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Umanità Nova, numero 4 del 5 febbraio 2006, Anno 86

Crimini nazifascisti
Richiuso l'armadio della vergogna


Vicino a Cavanella d'Adige, tranquilla frazione del veneziano, sull'argine sinistro del fiume, vi è ancora una lapide mai priva di fiori che ricorda l'eccidio di quattro civili, di cui tre appartenenti al medesimo nucleo familiare dei Baldin, compiuto per rappresaglia dai fascisti delle Brigate Nere il 5 luglio 1944.

Anche questa é una delle migliaia di stragi "minori" sepolte nel cosiddetto Armadio della vergogna, ossia quell'armadio presso Palazzo Cesi a Roma, sede della magistratura militare, dove nel 1994 furono casualmente scoperti migliaia di fascicoli "dimenticati" da un cinquantennio, relativi a indagini e procedimenti riguardanti le responsabilità di una serie impressionante di crimini di guerra compiuti dai nazi-fascisti e costati tra il 1943 e il 1945 la vita a circa 15 mila vittime civili non soltanto in Italia, ma anche in Jugoslavia e Grecia.

Dopo mezzo secolo di impunità garantita dal segreto di stato, dopo tale clamoroso rinvenimento seguirono inchieste giornalistiche e importanti ricerche storiche (particolarmente significative quelle di Mimmo Franzinelli e di Franco Giustolisi), nonché indagini riaperte sia dalla magistratura militare che dal parlamento; ma ancora una volta era presto prevalsa la logica della rimozione storica al servizio di un malinteso spirito di pacificazione nazionale tendente ad assolvere o minimizzare i crimini fascisti, magari mettendoli sullo stesso piano della lotta partigiana.

Premesso questo, non desta quindi eccessiva meraviglia che, proprio alla vigilia del Giorno della Memoria, la Commissione parlamentare d'inchiesta sulle cause di occultamento dei crimini nazifascisti abbia concluso i suoi lavori durati ben tre anni, votando a maggioranza un documento redatto dall'onorevole Enzo Raisi di Alleanza Nazionale, in cui viene paradossalmente legittimato l'occultamento stesso di quei documenti e viene sostenuta la tesi che questi riguarderebbero non crimini di guerra o contro l'umanità, ma di reati di natura politica e quindi già oggetto delle amnistie del 1946 e 1959.

Difficilmente tale relazione sarà ratificata a livello istituzionale, così come non è passata la proposta di legge mirante ad equiparare repubblichini e partigiani riconoscendo un analogo status di ex-combattenti; ma intanto anche questo tema viene utilizzato dalle destre di governo, sia in funzione anticomunista sia allo scopo di raccogliere voti tra l'estrema destra, come dimostra il recente arruolamento elettorale nella Casa delle Libertà sia del MIS di Pino Rauti che del Nuovo MSI di Saya, mentre Alessandra Mussolini sta contrattando per Alternativa Sociale un'analoga intesa. 

Operazione politica questa da tempo in atto, come dimostrano i ripetuti tentativi del centro-destra di cancellare la festa della Liberazione e confermato anche da un recente manifesto di Forza Italia in cui tra le icone dei più famigerati dittatori non figurava tale cavalier Benito Mussolini.

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