Umanità Nova, numero 3 del 29 gennaio 2006, Anno 86
Tra quindici e ventimila persone hanno sfilato domenica 22 gennaio per le strade del centro di Messina per ribadire forte e chiaro il No al Ponte sullo Stretto; un NO sempre più pieno di contenuti, che adesso si è andato saldando con altri NO, come quello altrettanto forte proveniente dalla Valle Susa, contro i progetti di sventramento dell'Alta Velocità Ferroviaria.
Infatti alla manifestazione hanno preso parte circa 400 valligiani, giunti a Messina con bus, voli charter e treni, ai quali è stata offerta la testa del corteo, in qualità di graditissimi ospiti. Ma contemporaneamente a Susa una manifestazione gemella di solidarietà aveva luogo, con una partecipazione quantitativamente simile: un esempio di sinergia che apre nuovi scenari alle mobilitazioni sul territorio contro le grandi opere devastatrici.
Forti le delegazioni giunte a Messina da tutta l'Isola e dalla Calabria; discreta la presenza dal centro-nord; molto combattivo e coloratissimo, il corteo ha attraversato il centro della città, scandendo slogan e intonando canzoni contro la mega opera e chi da anni la sostiene. Molti i messinesi presenti: famiglie intere e quel popolo che si richiama a una sinistra in questa città ormai ridottasi a poca cosa; pochi i sindaci presenti, fra cui quello di Messina, di fresca nomina, ma senza fascia tricolore "per non scontentare la parte della città che vuole il ponte", e quello di Villa San Giovanni, e ad alcuni della Valle Susa; diversi i big, soprattutto ambientalisti, e poi vasta l'area dei centri sociali, delle realtà associative, del sindacalismo di base, dei partiti della sinistra istituzionale. Lo spezzone anarchico era piccolo ma combattivo; da esso sono partiti slogan ironici e diretti anche agli esponenti ulivisti che da tempo cavalcano la questione ponte, accolti con simpatia sia dentro che fuori il corteo; diffuse centinaia di copie di Sicilia libertaria e un volantino firmato dalla FAS e da altre realtà anarchiche.
Dai bordi della strada le manifestazioni di solidarietà verso i manifestanti non sono mancate; dalle finestre il "No al ponte" si affacciava con bandiere, striscioni e cartelli improvvisati.
Al termine delle oltre due ore di corteo, in piazza del Municipio si sono tenuti gli interventi conclusivi, a cura della Rete NoPonte, promotrice della manifestazione, dei Comitati No Tav e di alcune delle realtà presenti.
Da rilevare un fatto marginale accaduto quando tutto il corteo era giunto in piazza: la presenza in coda di una decina di esponenti di Fare Verde, destra ecologista di AN, che, in dissenso con il partito, aveva preso parte al corteo - e di cui la stragrande maggioranza dei manifestanti non si era nemmeno accorta - ha provocato la reazione di un gruppo di compagni calabresi, che hanno cacciato fuori con maniere forti gli intrusi; il breve tafferuglio seguito è terminato prima che le forze di polizia potessero intervenire; uno dei fascisti è stato ricoverato in ospedale per qualche lieve contusione.
Questo gruppo aveva tentato di dare l'adesione alla manifestazione, ma era stato snobbato dagli organizzatori; si era poi presentato lo stesso al corteo. Certamente questa presenza avrebbe potuto innescare una reazione più estesa e soprattutto una velenosa polemica interna ai manifestanti, con il rischio di rovinare l'iniziativa. Un calcolo che certamente i fasci e i questurini avevano preso in considerazione.
Naturalmente va colto il significato generale di questa manifestazione, dato che le diversità e la trasversalità delle presenze portano ad una convergenza sul "No al Ponte", ma con metodi, aspettative e posizioni diversificati, spesso anche radicalmente.
Un fatto è però certo: che dalle prime iniziative "carbonare" contro il ponte, condotte a Messina diversi anni fa, soprattutto da anarchici, militanti del Prc e della Cub, siamo arrivati ad una mobilitazione estesa e crescente, parallela alla presa di coscienza del vero significato di questa decisione: favorire gli affari di imprese private e di potentati politico clientelari e mafiosi, a scapito delle risorse pubbliche, delle esigenze dei territori, dell'ambiente.
Il ponte infatti è una minaccia per l'ambiente e l'ecosistema tra le due sponde; una vera catastrofe quasi quanto lo fu il famoso terremoto del 1908; e proprio rispetto a terremoti di simile o maggiore portata, potrà rivelarsi totalmente esposto e a rischio. Non solo: si tratta di una macchina mangiasoldi spropositata rispetto ad altre e ben più urgenti prerogative della Sicilia e della Calabria, soprattutto in campo di infrastrutture e servizi, e quindi, di conseguenza, di occupazione. La cifra di 9 miliardi di euro sembra la più realistica per far capire in quale baratro economico vogliono cacciare le colonie meridionali, per costruire un'opera sopravvalutata, basata sul gommato, rischiosa, tecnologicamente incerta e affatto necessaria. Sarà la comunità a dover pagare la bolletta, attraverso lo stornamento delle risorse pubbliche verso le imprese costruttrici, tramite il pedaggio che lo Stato pagherà, dietro il paravento di RFI, per la cifra di 138 milioni di euro l'anno per 40 anni.
L'interesse delle popolazioni si scontra con quello dei padroni; e quando diciamo "padroni", intendiamo tutti i padroni, quelli tradizionali e quelli camuffati da cooperative. Non sarà un caso se al ponte sono interessati anche i burosauri della CMC, la coop "rossa" di Ravenna, che troviamo a Venaus, nell'appalto per la perforazione delle Cozie, e ritroviamo in Sicilia negli appalti a Sigonella, quale società di fiducia del governo americano per i lavori di ampliamento e potenziamento della base nucleare USA. Attualmente impegnata nel progetto Mega IV, per una spesa complessiva di 59,5 milioni di euro, e sempre presente nei precedenti 3 Mega, affidando anche a ditte mafiose (come appurato da indagini della magistratura) i subappalti per la movimentazione della terra.
Nell'affare del ponte la CMC è presente con la Impregilo come General Contractor, con una quota del 13%. Insomma, qui come in Valle Susa, come in tanti altri luoghi prescelti per le grandi abbuffate edilizie, la coop "rossa" non è meglio degli altri gruppi economici e finanziari, ma in più, riesce a schierare dalla parte dei suoi interessi i partiti di sinistra e i sindacati.
Anche da Messina, quindi, scrutando l'orizzonte, le cose sono chiare per la lotta di classe.
Pippo Gurrieri