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Umanità Nova, numero 5 del 12 febbraio 2006, Anno 86

Val Susa: il dietrofront della fiaccola olimpica
No Tav, No Olimpiadi


La fiaccola olimpica, con il suo corredo di sponsor con il record mondiale nella violazione di diritti umani, in Val Susa ha fatto dietrofront.

La corsa della fiaccola inaugurata alle Olimpiadi del 1936 in uno stadio di Berlino addobbato con bandiere naziste, lungi dal rappresentare i valori dello sport, della fratellanza e della pace non è che il traino di un carrozzone pubblicitario i cui unici valori sono il profitto a tutti i costi. I tanti che in queste settimane di intenso dibattito hanno tentato di dividere la "fiaccola" dai suoi sponsor hanno dovuto ricredersi di fronte alle dichiarazioni di Castellani che ha sostenuto che la fiaccola ed i suoi sponsor (Coca Cola e Samsung) erano inscindibili. Il sindaco di Bussoleno, che aveva negato alla Coca Cola il permesso di fare pubblicità nel suo territorio, è stato indagato dalla Digos per abuso di atti di ufficio. In Piemonte, da qualche tempo, la mannaia della "giustizia" si abbatte sugli oppositori politici e sociali con una certa forza. E non risparmia nemmeno i sindaci.

Domenica 5 febbraio, dopo un viaggio caratterizzato da continue contestazioni, la fiaccola olimpica era attesa in Bassa Val Susa, nel cuore della valle ribelle dei No Tav. Dopo un passaggio difficoltoso a Exilles e a Susa, dove peraltro gli sponsor avevano ripiegato rapidamente verso Bardonecchia, la fiamma era attesa a Bussoleno e negli altri paesi della Bassa Valle per il tardo pomeriggio del 5 febbraio. Ma non c'è mai arrivata. Gli organizzatori ne hanno ordinato la ritirata prendendo a pretesto un tentativo di spegnimento e l'accoglienza a calci riservata all'auto del vicequestore Sanna, che riconosciuto dalla gente come il comandante della spedizione sanguinosa contro il campo No Tav di Venaus nella notte tra il 6 e il 6 dicembre, è stato salutato come meritava.

In tutta la Valle, nonostante le affrettate dichiarazioni del Presidente della Comunità Montana Bassa Val Susa, che garantiva che non vi sarebbero state contestazioni alla fiaccola, svariate migliaia di persone con bandiere, cartelli, striscioni, banchetti con cibo e vino hanno poco a poco occupato interamente le strade.

A Bussoleno, dove si era oltre tremila, il via è stato dato dalla performance di "Dolomiti Jane" la "regina delle nevi" che distribuiva bandierine e bigliettini contro il mega business olimpico. Dolomiti con la Berlina circondata dai suoi body guard, ha attraversato il corso principale del paese seguita dai tanti che sino a quel momento si erano assiepati sul bordo della strada.

Un piacevole clima di Carnevale, accentuato da Samba Band e tamburi e trombe varie, alcune reduci dalle recenti lotte dei metalmeccanici, ha in breve trasformato l'attesa della fiaccola in una festa. Quando si è diffusa la notizia che la fiaccola era stata caricata in macchina e se la dava a gambe in autostrada la festa è divenuta generale mentre applausi accoglievano i due tedofori No Tav che hanno attraversato i paesi della valle.

Le varie televisioni si sono ben guardate dal trasmettere le immagini dell'immensa folla No Tav, dando ampio spazio ai vari papaveri olimpici. Tra i giornali la palma della disinformazione militante spetta all'Unità che ha dedicato alla vicenda poche righe nelle pagine sportive. Che dire? Il popolo No Tav lo spirito sportivo ce lo mette tutto: peccato che dall'altra parte tra informazione drogata e colpi bassi di magistrati e polizia la partita sia truccata sin dall'inizio.

Intanto su Torino e le valli olimpiche sta calando una pesante cappa poliziesca. Esercito, polizia, carabinieri e finanzieri stringono in una morsa la città e la montagna. A Torino, nelle ore delle premiazioni olimpiche, piazza Castello, la Medal Plaza, sarà chiusa alle macchine ed i pedoni potranno camminare solo sotto i portici. 

L'ineffabile Ministro di polizia, Giuseppe Pisanu, ha dichiarato che i sindaci non controllano più la protesta e, come apprendisti stregoni, si sono lasciati sfuggire di mano la situazione che hanno contribuito a creare. Ormai, a detta di Pisanu, in Val Susa hanno un ruolo centrale autonomi e disobbedienti e, come sempre, gli anarchici, il babau preferito di questo Ministro. Con buona pace del ministro siamo obbligati a smentirlo: in Val di Susa il "controllo" non l'hanno né i sindaci né gli anarchici, ma le assemblee popolari, autentico organo di autogoverno di un popolo che, dopo aver gustato la libertà, non riesce più a farne a meno. 

Di questa libertà tutti i potenti di questo paese hanno una paura più che giustificata, perché potrebbe diventare contagiosa. Lo hanno dimostrato i tanti che con le bandiere dei No Tav hanno contestato il viaggio di una fiaccola che, come scrivevamo su uno striscione, corre sul sangue. Il sangue dei lavoratori della Coca Cola ammazzati dagli squadroni della morte in Guatemala e Colombia, il sangue dell'operaio portoghese morto al Sestriere lo scorso anno dopo un turno di lavoro massacrante, il sangue delle vittime delle guerre armate dai tanti sponsor delle Olimpiadi della pace. I Valsusini non hanno firmato la tregua olimpica con i guerrafondai. Così come i lavoratori dei trasporti cui la commissione di garanzia ha vietato uno sciopero proclamato a Torino per il 10, giorno di inaugurazione del baraccone olimpico.

La "tregua" con i suoi uomini armati, con gli elicotteri che volteggiano minacciosi ci ricorda, nel caso ce ne fossimo dimenticati, che siamo in guerra.

Maria Matteo


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