Umanità Nova, numero 5 del 12 febbraio 2006, Anno 86
Livorno: No VAT
Organizzato dal Coordinamento No-VAT livornese, si è tenuto
sabato 4 febbraio, nella centrale Piazza Cavour, l'annunciato presidio
per la difesa dell'autodeterminazione e della libertà delle
donne, minacciate dall'invadenza clericale e dagli attacchi del governo
ai diritti conquistati.
L'iniziativa è stata promossa dal collettivo femminile C-attive,
che fa riferimento al CSA "Godzilla" che hanno coinvolto altre
individualità e realtà cittadine.
Tale presidio si inserisce nella campagna nazionale lanciata dalla rete
Facciamo Breccia in preparazione della manifestazione di Roma dell'11
febbraio 2006.
Al presidio hanno partecipato alcune decine di persone che, con
iniziative di vario tipo, hanno suscitato interesse e approvazione fra
i molti passanti.
Al termine del presidio i partecipanti hanno raggiunto la vicina Piazza
Grande dove, da un palazzo prospiciente il duomo, è stato
esposto uno striscione con lo slogan "L'aborto non si tocca!".
La Federazione Anarchica Livornese (FAI) ha partecipato all'iniziativa
diffondendo un proprio volantino dal titolo "Né dio, né
patria, né famiglia… né pastori tedeschi", affermando
l'opposizione allo slogan dell'estrema destra fascista e squadrista.
In tale volantino viene denunciato l'attacco alla libertà di
tutti e in particolare delle donne; ne sono esempi la legge sulla
procreazione assistita, il divieto di sperimentazione della pillola
abortiva, la volontà di rivedere la legge 194 e di introdurre
volontari antiaboristi nei consultori.
Il diritto all'autodeterminazione della donna ha una storia fatta di
riappropriazione del proprio corpo, di socializzazione della conoscenza
e della coscienza, una storia di libertà; la chiesa al contrario
ha sempre preteso di esercitare il dominio morale sulle scelte dei
singoli, un ruolo che lo stato clericale e concordatario le attribuisce
e che nessun schieramento politico istituzionale si sogna di
contrastare.
Il volantino conclude ricordando l'inutilità della delega a
partiti e istituzioni dello stato per la difesa dei diritti e delle
libertà individuali. Solo con l'autorganizzazione è
possibile affermare i diritti.
FALivornese
Un Borghezio a Livorno?
La notizia, appena arrivata, si era diffusa molto rapidamente in
città: BORGHEZIO A LIVORNO. Come annunciavano i manifesti della
Lega Nord (subito resi illeggibili), domenica 5 febbraio alle ore 17 il
leghista avrebbe tenuto nella sala di una circoscrizione una conferenza
pubblica dal titolo: "Una moschea a Livorno?".
Nonostante non fosse stato fatto un comunicato, o dato un appuntamento
in modo formale era sicuro che una tale provocazione non avrebbe
trovato un comitato d'accoglienza molto amichevole. Intorno al fine
settimana lo scopo provocatorio della conferenza si fa ancora
più palese, visto che l'orario d'inizio della conferenza viene
posticipato di un'ora, come per dare la possibilità di
accogliere Borghezio alla "tifoseria più rossa d'Italia", che
fino alle 17 sarebbe stata occupata allo stadio.
Nel pomeriggio di domenica, intorno alle 17,30, iniziano a radunarsi i
primi manifestanti nella piazza del Municipio, nelle strette vicinanze
della sala destinata a ospitare la conferenza.
Prima delle 18 parte un corteo di diverse centinaia di persone, che
attraversando un quartiere blindato giunge all'imboccatura della strada
in cui si trovano i leghisti. Alle 18,10 circa, la testa del corteo
lancia petardi e carica la polizia sfondando il blocco e facendo
arretrare i celerini fino a pochi metri dalla sala della
circoscrizione, subito però questi respingono il corteo e
riescono anche se con difficoltà a disperdere i manifestanti con
cariche e lacrimogeni e ad evitare l'irruzione nella sala. Intorno alle
18,25 la polizia blocca quasi tutti gli accessi al quartiere; una parte
dei manifestanti è stata spinta dalle cariche nei pressi del
municipio, mentre altri, riuniti dalla parte opposta e chiusi dalla
polizia cercano di riorganizzare il corteo.
Dalle 18,30, per circa un'ora, si susseguono nei pressi del municipio
sassaiole, tentativi di sfondare i blocchi, cariche, scontri e lanci di
lacrimogeni in vari punti dove sono posti i cordoni. Nello stesso
momento, dall'altra parte del quartiere, quelli che hanno cercato di
ricostruire il corteo utilizzano i cassonetti dell'immondizia per fare
barricate e bloccare le cariche della polizia; nonostante gli intensi
scontri, che in quella zona non si sono quasi mai placati, non riescono
a raggiungere la sala della conferenza.
Alle 20 i manifestanti cominciano a tornare verso casa: si è
sparsa la voce che Borghezio sia già uscito e che si sia
già allontanato su un'auto. Alcuni però rimangono,
sperando di riuscire a salutarlo in qualche modo.
Il bilancio degli scontri è di 7 feriti e 30 contusi tra le
forze dell'ordine e di pochi contusi tra i manifestanti. Il giorno dopo
vengono annunciate denunce ed altri provvedimenti.
Comunque sia Borghezio ha ottenuto quel che voleva, era fin troppo
ovvio e palese che la conferenza aveva come unico scopo la
provocazione. Lo sapevamo già, e il dicembre scorso ci aveva lui
stesso dato prova su "quel treno" di come il suo mestiere è
quello del provocatore.
collibertanarg