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Umanità Nova, numero 5 del 12 febbraio 2006, Anno 86

La Crociata di Storace
Un catto-fascista scatenato contro la libertà delle donne


Se a partorire fossero preti e magistrati - si diceva negli anni '70 - l'aborto sarebbe sacramento. Per un attimo immagino un papa Ratzinger con la Cei riunita a valutare l'efficacia di un preservativo e a lanciare anatemi contro quelli che si bucano. In un angolo di questa visione scorgo anche un ministro della salute pubblica, meno tronfio ma più gonfio, che si agita paonazzo tra contrazioni espulsive. Immagine forte, meglio interromperla.

Il ministro della visione è quello che, nei giorni scorsi, ha approvato il decreto che limita l'importazione di medicinali registrati all'estero e non in Italia. L'intento esplicitato è quello di rendere sempre più burrascoso il percorso della Ru486, la pillola abortiva. Lo stesso ministro che, nei mesi scorsi ha inasprito le condizioni di sperimentazione della Ru486 (tre giorni di ricovero) e che, negli anni scorsi, da presidente della regione Lazio, ha fatto chiudere venti centri in cui si praticava l'interruzione volontaria di gravidanza.

Secondo il decreto, appena varato, l'importazione di farmaci, non registrati in Italia, va limitata ai soli casi di necessità, previa presentazione di "attente valutazioni cliniche ed epidemiologiche". 

Epidemiologiche? Ma la gravidanza non è una malattia. Appunto.

Invece l'importazione di un qualunque psicofarmaco a scopo di sperimentazione sarà sempre possibile, perché la psichiatria è in grado di produrre un discorso epidemiologico, quindi sull'incidenza della malattia, tanto insensato quanto riconosciuto come valido.

Non so se la Ru486 abbia effetti collaterali significativi, ma so per certo che la preoccupazione del ministro non è la salute delle donne.

Francesco Storace, espressione così esemplare del catto-fascismo contemporaneo da essere macchiettistico, si fa forza di un suggeritore dallo sguardo sinistro e l'accento tedesco che ha dedicato uno dei primi discorsi del suo pontificato "all'orrore dell'aborto". Si fa forza anche degli integralismi interessati delle "associazioni di volontariato" che ora, al termine di un'indagine conoscitiva, avranno libero accesso nei consultori e usufruiranno di "locali idonei alla loro attività". In quell'indagine conoscitiva non si fa menzione dei 500 consultori costretti a chiudere, nonostante nel 1996 fossero stati stanziati 200 miliardi per potenziarli. Francesco Storace e tutti i clericofascisti si appoggiano anche agli obiettori di coscienza che riescono a bloccare i servizi nelle strutture ospedaliere pubbliche. 

Se, però, viene introdotto un gettone per le interruzioni di gravidanza, gli obiettori ritirano repentinamente la propria obiezione (è il caso del San Giovanni di Roma).

Ciò su cui questi clericofascisti non devono poter fare affidamento è il nostro silenzio.

Dopo tanto tempo le donne sono scese nuovamente in piazza. Dopo tanto tempo in cui si riteneva anacronistico continuare a parlare di autodeterminazione del proprio corpo, delle proprie scelte, della propria vita. Sembra che il femminismo, trovando delle vecchie ragioni di lotta, abbia trovato di nuovo il senso di esistere e rendersi visibile. 

Per ragioni anagrafiche non ho partecipato alle lotte degli anni '70, ma ne ho divorato le testimonianze e le vicende perché sono convinta che è stupido ripartire ogni volta da capo. Evidentemente ci troviamo in piena stupidità. È imbarazzante, come anarchiche, trovarsi dalla parte di chi vuole difendere una legge, anche se è la 194 e anche se la 194 ha uno storia simile a tutte quelle concessioni legislative nate per cercare di regolamentare istanze ben più radicali. Una parte significativa del movimento femminista di quegli anni, per esempio, non chiedeva una legge per l'interruzione di gravidanza, ma lottava perché la legge non si impicciasse affatto di gravidanze e sessualità e quindi l'aborto fosse semplicemente depenalizzato. I passi fatti, comunque, non vanno persi. Una soluzione possibile, come in altre vicende, potrebbe essere partecipare alle lotte, rilanciandole con la radicalità dei nostri contenuti. Se penso che nessuno stato ha il diritto di regolamentare le esistenze individuali, a maggior ragione devo difendere l'autodeterminazione alla maternità. Giù le mani da corpo, mente e vita delle donne.La 194 non basta, perché voglio condizioni di scelta reali. E soprattutto desidero che nascano nuovamente degli ambiti in cui discutere, confrontarsi e lottare insieme. Perché il femminismo anarchico ha una storia da raccontare e dei contenuti irrinunciabili.

L'altra strada è appunto questa, che come anarchiche e femministe esprimiamo quanto abbiamo da dire e lottiamo secondo i metodi che ci sembrano più efficaci, negli ambiti che costruiamo.

La storia del movimento femminista ha comunque delle caratteristiche a cui diamo valore positivo, come la peculiarità di essere un movimento acefalo e dei contenuti condivisi, come l'autodeterminazione dei corpi. 

A partire da questo, alziamo la nostra voce.

Luisa Siddi


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