ampia eco anche oltr'alpe, dove l'opposizione al Tav è sempre stata del tutto marginale, grazie alla propaganda che mostrava la linea ad Alta Velocità come efficace alternativa ad trasporto su gomma. La maggior parte della gente è convinta che TAV e TGV siano sinonimi ed ignora che la Tav-Tac necessita di interventi devastanti sul territorio, ha costi economici e ambientali enormi mentre un semplice ammodernamento della linea attuale consentirebbe di sopperire alle necessità di circolazione della merci. Sempre che non ci si faccia una domanda maliziosa: "è davvero necessario questo continuo fluire in cui il moto è più rilevante del punto d'arrivo? È davvero necessario che un bene prodotto in Italia venga infilato in Olanda in contenitori prodotti in Spagna per poi dirigersi in Grecia?". Queste ed altre domande e dubbi hanno cominciato a circolare anche sul versante francese ed è sorto un Collettivo contro la Torino - Lyon che sin dal 10 dicembre ha effettuato un presidio di solidarietà alla Val Susa, dopo lo sgombero violento del presidio di Venaus.
Il 17 dicembre alla manifestazione di Torino erano stati diffusi volantini che annunciavano una manifestazione a Chambery il 7 gennaio. Nell'assemblea del 21 e in quella successiva del 3 gennaio, in cui sono intervenuti esponenti del Collettivo Rodano Alpi contro la Lyon - Turin, è stata presa la decisione di partecipare alla manifestazione. Nonostante il solito Ferrentino avesse scritto sul sito della Comunità Montana che sconsigliava la partecipazione ad una manifestazione indetta da gruppi anarchici, la proposta di andare a Chambery è stata accolta con entusiasmo dai valsusini che in massa hanno preso parte alla prima grande manifestazione No tav in territorio francese. Gli anarchici anche in quest'occasione - tre pullman partiti dalla sola Torino - hanno dato vita ad uno spezzone vivace e partecipato. La risposta di anarchici e libertari è stata significativa anche in Francia: erano presenti, oltre agli esponenti locali della Federation Anarchiste, gruppi ed individui da Lione, Valence e Grenoble.
Un'affollata assemblea finale ha suggellato la nascita del movimento No Tav Transalpino.
Mentre i pullman riportavano i manifestanti in Italia già si
discuteva della prossime iniziative a partire dalla manifestazione a
casa Lunardi annunciata dal Comitato di sostegno alla lotta anti Tav di
Parma per la mattinata di sabato 28 gennaio.
A sarà dura!
Maria Matteo